Il genocidio a Gaza e i massacri e le espulsioni nella Cisgiordania sono ancora in corso, e non dobbiamo distogliere l’attenzione. Sono contenta che molti studenti nelle università italiane protestino e mi preoccupa la repressione nei loro confronti.
Ieri ho letto questo articolo di Naomi Klein, in occasione della Pasqua ebraica, e mi ha commosso fino quasi alle lacrime. Tanti anni fa ho sentito parlare Naomi Klein – canadese, ebrea, famosa critica della globalizzazione e dell’imperialismo americano – a Montreal, dove studiavo, e mi ha colpito molto la sua eloquenza. Montreal ha una importante comunità ebraica – Leonard Cohen è un altro suo famoso esponente – e mi ricordo che nella mia università il giornale degli studenti, quando riceveva poche lettere, per attirare l’attenzione scriveva qualcosa di provocatorio su Israele e scatenava un putiferio. Rispondevano anche molti ebrei antisionisti. Noi ogni tanto andavamo a mangiare in un ristorante ebraico, che faceva cucina degli ebrei dell’est Europa, e spesso nei tanti ristoranti e tavole calde arabe – libanesi soprattutto – che riempivano la città. A Montreal si trovava il cibo migliore di ogni angolo del mondo. E gli echi del conflitto in Medio Oriente arrivavano fin là.
Con le sue parole Naomi Klein mi ha ricordato che anch’io sono cresciuta con le storie della Bibbia; che anch’io, diventando adulta, ho avuto occasione di riflettere sia sulle cose che non condividevo sia sulla grande saggezza che contiene. Saggezza a cui miliardi di esseri umani, che piaccia o no, ancora si rivolgono per avere risposte.
Le cose che ci dividono sono le stesse che ci uniscono. Il sionismo di oggi somiglia più al nazismo che all’ebraismo. Tanti ebrei lo hanno capito. Tanti sono solidali con i palestinesi proprio in nome della fede ebraica o di quello che per loro significa essere ebrei – conoscere il dolore e la speranza, porsi domande, studiare, cercare la verità, essere fedeli a se stessi ovunque ci si trovi. Non saremo mai tutti uguali e non la penseremo mai tutti allo stesso modo. Smettere di massacrarci a vicenda usando questo come scusa è un obiettivo ancora troppo lontano. Nessuna guerra di religione è mai solo una guerra di religione; ma quando qualcuno si alza in piedi e dice: ‘non nel mio nome’, è un grande passo in avanti.