Lupi – 5 – “È casa sua / si sta riprendendo i suoi spazi / siamo noi gli invasori”

Questo è vero. Tutti gli spazi che ora abitano gli esseri umani erano pieni di altre specie prima del nostro arrivo. Che conclusione dobbiamo trarne?

Chi si esalta perché il lupo riesce a cacciare le persone (con l’aiuto di politiche specifiche, non con le sole sue forze di lupo), probabilmente non vuole che tutti gli ambienti del mondo vengano restituiti agli animali e che gli umani si estinguano. Probabilmente vuole solo che qualcuno, qualcuno che non è lui, si levi dai piedi per far posto alla “natura”. Chi ragiona così si arroga il diritto di decidere quali umani possono stare dove sono e quali altri devono rinunciare al proprio mondo, al proprio sostentamento, alla propria sicurezza, e andare a vivere in città.

Ogni singolo metro quadro abitato o utilizzato dagli esseri umani una volta era popolato da altre creature. Questo vale per la montagna, per la città, la costa, tutto. Ma le persone che dicono che il lupo e l’orso si stanno riprendendo ciò che è loro, che il bosco è del lupo e non delle capre, e così via, sicuramente non hanno nessuna intenzione di ritrovarsi in mezzo a una strada dopo che la loro casa o il loro ufficio sono stati restituiti ai bisonti.

In natura non esiste il diritto di precedenza, il c’ero prima io. Un animale, un pascolo, un frutto, sono di chi riesce a prenderlo. In pratica questo crea un equilibrio, doloroso per alcuni, con vincitori e vinti, ma un equilibrio. È vero che gli esseri umani, con la loro strapotenza, lo hanno rotto, e che sarebbe bello ripristinarlo almeno un po’. Ma questo non significa che qualsiasi animale selvatico vada lasciato fare quello che vuole perché la natura è “sua”. E allora noi dove viviamo? Cosa mangiamo? Facciamo sparire tutti i sessanta milioni di italiani che ci sono?

Alcune persone sono contente se il lupo vince sull’uomo come fosse una specie di vendetta, o meglio di rivalsa, della natura su colui che la distrugge. Il punto però è: quale uomo? Il lupo non assale i megamiliardari che si sono arricchiti distruggendo il pianeta, o quelli che facendo dieci figli contribuiscono al problema della sovrappopolazione. Nel nostro paese, i lupi sono un problema soprattutto per persone tra le più svantaggiate nella nostra società – chi vive in zone rurali, in montagna, adesso anche nelle periferie delle città. Esaltarsi perché il lupo tormenta un pastore o una signora a spasso con un cagnolino, mentre si continuano a deviare fiumi per l’agricoltura e l’industria, a estrarre metalli devastando la terra, a costruire capannoni e stradoni per la logistica al posto di campi e prati, a prendere aerei per viaggi di piacere o a catturare animali per far passare la loro vita in gabbia… è solo un modo per sentirsi a posto con la coscienza. Io tifo lupo, io sto dalla parte giusta. Ma non mi immolo, non rinuncio ai miei consumi e alle mie comodità. Immolo gli altri. I malcapitati, i poveracci, un po’ come una volta si facevano i sacrifici per placare gli dei.

Io sono una delle persone che si compiace se la natura si riprende degli spazi. Ma non mi compiaccio quando la natura si riprende i suoi spazi non perché gli uomini hanno abbandonato un progetto folle, ma perché si è forzosamente impedito a chi viveva in quella natura di continuare ad abitare in essa. Un conto è l’idea di colonizzare ambienti inadatti, e alla fine arrendersi. Un conto è un declino naturale della popolazione; un conto è fare le spese di un disastro nucleare che ci si è andati a cercare (anche se un’esplosione fa molte vittime innocenti). Ma dire ai popoli indigeni, ai pastori delle Alpi, agli abitanti di un paesino: via! Qua si fa un parco! o: d’ora in poi dovrete fare posto al lupo!… bè, questo è crudele.

Si sta iniziando a parlare di fare rewilding a partire dalle aree “abbandonate” d’Europa. Ma c’è una differenza tra abbandonato e poco popolato. Paradossalmente, proprio queste zone considerate più idonee a un rinselvatichimento sono spesso quelle in cui la presenza umana è più in armonia con la natura e sostenibile a lungo termine; in cui il legame tra l’uomo e il suo ambiente è più stretto e di dipendenza reciproca. Spesso è proprio il fatto che le persone siano poche a rendere quegli ambienti preziosi per la convivenza uomo-natura.

L’essere umano deve ridimensionarsi, ma cominciando da chi ha di più e fa più danni, non da chi ne fa meno. Spesso chi si trova a vivere sulla frontiera, a maggior ragione se la frontiera è data dal ritirarsi e non dall’avanzare dell’essere umano, ha una maggior cognizione del suo ambiente rispetto a chi pontifica dalle retrovie.

Io sono favorevole ad espandere parchi naturali e aree protette, purché si espandano anche in pianura e non solo in montagna, e purché vengano fatti con il consenso delle persone coinvolte e non a loro discapito. Ragioniamo: perché il lupo può mangiare le pecore perchè “c’era prima lui”, ma non abbattiamo allora le scuole, le case, gli ospedali, le palestre o i cinema per lasciare il posto a tutti gli animali che abbiamo cacciato? Perché questa regola vale solo per alcuni? Perché questi alcuni sono pochi e contano ancora meno.

Il “c’ero prima io” vale solo a breve termine; a lungo termine invece si crea un nuovo equilibrio. La civiltà alpina è vecchia di millenni. Tutta questa retorica dell’umano “invasore” sembra un po’ fatta a casaccio, prendendo di mira questo e quello a seconda di chi causa problemi alla causa di moda del momento. È vero che il lupo e l’orso si “riprendono” spazi. Ma molti di quegli spazi li hanno persi secoli o millenni fa. Nel frattempo l’ecosistema è cambiato, ha trovato altri equilibri, altri abitanti. Abbiamo visto che non è possibile pensare di riportare indietro le lancette della storia. Il conflitto tra israeliani e palestinesi dovrebbe servirci da ottimo esempio di quello che succede quando qualcuno cerca di “tornare” in un posto in cui ormai da moltissimo tempo c’è qualcun altro. Certo, un accordo si trova. Ma chiamare invasore chi può vantare generazioni e generazioni di presenza è quanto meno fuori tempo massimo. Vista così, tutti nel mondo sono invasori.

Come vedremo, l’arrivo del lupo sta rischiando di far sparire altre specie, selvatiche e non solo domestiche, che si erano adattate al paesaggio modificato dall’uomo e hanno bisogno dei prati, pascoli e radure che con l’abbandono della pastorizia stanno scomparendo. C’è un equivoco alla base dell’idea per cui gli abitanti umani delle Alpi sarebbero degli “invasori” di spazi naturali. Siccome stiamo parlando di ambienti molto verdi, spesso selvaggi, pensiamo che per forza debbano essere gli ultimi in cui siamo arrivati. Invece tutto questo verde (che io, lo preciso, a differenza di molti montanari apprezzo) è dato dal ritorno recente del bosco in zone prima coltivate, pascolate o falciate. Cioè dalla ritirata dell’uomo, non dalla sua avanzata.

La natura è in grado di riprendersi molto velocemente gli spazi da cui ci ritiriamo, così da far sembrare che fossero sempre “stati così”. Recenti studi sulle Americhe stanno dimostrando che le selvagge foreste, Amazzonia compresa, spesso sono cresciute su insediamenti umani abbandonati a seguito dell’arrivo degli europei o di altri avvenimenti. C’erano città nell’Amazzonia!

A seguito della pandemia si è molto parlato delle zoonosi che aggrediscono gli esseri umani a seguito della distruzione di habitat selvaggi. A me è sempre sembrata una lettura un po’ semplicistica. Le malattie che ci portiamo dietro da millenni, comprese quelle che hanno cambiato il corso della storia, ci sono arrivate dalla prossimità con gli animali domestici, dai ratti, che proliferano in ambienti molto antropizzati, e dalle zanzare. Persino per quanto riguarda il Covid, ancora non si sa da dove venga esattamente, e quando ho scoperto che ci sono scienziati che vanno a prendere dei poveri pipistrelli in grotte remote, estraggono dei patogeni e li modificano per renderli più letali… mi è sembrato quanto meno ingiusto dare la colpa ai selvaggi che vanno a cacciare nelle foreste.

Ripeto, sarei favorevole a un’espansione della natura a discapito dell’umano. Ma in modo equo. Partendo dalla Brianza o dalla periferia di Treviso. Non da uno dei pochi luoghi, le Alpi, dove umano e non umano vivono in relativo equilibrio, e una vita all’aria aperta è ancora possibile.

La gente che dice queste cose sugli animali che si riprendono i loro spazi poi va al supermercato e compra la farina (fatta su campi sottratti alla devastazione dei cinghiali), la ricotta (di pecore protette dalla furia dei lupi), le crocchette per il gatto (con carne prodotta dagli allevatori che si lamentano dei predatori)… poi torna a casa, accende il computer, e fa la predica ai contadini perché sono avidi.

Non si può sentire.

p.s. E comunque, se ragionate così cominciate voi rinunciando alle passeggiate in montagna. Nelle zone dove ci sono più lupi, già viene sconsigliato alle persone di avventurarsi nel bosco da sole.

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