porte chiuse

Io non vorrei essere monotematica su questo blog (galline e immigrazione). Più passa il tempo, però, più mi rendo conto che quella migratoria è la grande emergenza del nostro tempo, legata a tutti gli altri temi che mi stanno a cuore: ambiente (aumento dell’impatto umano in un continente già sovrappopolato), diseguaglianze (aumento della competizione da parte di una forza lavoro a bassissimo costo), femminismo (molestie sessuali, anche di massa), e anche diversità culturale locale, la quale, nonostante la retorica, viene travolta e non aumentata dalla potenza di questi rimescolamenti globali.

Per cui ho intenzione di continure a parlarne, ben consapevole della quasi inutilità del farlo. Moltissime persone con cui parlo, anche quelle che prima non lo facevano, obiettano alla politica delle porte aperte, eppure mi sembra di riscontrare, in tutti, una certa apatia o una sensazione di impotenza davanti a decisioni che li riguardano ma non possono controllare. Siamo al livello di chiacchiere da bar, poi si torna a casa a occuparsi delle proprie faccende sperando che qualcuno faccia qualcosa. Per come la vedo io, e spero di sbagliarmi, questa situazione può sfociare in soli due modi: in un caso, l’immigrazione raggiunge livelli tali che le società ‘autoctone’ saranno sopraffatte e non potranno più difendersi (e se vi sembra esagerato, ricordatevi che è quanto successo in tutto il continente americano, in buona parte dell’Oceania, ad opera degli europei, e in altri posti ad opera di altri popoli, su cui non mi dilungo); nell’altro caso, si verifica una reazione tardiva e violenta da parte della popolazione europea che potrebbe portare proprio a quegli eccessi per evitare i quali, data la memoria recente, l’Europa si mostra oggi così arrendevole (deportazioni, progrom, pulizie etniche…) Sarebbe meglio fare qualcosa subito, ma le elite non lo fanno, per un misto di convinzione e convenienza, e il popolo ha perso gli strumenti per agire direttamente (io sono per un ritorno alla democrazia locale anche nell’autodifesa, ma non c’è tanto tempo).

Intervengo di nuovo su questo tema innanzitutto per indicarvi un bell’articolo segnalato da Mauro nei commenti e che potrebbe esservi sfuggito. È tanto ben fatto e corredato di citazioni da farmi venir voglia di acquistare l’intero giornale da cui proviene. Fa anche leva sul mio mai sopito femminismo, richiamato all’azione da questa nuova minaccia al mio, al nostro corpo.

Voglio poi descrivervi una strana sensazione che provo e alla quale non riesco ancora a dare bene un nome. La sensazione è che ci sia un tipo di reazione alla devianza ideologica che appartiene più alla cosiddetta sinistra che alla cosiddetta destra, e che sta iniziando – o forse lo ha sempre fatto? – a rompere i rapporti interpersonali. Un’intolleranza dei tolleranti, in breve.

Qui, purtroppo, devo scendere nel personale e chiamare in causa persone che non mi hanno autorizzato a farlo.

Il comune dove vivo è noto per essere dichiaramente di estrema destra, diciamo pure, perché così è, nostalgico fascista. Non ho mai assistito a comportamenti effettivamente fascisti e le persone sono sempre state molto gentili non solo con me ma con tutti, ma ad ogni modo ci sono stati anche casi in cui il discorso è venuto fuori e io ho palesato le mie idee su temi quali la resistenza, la democrazia partecipata, il fascismo, il razzismo (sì, sono anti-razzista). Non mi è mai successo che qualcuno interrompesse un discorso o addirittura un rapporto umano in virtù di questo dissenso. Al massimo mi diceva: “so che io e te non la pensiamo allo stesso modo”, e poi procedeva con il suo discorso.

Mi è capitato, invece, di perdere almeno un’amicizia a causa delle mie idee sull’immigrazione. Ho amici di lunghissima data che sostanzialmente non mi vogliono più vedere per via di quello che scrivo sul blog.

Ma mi è successa, recentemente, anche un’altra cosa. Può darsi che la persona in questione legga quanto scrivo e si senta offesa: è un rischio che corro. Stavo camminando in montagna per accompagnare una persona in un posto. Cercavo di evitare l’argomento immigrazione, avendo intuito le divergenze, ma poi nonostante le mie cautele è venuto fuori lo stesso. Lei ha detto la sua, io ho detto la mia, con la mia solita foga, è vero, ma è una foga che ho da quando sono nata. Le cose che dicevo erano le solite: chi fugge dalle guerre può scegliere di difendersi, un popolo ha il diritto di rifiutare l’immigrazione se vuole, l’Italia è sovrappopolata… a un certo punto questa persona ha gridato: “basta!” Siamo rimaste ferme lì, in mezzo ai monti, e io ho detto: “se vuoi torno indietro e ti lascio proseguire da sola”. Ci ha pensato un attimo; io mi sentivo in grande imbarazzo. Lungi da me impormi su qualcuno. Poi abbiamo continuato lo stesso.

Mai, in vita mia, mi era successa una cosa del genere. E, soprattutto, io non credo di aver mai agito così. Può capitare che io mi arrabbi, urli, mi infervori, mi dispiaccia per quello che certe persone pensano, ma non ho mai pensato di chiudere la porta a chi non la pensa come me. Anzi: ho bisogno del confronto, e più passa il tempo, più la realtà mi appare complessa, più lo cerco. (In realtà una volta ho minacciato di buttare fuori da casa mia un ragazzo che diceva che bisognerebbe “bruciare” gli omosessuali. Solo che non solo non l’ho fatto, ma poi c’è stato un dibattito in cui ho voluto sentire le sue ragioni e una mia amica omosessuale fino a quel momento in incognito ha detto la sua, con più pazienza di me tra l’altro. E continuo ad avere amici omofobi).

E siccome cose simili continuano a succedermi, mi viene in mente che si stia creando una spaccatura profonda nella nostra società che rischia di romperla con conseguenze devastanti. Quando le persone con legami affettivi e idee diverse, anziché litigare, e scherzarci su, e volersi bene lo stesso, iniziano a smettere di parlarsi, sta succedendo qualcosa di molto grave. Forse è qualcosa di simile a quello che succede quando le persone iniziano a troncare i rapporti sulla base di divisioni religiose o etniche, e all’improvviso amici, vicini e parenti non si parlano più. Non ho studiato abbastanza approfonditamente l’argomento, ma mi viene da ipotizzare che il momento in cui le appartenenze rompono i legami umani tra persone con idee diverse sia il preludio di una guerra civile.

La cosa assurda è che ho notato questo comportamento molto più da una parte che dall’altra. Io non mi sento di appartenere completamente a un campo, perché resto convinta anche di alcune delle tradizionali argomentazioni pro-immigrazione, quali la non superiorità della nostra “razza” o cultura rispetto alle altre, le responsabilità dell’Occidente nello sfruttamento di altri popoli e terre, e così via. Inoltre, finché gli italiani emigrano, e lo continuano a fare, non si può impedire a chiunque di immigrare – ci vorrebbe una certa reciprocità. Mi sento un po’ sospesa tra i due campi, ma mi pare che quello dei sedicenti tolleranti sia molto più intollerante di quello degli intolleranti. Perché?

Vi offro due spiegazioni.

La prima è che, per chi è convinto di aiutare persone che sfuggono dalle peggiori catastrofi immaginabili, catastrofi di cui la nostra società è almeno corresponsabile, il rifiuto di questo aiuto è un atto o anche solo un pensiero talmente abominevole (come voler sterminare gli ebrei, per capirci) che chi lo intrattiene dev’essere neutralizzato ed emarginato perché non faccia danni.

L’altra spiegazione è che, sottosotto, nel momento la retorica della fuga da guerre e fame e della società multietnica sta scricchiolando davanti alla realtà, continuare a sostenerla richieda una sorta di chiusura davanti a questa realtà e a chi la professa. L’isterico “taci!!!” è spesso prerogativa di chi non è più in grado di sostenere le proprie tesi perché sa di avere torto.

Uno degli strumenti retorici più comuni utilizzati per rispondere a certe idee, nei media come nelle conversazioni tra persone, è dire che sono affermazioni “leghiste”, “lepeniane”, “xenofobe”, “razziste”, eccetera. Così si evita di entrare nel merito e si svergogna chi dissente. Ormai, per dire certe cose, bisogna cominciare scusandosi: “non sono razzista ma…” È abbastanza ininfluente sottolineare quale sia il vero significato del razzismo: ormai questo termine raccoglie sotto il suo ombrello qualsiasi forma di dissenso. Credo che il meccanismo funzioni anche al contrario: siccome è tutto razzismo, niente è razzismo, anche quello vero. Per una parte, il razzismo è qualsiasi critica a chiunque non sia bianco, per l’altra parte, il razzismo è un’invenzione dei neri.

Sottolineo anche che l’attacco nei confronti degli impuri è più tipico della sinistra, almeno nei nostri tempi, che della destra. Quest’idea meriterebbe una trattazione a parte, ma mi pare che, nella storia, la furia verso gli eretici sia tanto maggiore quanto lo è la missione morale e l’amore per i più deboli che professa l’entità persecutrice (ho in mente il cristianesimo e il comunismo in particolare). Le ideologie che si basano sulla sopraffazione dichiarano direttamente la propria convinzione di superiorità; quelle che si basano sulla creazione di un mondo giusto e buono finiscono per distruggere chi nega o è accusato di negare la bontà di questo progetto.

Ma devo approfondire.

Vi dirò un’altra cosa. Mi è capitato di parlare con persone che sono per l’accoglienza, o addirittura ci lavorano. La cosa diventa paradossale: io dichiaro apertamente che, personalmente, non ho mai avuto problemi con nessuno. Ho vissuto in tanti posti, conosciuto gente di tante culture (lo dico non come vanto, anche perché non è un merito, ma come dato di fatto), e mi sono sempre trovata bene. Con degli individui, forse, ho avuto problemi, ma non con delle collettività. Cinesi, indiani, pakistani, arabi, ebrei, canadesi, inglesi, italiani di varie provenienze, jugoslavi, curdi, africani… non ce l’ho con nessuno dei popoli che ho incontrato. Ho condiviso il pane di molti, ho cercato di essere sempre gentile, ho criticato i popoli a cui sento di appartenere più severamente degli altri. Cerco di consumare poche risorse perché non penso che “noi” abbiamo diritto a prenderci tutto. Non parlo quindi per rabbia personale, per vendicare qualche torto o per paura di perdere un privilegio. Semplicemente osservo e raggiungo delle conclusioni, magari sbagliate, ma oneste. Altre persone, invece, mi raccontano delle prepotenze dei richiedenti asilo, della misoginia di arabi o sudasiatici, del razzismo antibianco degli africani, della criminalità degli zingari, quasi con rabbia. Arrivano a dire di avercela con questo o quel gruppo. E poi concludono che l’accoglienza è imprescindibile. E che io sono razzista.

 

Rigrazio chi ha fatto donazioni a questo blog; invito chi non avesse mai contribuito e leggesse regolarmente a offrire almeno qualcosa, anche se poco. Non lo dico solo per me, ma anche perché non voglio che siano sempre gli stessi a sostenere le spese.

 

 

93 risposte a “porte chiuse

  1. Io ti dico:
    1. sei ovviamente più giovane di me e non ricordi tempi in cui la gente si prendeva a sprangate e spesso si ammazzava per strada, nelle università, nei licei. Io ero ragazzino ma siccome vivevo a Stalingrado, mi facevano marciare in cortile cantando “bandiera rossa”. Mi fa abbastanza ridere questa continua cancellazione e riscrittura del passato, per cui ci si imbatte in cose arcaiche come se fossero novità. Non c’è niente di nuovo, Gaia, è sempre stato cosi o peggio di cosi.

    2. la “destra” non esiste. E’ una di quelle grandi mistificazioni con cui si produce il lavaggio del cervello degli “idioti” di cui all’altro commento. Sul mio blog tempo fa ho collegato un documentario RAI che ripercorre la biografia di Mussolini e la nascita ed evoluzione del Fascismo. Mussolini era la figura carismatica dei Socialisti italiani. Ti ricordo che storicamente la “sinistra” corrisponde al “terzo stato”; ovvero coloro che non appartengono al clero e alla aristocrazia. Nella Francia pre-rivoluzionaria si trattava dei rappresentati della Borghesia che sedevano nell’ala sinistra della Assemblea Generale. La “destra” invece era il settore dove sedevano gli aristocratici. Ergo, la “destra”, anche considerata in senso lato, dovrebbe essere la categoria dei conservatori e in Italia i conservatori non sono mai stati rappresentati. L’equivalenza tra destra e fascismo è una mistificazione diffusa dai comunisti i quali hanno assunto, con un’altra mistificazione, l’egemonia della “sinistra”, ridefinendone il significato. Infatti la “sinistra” è la borghesia, il “proletariato” in pratica non aveva voce in capitolo.

    Lasciando perdere le mille stranezze e incongruenze del fascismo, il fatto che si auto-definisse “rivoluzionario” e che andasse poi a rappresentare la borghesia italiana (non i conservatori, sono due concetti opposti) era perfettamente coerente con la genesi storica. Quello che è incoerente è Occhetto che nello ’89 dichiara che il PCI deve smettere di riferirsi alla Rivoluzione d’Ottobre per riferirsi invece alla Rivoluzione Francese. Per le ragioni sopra esposte. Oggi noterai che i comunisti non rappresentano più il proletariato, invece rappresentano la borghesia e l’alta borghesia. Prendono voti nei quartieri bene, non nelle periferie.

    3. la faccenda della immigrazione e tutta la pappardella sul terzo mondo e sulle colpe dell’occidente è una pagliacciata. Anche quella è stata disegnata a tavolino in un preciso momento storico e lo scopo era quello di fungere da (ennesimo) piede di porco per abbattere la “società borghese”. Alle tue “ipotesi” ne aggiungo un’altra:
    – la gente che sostiene l’immigrazione ci vede lo strumento per demolire lo status quo e ri-edificare il mondo secondo i proverbiali criteri di “giustizia sociale”. Ma in questa demolizione si preoccupano che nel mentre, citando il Caro Leader, nessuno sia lasciato indietro. Più casino si crea, più disperati ci sono in giro, più “garanzie” lo Stato provvede. Quindi la personcina che vuole essere garantita dallo Stato, si sente rassicurata da essere al calduccio in mezzo ad una massa di gente che deve per forza di cose essere garantita. Come tutte le cose di cui sopra, non deve avere una logica, non deve funzionare. Può essere benissimo un paradosso, per la stessa ragione che l’Italia si presenta al problema della immigrazione già fallita e auto-distrutta con la globalizzazione.

    4. sai perché ti dicono “taci”? Perché per loro non si tratta di un dialogo, si tratta di un “attacco personale”. Mettendo in discussione certi concetti astratti nel loro universo (che poi è quello degli “idioti” di cui sopra) metti in discussione i lavoretti, le pensioncine, le uniformi e gli stivali, loro, dei babbi, dei cugini, eccetera. Sono clienti, sono servi e temono più di ogni altra cosa che qualche impedimento vada ad infilarsi negli ingranaggi della Macchina da cui dipendono per vivere. SI, poi c’è anche la “superiorità morale e intellettuale implicita” che non ammette obiezioni.

    5. la rassegnazione dipende dal fatto che le cose che ho scritto sono vecchie di cent’anni e interessano milioni e milioni di idioti. L’inerzia è tale che ci vorrebbe veramente un evento apocalittico che faccia tabula rasa, un po’ come sostenevano i Futuristi. Non si può ostacolare il Piano di Annientamento senza prima fare i conti con gli “idioti” di cui sopra. E’ come dire che un nemico ti aggredisce in casa tua e il tuo vicino gli tiene la porta aperta.

  2. Ho aggiornato il post perché mi ero dimenticata una cosa (da “uno” a “neri”).

  3. No, non è una pagliacciata. Il colonialismo c’è stato, la depredazione c’è stata e continua. Non potrebbe essere altrimenti, dato che gli italiani, ad esempio, consumano circa quattro volte le risorse di cui dispongono. Altrove è anche peggio. Semplicemente, la nuova forma della resistenza non è la resistenza ma la migrazione.

  4. Io sare voluto intervenire in L’invasione specifica.

    Io penso che ci siano più fattori nel negazionismo e nel revisionismo diciamo filo massmigrazionista, nella panmixisteismo che sostiene l’adesione acritica e fondamentalista che osserviamo.

    1 – un rifiuto di prendere atto della realtà
    2 – il rifiuto di pensare i propri valori come contestuali e non universali nello spazio e nel tempo. Il soccombere dell’etica alla morale non è una cosa nuova e il fatto che la morale faccia soccombere le culture neppure (uno dei 5 fattori di collasso di una cultura, secondo Jared Diamond);
    3 – la convenienza ideologica
    Essi hanno diritto di invaderci e noi il dovere di subirlo perché anche io domani potrei avere necessità di avere un “diritto” di invadere un’alta comunità ed essa il dovere di subirlo.
    4 – la convenienza immediata
    Parti sempre più ampie della società lavorano per allargare, acuire e peggiorare il problema. cooperative sociali, mediatori, fornitori di pasti, etc. fanno attività economica dal sostenere e ampliare il problema.
    5 – la speculazione politica
    I vari politicastri, ideologi e mestieranti vari della sinistra al caviale – Lerner, Parenzo, Boldrini, Galatea Vaglio, Eretika, Vendola, etc. sono speculatori che traggono fama, potere e riconoscimento dal problema.
    6 – la speculazione morale
    A livello un po’ meno alto, tutti i vari squadristi rossastri reali (vedi No Borders, Hobo Aram, etc.) o quelli in colletto bianco (il foro di avvocati collaborazionisti di Melting Pot), Frtress Europe, etc..
    Il brivido di sentirsi migliori, superiori, e severi moralizzatori è noto nella storia. Il fatto che questi personaggi siano i razzisti più fenomenali, razzisti positivisti, ancora, conferma la dissociazione tra teoria e realtà (v. punto 17).
    7 – pulsioni nichiliste
    La fine della civiltà, secondo Nietzsche.
    8 – pulsioni sadiche
    Vedere cattolici e protestanti. Questa non è certo una novità.
    Ora la volontà di espiazione nel mondo di qui per il mondo di là assume la connotazione di un sistema autoimmune, che si divora, si suicida.
    9 – pulsioni sadiche
    Vedi punto 6. (ovvero: farei i froci col culo degli altri).
    Catechisi come la Boldrini che ti formano alla dottrina ortodossa e poi invece di prendere il bus che passsa per le banlieue che questa teologia ha creato, prendono l’elicottero o l’auto blu con scorta.
    10 – conformismo
    E’ così perché tutti fanno così. Se osservi, pensi, critichi, scatta subito la lapidazione ideologica (sei un nazi, xeno razzista e sproloqui vari).
    E’ una sorta di gregge impazzito supportato tecnologicamente, le cui pulsioni portano ad accogliere i lupi e a soffocare il pastore maremmano che lo difende.
    Il pensiero disadeguante terrorizza, obbliga a pensare e viene demonizzato subito, sul nascere.
    L’ugualizzazione al peggio produce masse sempre più grandi di idioti: più sono cretini più sono conformi e stanno bene nella grande setta e più ne difendono l’ortodossia.
    11 – il terrore
    Molte di queste persone hanno il terrore di rendersi conto che sono nella merda fino al collo, con le loro bislacche teorie.
    La catechesi diventa ancora più martellante, ossessiva. La ripetizione psicotica di sllogan vacui e in palese stridore con quanto succede nella realtà viene aumentata e intensiticata ad ogni nuovo fallimento.
    Più ricevono mazzate e più la litania dell’ “accoglienza senza se e senza ma” aumenta.
    Semplicemente sarebbero finito se ammettessero “ho sbagliato!”; tutto il loro posizionamento sociale crollerrebbe.
    12 – hybris tecnoprogressista
    Vedere i disegni di nuovi mondi migliori dei marxisti utili idioti manipolati da una super elite mondialista utlra capitalista (vedere la sinergia Soros – Clinton).
    Il progresso senza se e senza ma, diventa una fede, anche quando porta dritto all’alienazione, alla frantumazione sociale, alla sirianizzazione della società.
    Si torna alle pulsioni sadiche e masochiste, punti 8 e 9.
    13 – sfruttamento
    Le elite fomentano lo scontro sociale in quella che Terzani definiva la società a scoppio (riferendosi agli Stati Uniti).
    Conflitto sui salari, conflitto per i quartieri, senso di insicurezza, la nocenza quotidiana imposta dagli xeno agli “accoglienti” frantuma la società in un pappa tritata in cui non c’è resistenza ai disegni superiori.
    Si arriva al paradosso – peraltro già verificatosi storicamente- che il marxismo globalista è il primo fattore di sfruttamento delle classi medie e basse della società. Come diceva Massimo Fini, metterlo nel culo al popolo col suo consenso.
    15 – senilità sociale, culturale
    Ancora Jared Diamond afferma che la perdità di memoria storica (che avviene in due o tre generazioi) porta ai collassi delle culture. Io dico ad una specie di Alzheimer (” demenza degenerativa progressivamente invalidante “) culturale, si perde il senso della propria esistenza, di quanto sia costata, della necessitò di difenderla, Si diventa dementi, vulnerabili, poi si soccombe.
    16 – oscurantismo
    I lobotomizzati sinistri sinistranti che ripetono ossessivamente i loro dogmi compiono l’assassinio della ragione.
    Sono i nuovi oscurantisti. Non è un caso che esistano commissioni comuniste che approvino o sconsiglino i libri (si trovano in rete cose esilaranti). Altri marxistoidi fanno come i nazi, entrano nelle librerie e strappano i libri che non sono conformi al pensiero ortodosso unico.
    Da questo punto di vista il fondamentalismo panmixista non è diverso da quello islamico (infatti, la comunanza e la sinergia sono evidenti).
    17 – autoantagonismo
    In PNL è noto che la meta strategia “via da” e l’antagonismo che la rappresenta operativamente, sono strategie fallimentari.
    Ecco che abbiamo le femministe di plastica alla Boldrini, alla Maraini, Alla Eretika che iniziano a protestare con veemenza per “più burkini in spiaggia”, si velano per entrare nelle moschee ad omaggiare i misogini barbuti, arriveranno a combattere per il diritto a indossare il burka.
    Si torna al punto 7 e al pensiero marxista, globalista (internazionalista), ugualista che diventa nemesi di se stesso.
    Ho un collega che sclera istericamente contro qualsiasi critica, anche minina, al “diritto a migrare” che poi si lamenta la mattina perché il suk di spacciatori magrebini che si è formato nella via dove abita, porta a canti sguaiati alle tre di notte. Autoantagonismo personale, diretto.

  5. Gaia, scusa se rido leggendo “Il colonialismo c’è stato”.

    Io abito fuori Milano. Milano fu presanel 1499 dai Francesi di Luigi XII di Francia, il quale, essendo nipote di Valentina Visconti, era pretendente al ducato di Milano. Da allora, per i successivi 300 anni, Milano fu sotto dominazione straniera.
    La Francia come Nazione a sua volta nasce dalla Guerra dei Cent’anni, scatenata nel 1337 dalla disputa dinastica tra Filippo di Valois, figlio di Carlo di Valois, ed il re d’Inghilterra Edoardo III, conclusa solo nel 1475.
    Facciamo un altro esempio: le highland scozzesi (A’ Ghàidhealtachd, “la terra dei Gaeli”); sono una delle parti meno popolate d’Europa. Senza tirare in ballo le vicende più o meno note, da Wallace a McGregor passando per i Giacobiti di Culloden, cito:
    “Societa’ della Lana Britannica
    L’allevamento delle Cheviot (una pecora frutto di incroci selettivi) richiedeva molta manodopera in meno rispetto all’allevamento delle tradizionali pecore scozzesi. Pertanto, i pastori scozzesi dediti all’allevamento delle pecore tradizionali e le loro famiglie, che traevano sostentamento da esse, non solo non erano piu’ necessari all’allevamento delle Cheviot, ma davano fastidio. Gli Inglesi pertanto decisero di spopolare tali terre, e lo fecero con metodi brutali, cacciando dalle loro terre uomini, donne e bambini utilizzando forze di polizia e soldati. Dove fosse necessario, gli Inglesi usarono manganelli, baionette, arrivando ad appiccare fuoco alle case dei pastori. Anche se tali nefandezze sono lontane nel tempo, le colline tutt’oggi restano deserte e Edimburgo e Glasgow restano le capitali di (terre) spopolate.”

    Eccetera eccetera.
    Quindi?
    Quale sarebbe la conclusione quando constati che la Storia è stata fatta da gente priva di scrupoli con l’ascia in mano e non da Medici Senza Frontiere?

    ” Semplicemente, la nuova forma della resistenza non è la resistenza ma la migrazione.”
    Cosa essere “forma della resistenza”? Spero tu non ti riferisca all’altra invenzione letteraria (che c’entra come il cavolo a merenda col “colonialismo”), ovvero la Resistenza, il mito fondante della Italia Repubblicana secondo i Comunisti, i quali invece nella realtà non artefatta volevano instaurare la “dittatura del proletariato” nella accezione sovietica.

    Come ti ho già scritto, la “migrazione” non è spontanea, non è determinata da guerre o disastri o invasioni aliene. Invece ci sono agenzie (chiamale come vuoi) che vanno nei villaggi e “invitano” i giovani che vogliono tentare la sorte a recarsi nel Paese dei Balocchi, dove tutti sono ricchi e dove le donne la danno al primo nero che incontrano. Quindi gli danno tutte le direttive, a chi rivolgersi, dove andare, eccetera e si incaricano di tutta la logistica lungo il viaggio (ovviamente non sono grandi hotel e aragoste ma partiamo da gente che beve nelle pozzanghere) Sul nostro lato i medesimi burattinai pagano politicanti, professori, giornalai, eccetera per fare normative che assecondino l’invasione, per condizionare la “pubblica opinione”, eccetera, basta avere gli occhi per vedere.

    La “resistenza” non è la “migrazione”, casomai resistere sarebbe opporsi alla invasione. Riguardo il “colonialismo contemporaneo”, vai un po’ a vedere se il “bonus cultura” di Renzi viene erogato con aggeggi prodotti non dico in Italia ma almeno in Europa.

  6. La predazione ad opera degli Occidentali (quelli, non dimentichiamolo, che agivano ben prima che chiunque tra i lettori nascesse)… già. E le predazioni ad opera di quelli che adesso si atteggiano a vittime (o, meglio, anche in questo caso dei loro antenati)? Che so… gli Occidentali da chi li compravano gli schiavi che venivano deportati un po’ ovunque? E quegli intermediatori da chi li compravano a loro volta? Non ci sono mai stati schiavi Occidentali usati in qualche “altrove”? Siamo sicuri o semplicemente i documenti relativi sono “andati persi”? E che dire della schiavitù tra gli antenati di coloro che oggi consideriamo e/o si atteggiano a vittime?

    Sono talmente tante le domande sul passato da consigliare di occuparsi principalmente del presente, magari pensando un po’ al futuro (ma neppure troppo, giacché anche li ci sono dei trabocchetti dei quali molti furbetti approfittano a piene mani).

  7. Io non ho mai visto marxisti entrare nelle biblioteche e strappare libri… hai esempi?

  8. Ugo: sì, anche i bianchi furono schiavizzati, non solo da altri bianchi (come i romani o vichinghi), ma anche da arabi e ottomani. Dopo un po’ i torti storici si devono annullare, altrimenti siamo alla faida mondiale perenne. Pensa se il Giappone volesse vendicarsi della bomba atomica.
    Il fatto è che esistono torti commessi tutt’ora. La lista è molto lunga, propongo solo alcuni spunti: land-grabbing, pesca predatoria da parte di europei/giapponesi/cinesi/russi a danno di popoli che vivono di pesca, cambiamento climatico dovuto soprattutto all’iperconsumismo occidentale (che si sta allargando), sostegno a regimi repressivi in cambio di condizioni favorevoli per la manodopera o le materie prime, guerra di aggressione, sfruttamento della manodopera a basso costo in paesi poveri…

  9. mmm… e che dire della predazione (anche) economica che stiamo vivendo proprio dalle nostre parti e sulla nostra pelle? Certo, ci sono forme più appariscenti e altre meno, ma la sostanza cambia poco.
    Comunque, parte del senso di quel che scrivevo era che non esistono vittime e carnefici dei quali noi si sia responsabili, specie se si parla di un passato del quale non siamo stati protagonisti in prima persona, e che si fa fin troppo presto a passare dalla parte dei carnefici a quella delle vittime.
    Tra l’altro, se un qualche dirigente di (più o meno) alto bordo decide di fare una porcata e io non ho possibilità di fermarlo, fin dove arriva la mia responsabilità? A mio avviso quella responsabilità semplicemente non esiste, a meno che si consideri che per resistere io debba diventare un fuorilegge e (tentare di) fermarlo con i mezzi fisici di fortuna dei quali potessi eventualmente disporre (un tempo si usava l’espressione “immolarsi per la causa”).

  10. > Io non ho mai visto marxisti entrare nelle biblioteche e strappare libri… hai esempi?

    Vedere le incursioni degli squadristi del collettivo boognese Hobo in alcune librerie che vendevano libri “impuri”.
    Infatti li hanno denominati, quei kompagni, Hobo Haram.

  11. Gaia, senza andare indietro alle fosse riempite con i cadaveri delle elite intellettuali polacche, la repressione delle rivolte in Cecoslovacchia e Ungheria, applaudite dai nostri compagni, incluso il signor Napolitano, come “gloriosa lotta antifascista”, senza ripercorrere gli anni ’70 quando i “movimenti operai e studenteschi”, mentre imponevano il famoso 18 politico, reclamavano la continuazione della “lotta partigiana” tradita dagli accordi di Yalta…

    Si, ho visto di recente dei “marxisti” (per quanto può esserlo un pirla “militante” che non ha mai nemmeno sfogliato Il Capitale) strappare i libri di Salvini nelle librerie. Li ho visti anche mettere a ferro e fuoco a più riprese Milano scandendo slogan tipo “meno erasmus più immigrati”, o “jus soli subito”, “no alle frontiere” eccetera eccetera.

    Aggiungo, Gaia, che la schiavitù in epoca moderna, per esempio quella praticata nelle Americhe, vedeva gli Arabi procurare e fornire il prodotto, cioè gli schiavi, razziando i villaggi dei nativi e spostandoli a marce forzate (durante le quali la maggior parte moriva) verso le coste. I mercanti europei andavano a rifornirsi da loro. Questo produce uno dei tanti casi di ironia involontaria e inconsapevole quando un nero come Cassius Clay si converte all’Islam degli schiavisti che sequestrarono i suoi avi dai villaggi e assume il nome di battaglia di Mohammed Ali, magari lo stesso di uno di quei negrieri. Piccola considerazione accessoria: in Europa la schiavitù praticamente scomparve quando il Cristianesimo divenne Religione di Stato dell’Impero Romano, non grazie a nonno Marx e nonno Engels. Ancora oggi, si stra-parla di colonialismo, di privilegi “bianchi” e nessuno non-tanto-stranamente si ricorda quanto scritto sopra.

    Finisco dicendo che i “torti” non c’entrano una beneamata. Qui si tratta, come ho scritto in precedenza, di un falso senso di colpa aprioristico, tipo peccato originale, che serve a scardinare (tagliandogli metaforicamente le palle) la famosa “società borghese”, insieme a tante altre cose, per esempio la abolizione/sovversione dei “ruoli di genere”, la abolizione a ritroso di tutto il diritto (diritti e doveri) che si fonda sul Clan (o Gens), la ridefinizione di cosa sia un essere umano per ridurlo a prodotto che si può fabbricare e commercializzare, eccetera.

  12. E che libri erano? Adesso sono curiosa! E cosa facevano?

  13. Io penso questo: quello che era vero anni fa adesso è diverso. Anni fa, quando l’Italia si trovò interessata da un’immigrazione che non capitava, qui, da più di una dozzina di secoli, molte delle argomentazioni anti-immigrati erano esagerate o pretestuose. Si trattava di una migrazione più varia, in buona parte di giovani lavoratori, che non sembrava creare ghetti e portava molte cose nuove. Inoltre, l’economia andava bene (anche se l’ambiente no). Era tutto gestibile. Ora, arrivano migliaia, se non decine di migliaia, di persone al giorno, che non hanno quasi nulla da offrire se non manovalanza a basso costo e un ricambio genetico (c’è chi la vede anche in questi termini). Iniziano a verificarsi episodi inquietanti, l’economia è in contrazione e l’ambiente al collasso. Queste persone sono in gran parte uomini, sono mantenuti per lungo tempo, e spesso tengono comportamenti ostili. Cambiando le circostanze, cambia anche la mia percezione. Alcuni però o non vedono un cambiamento sostanziale, o non riescono a cambiare la prospettiva.

  14. Sei curiosa di cosa? Basta pigiare due tasti e fare una ricerca.
    Video su Corriere – libreria in Bologna

    Che poi sono gli stessi di simpatiche espressioni di esuberanza giovanile
    Nota il commento veramente spassoso: “Ne nascono degli scontri, con cariche e manganellate della polizia.” La bieca polizia cilena, come si vede chiaramente nel video.

    Scusa Gaia ma tu vivi non so dove in un contesto che presumo sia molto più rurale e periferico di quello dove vivo io. Io vivo in quella che fu l’area industriale del nord-Milano, lunghi viali costeggiati da fabbriche, nebbie, fumi, vita scandita dalle sirene. E palazzoni dove la gente rientrava la sera. Ogni tanto la sparatoria. Non c’è bisogno di nessuna “argomentazione”. La “argomentazione” è roba per i fighetta dei quartieri alti che le cose non le vivono in prima persona se non quando vanno a cercare la bamba dallo spacciatore ai giardinetti. O appunto, per chi vive in contesti cosi periferici e inerti che i cambiamenti sono questioni di millimetri e si guardano attraverso lenti molto molto spesse.

    Non penso che tu sappia davvero in cosa consista un ghetto o cosa significhi viverci dentro o accanto. Non soltanto, non credo che tu sappia cosa significa quando l’ecosistema descritto sopra, fabbriche e sirene, si trasforma in un deserto di edifici abbandonati. L’impatto devastante che ha l’immissione di MILIONI di immigrati, cioè forza lavoro non qualificata, in un cataclisma del genere.

    Io non voglio fare della sociologia perché non sono il sopracitato fighetta che guarda le cose dall’attico in centro. Ti dico due cose solamente: quando esco di casa a fatica incontro un italiano, da ragazzo, pur vivendo nella periferia dura, non mi preoccupavo che mi rubassero la bicicletta. Adesso vado al parco e trovo tanti giovanotti africani con una cinquantina di mountain bike appoggiate, TUTTE RUBATE, lo sanno tutti e si lascia fare perché è una tassa implicita che dobbiamo pagare per via del “colonialismo”.

    E mentre guardo il parco di biciclette rubate, mi suona in testa la voce del neo-sindaco di Milano, tale Sala “dettobeppe”, che dichiara di volere portare coi soldi del Comune il barcone ripescato dalla Sicilia al cimitero milanese, per farne un museo dell’olocausto dove portare le scolaresche (vedi lavaggio del cervello in tenera età) perché “anche i nostri cimiteri devono essere aperti al mondo”. Ripeto, i cimiteri di Milano devono essere aperti al mondo. E i Milanesi con lo sguardo ebete, plaudono. Poi gli sale la pressione quando gli ciulano la bici per la decima volta ma dura dieci secondi, poi scatta la valvola di sicurezza e torna lo sguardo ebete.

    Un’altra cosa: in precedenza ho descritto il fenomeno delle leve per scardinare la “società borghese”. Non è affatto vero che c’è stato un “prima ingenuo” e che adesso c’è il “dopo del troppo che stroppia”. E’ stato tutto freddamente pianificato ed eseguito. Sono cambiati gli slogan della propaganda secondo una certa traiettoria. All’inizio si puntava sul “solidale furbo”, cioè la fandonia de “senso di colpa” ma anche “pagheranno le nostre pensioni” e de “fanno i lavori che noi non vogliamo fare”, poi quando p diventato troppo stridente il contrasto tra “pagheranno – faranno” e le fabbriche abbandonate di cui sopra, e gli Italiani che frugano nei cassonetti, la propaganda ha inventato i “profughi” e ha cominciato ad usare indifferentemente, come sinonimi, “migrante” (sottointeso che non viene per restare), “profugo” (sottointeso che abbiamo il dovere di dargli asilo) e “rifugiato” (sottointeso che qualsiasi sia la sua condizione, ipso facto è italiano – per via del participio). Tutto il resto si è mosso di conseguenza. I primi tot milioni sono stati mimetizzati nelle periferie e riciclati come pizzaioli, idraulici, muratori, addetti alle pulizie, tutto in nero, tutto nascosto dietro una serie di paraventi ILLEGALI (compresa la signora Kyenge), dalla Caristas alle Coop. Poi si è cominciato con il vitto e alloggio e stipendio in strutture protette, campi sportivi, caserme (sono quelli delle mountain bike), adesso si comincia a parlare di requisizione delle case sfitte e di “lavori socialmente utili”.

    Non importa come o a che prezzo, perché banalmente lo scopo ultimo è disgregare l’Italia (in alto stanno provvedendo ad annullare Costituzione e Parlamento) e sostituirci come “etnia” (sorvoliamo sul concetto), ripopolando l’Italia di stranieri che poi al secondo e terzo giro diano il vita ad una popolazione idealmente meticcia con istinti auto-distruttivi che realizzino il vecchio trucco del “divide et impera”. Cosa dice il capoccione francese quando un “nuovo francese” schiaccia cento persone con un camion invocando la jihad? Dice che è normale, che ci dobbiamo abituare.

    A cosa ci dobbiamo abituare?

  15. Se a qualcuno può interessare, segnalo un approfondimento sulle indagini di cosa sia successo (davvero) a Colonia la notte di Capodanno. Realtà e web non sempre s’incontrano, a mio avviso.

    Relativamente ai valori positivi che pure esistono nelle culture differenti dalle nostre, e dalla cui interazione è possibile un arricchimento per i popoli del nord-Europa, segnalo invece il documentario La teoria svedese dell’amore di Erik Gandini, che a mio parere andrebbe guardato quale esempio di cosa comporti la cieca e sistematica attuazione (qualità in cui gli svedesi eccellono notoriamente) di politiche incentrate sulla valorizzazione di un numero limitato di valori che non esauriscono la complessità dell’esistenza umana.

    Relativamente al perentorio «taci!» della tua amica, ti offro una chiave di lettura differente: se stimi molto una persona per le sue qualità intellettive, ti risulta insopportabile un suo (a tuo parere) svarione banale. Se io stono mentre canto sotto la doccia, ciò è infinitamente più sopportabile di una stonatura in una fino ad allora impeccabile esecuzione di Placido Domingo; analogamente, le imprecazioni per il rigore sbagliato dell’idolo calcistico non sono nulla in confronto a quelle rivolte al giocatore molto meno dotato tecnicamente (di solito i calciofili dicono: me lo sentivo che lo sbagliava!, mentre nel primo caso fanno scendere tutto il paradiso in terra). Se tu parli ad una persona che ti stima molto e che al contempo ha molto a cuore per una qualche ragione le sorti del popolo siriano – ad esempio – e qualche giorno prima ha visto/letto un documentario sull’uso delle barrel bomb ad Aleppo o ha visto il filmato (ce ne sono tanti in rete) che mostra alla camera dal proprio smartphone uno dei profughi siriani protagonisti del documentario di Gandini, e di fronte alla evidente (e immorale) sproporzione tra le parti in conflitto si sente dire da te che la cosa giusta da fare per i profughi siriani sarebbe stare lì a difendersi, credo subisca la stessa emozione che subisce il tifoso guardando il proprio idolo sbagliare il rigore. Solo che la star del calcio è dall’altra parte dello schermo a centinaia di chilometri di distanza e non può sentirlo, mentre tu invece eri lì presente. (P.S.: ovviamente non scrivo ciò per giustificare il comportamento, ma per suggerire una *possibile* spiegazione dello stesso, aldilà di ogni giudizio etico o morale. Ripeto: suggerire ≠ giustificare).

    A mio avviso, il problema della mancanza di un confronto pacato sul tema immigrazione, dipende dal fatto che esso tocchi molti tasti sensibili dal punto di vista politico/etico/morale (e infatti proprio per questo è usato dai politicanti per stuzzicare le pance dell’elettorato di destra e di sinistra); se a ciò aggiungi i pregiudizi che una persona manifesta nei confronti dell’interlocutore, il risultato dell’equazione è facile da determinare. Noto spesso che un po’ dovunque non si cerca di capire/ripercorrere il pensiero dell’altro, ma, dopo averlo ascoltato (nei casi più fortunati!), si comincia sistematicamente a questionare su aspetti minori del suo dire, per dedurre dopo qualche minuto delle macro-categorie (ma allora sei di destra, sei di sinistra, sei razzista, sei leghista, non conosci questo, non hai mai visto quest’altro, etc.) in cui riassumere la tesi dell’interlocutore, per passare all’inevitabile diverbio finale. Purtroppo i media per sensazionalismo fanno la stessa cosa, mostrando immagini di bambini mutilati, annegati o di terroristi tagliatori di gole; e quella che un tempo doveva essere la parte intellettuale del paese, assimilabile ad un moderatore in un civile confronto dialettico – indispensabile per cercare di diffondere nel paese i valori dell’ascolto e del confronto – in Italia a mio avviso non esiste più. Però abbiamo Facebook, Whatsapp, Twitter, gli i-Cosi e Renzi, e quindi non possiamo che essere proiettati verso un futuro radioso di consumo e di ripresa. Perciò… io sto in una botte di ferro e non mi preoccupo.

    Buona domenica a tutti,

    mk

  16. Michele: non credo fosse questo il caso, ma capisco quello che dici. Per me però è vero il contrario: se, dopo tutto quello su cui ho riflettuto, quello che ho visto (ti ripeto: in Friuli NON CI SONO siriani, nessuno li ha visti, i dati e i miei occhi dicono che ci sono solo quasi solo afghani e pakistani che cazzeggiano in giro, e comunque non ci sono nè bambini, nè donne, nè vecchi), dopo la distruzione ambientale dell’Italia, la crisi economica, la disoccupazione giovanile, la lotta partigiana, mi sento dire che siamo sottopopolati e abbiamo bisogno di più migranti… mi cadono le braccia. Tutti ci sentiamo delusi quando qualcuno che stimiamo non vede quello di cui siamo convinti: alle volte, però, può darsi che se gli diamo la possibilità di esprimerci scopriamo che magari ha ragione. Questo vale in entrambi i casi: preferisco sentire cose che non condivido che impedire a una persona di esprimersi.
    Riguardo alle immagini di bombardamenti eccetera, come ho già scritto io prenderei i bambini siriani, ma solo loro e solo temporaneamente, però ti dirò che conosco gente che ha preso le bombe durante la Seconda Guerra Mondiale, che ha visto morire i genitori davanti agli occhi, e non l’ho mai sentita dire che qualche altro paese avrebbe dovuto accoglierli o che i loro mali erano colpa di qualcun altro. O ha fatto qualcosa, o ha aspettato che finisse il conflitto e appena finito era ancora qui a ricostruire il paese. Mi dispiace: mi possono far vedere tutti i bambini che vogliono, e io ci soffro e mi dispiace e mi chiedo cosa posso fare io per loro e in che modo le mie azioni hanno un ruolo in questo, ma la mia opinione non cambia.

  17. Ho letto l’articolo sui fatti di Colonia. In che modo la realtà è diversa da quanto viene raccontato? A me pare che la storia che è stata inizialmente raccontata resti vera e venga via via confermata. L’articolo, piuttosto, mi sembra faccia acrobazie piuttosto inquietanti: volevano “solo” rubare (ah, meno male), se li avessimo integrati questo non sarebbe successo (ma l’articolo dice che Colonia ha accolto migranti e profughi nel modo migliore possibile, descrivendo i centri come quasi degli alberghi), anche gli europei molestano (e quindi ben vengano ulteriori molestatori), eccetera. Tra l’altro, persino l’articolo parla di una volontà di mettere a tacere questi fatti per non mettere in difficoltà la Merkel. Anche questo è abbastanza inquietante. Ti dirò di più: diverse donne, alcune anche molto aperte, mi hanno confessato di aver paura adesso. Siamo tutti paranoici, o la situazione sta diventando insostenibile?
    Michele, anche a me è capitato di non voler accettare certe cose, di avere delle idee che ero convinta fossero giuste (perché me le avevano trasmesse persone di cui mi fidavo, o perché si allineavano ai miei principi). Continuavo a sentire versioni discordanti, ma trovavo sempre il modo di tararle, moderarle, non crederci… finché erano troppe. Allora ho deciso che volevo essere il tipo di persona che non chiude gli occhi davanti alla realtà. A costo di deludere chi mi stima.

  18. Nell’articolo di cui sopra c’è solo una riga che conta, questa:
    “A Colonia un terzo della popolazione è di origine straniera e la metà dei nuovi nati è in famiglie di immigrati.”

    La conclusione logica è che i Tedeschi e le Tedesche hanno trovato, trovano e troveranno quello che stavano cercando. Lo stesso vale per gli Italiani,

    Io trovo veramente incredibile che esistano persone che possano scrivere cose come “i valori dell’ascolto e del confronto”. Eppure esistono. Gente che è completamente scollegata dalla realtà, che vive dentro una simulazione.

    Dai Gaia, in questa apocalisse c’è una nota positiva, ti sei svegliata dentro il tuo bozzolo di Matrix. Meglio tardi che mai. Adesso però smettila di chiederti perché i tuoi “amici” che hanno ancora il cavo collegato non ti vogliono bene come prima, quando eravate tutti dentro la stessa simulazione.

    Hai preso la pillola rossa.
    Devi cercare quelli che sono liberi.

  19. Ovviamente non volevo sostenere di avere una specie di monopolio sulla realtà. Semplicemente che c’erano cose a cui non volevo credere perché contrastavano con i miei principi, ma poi a forza di prove e riflessioni ho cercato di inglobarle nella mia visione del mondo.

  20. @Gaia: La novità dell’articolo sui fatti di Colonia è che smentisce abbastanza chiaramente le ipotesi complottiste ribadite con insistenza dall’articolo segnalato da Mauro (Mauro, grazie per la condivisione), così come le prime notizie diffuse che le violenze fossero state perpetrate da immigrati appena entrati in Europa (erano quasi tutti in Germania da almeno un anno, se la memoria non mi inganna). Il resto ovviamente – e tragicamente – non cambia.
    A me dispiace l’uso strumentale che se ne fa: io ho parenti che vivono a Monaco e mi raccontano che durante l’OktoberFest il numero di denunce per violenze e aggressioni nei confronti delle ragazze da parte di coetanei provenienti da tutta Europa esplode, però è qualcosa a cui tutti in qualche modo si sono abituati (sai, quei luoghi comuni tipo: a Napoli ti scippano nel centro storico, a Monaco ti molestano all’OktoberFest perché sono tutti alticci, a Milano se hai un malore in metro nessuno ti soccorre, etc.) e nessuno si sogna di parlare di “swarm attack” o “terrorismo sessuale coordinato via web”. La verità è che la tanto celebrata organizzazione tedesca ha fallito perché ha sottostimato il numero di agenti, e molti uomini (tra cui purtroppo anche teppisti tedeschi in microscopica parte) si sono sentiti autorizzati ad assaltare le ragazze che scendevano in strada per festeggiare. Il problema da evidenziare – a mio avviso – da parte dei media non era quello del «terrorismo diversificato gestito dall’ISIS via web» come pure mi è capitato di leggere, ma quello (vecchio e stravecchio) di mancata integrazione e del rispetto della donna: hai un cospicuo numero di giovani uomini lontani dalle compagne da anni, disinibiti dall’alcool e dal fumo (altro che integralismo o ISIS!) , e col mito delle nordiche dal sesso facile che ti passano ancheggiando davanti in minigonna. Il loro comportamento mi fa vergognare prima come uomo e poi come cittadino, così come quando vedo in rete i video girati da ragazze in minigonna che vanno in giro con la telecamera nascosta in piena mattina (anche a Roma) e vengono apostrofate con epiteti abbastanza pesanti. E’ ovvio che se hai tanti migranti assieme in strada c’è *sempre* un problema di ordine pubblico (così come succede quando ci sono tanti ultrà, oppure tanti manifestanti antagonisti), però da qui al terrorismo sessuale ce ne vuole. A mio avviso, erano solo uomini che avevano dimenticato di essere uomini e si erano trasformati in bestie – non terroristi – utilizzando lo stesso meccanismo delle violenze di branco che avvengono un po’ dovunque. Quindi focalizziamoci su questo problema, non sul «terrorismo sessuale».

    Il problema dell’immigrazione è drammaticamente reale. Parlando con i miei amici immigrati e con qualcuno più addentro di me nell’ambiente della mediazione culturale, mi sono fatto l’idea che non vedi molti siriani perché seguono percorsi alternativi come profughi di guerra, e finiscono in centri speciali, nelle case famiglia, e così via; i nuclei familiari vengono tenuti uniti e i minori non accompagnati indirizzati in contesti protetti (fortunatamente, almeno questo riusciamo a farlo). Di solito transitano da noi e vanno in nord-europa, perché lì hanno più benefit. Quella che noi comuni cittadini intercettiamo, è l’immigrazione classica cominciata negli anni scorsi, e che continua sempre allo stesso modo: la maggioranza sono uomini, perché nelle loro culture le donne e i bambini restano a casa – e quelle poche sventurate che pure partono, di solito non sopravvivono durante il viaggio (pensa alla preghiera di ringraziamento del nigeriano in “Fuocoammare”), oppure vengono trattenute a metà strada tra prostituzione e/o schiavitù. Se ci pensi, queste persone sono solo mercanzie su cui lucrare, da parte dei trafficanti. A me quello che sconvolge quando parlo con loro (i migranti), è che stimano così certa la possibilità di avere un brutto destino in patria, anche se non vi sono conflitti ufficiali, che preferiscono tentare la sorte della traversata in relitti ambulanti (e nel caso dei nigeriani anche la traversata del Sahara e, di solito, almeno un anno di carcere in Libia), pur di arrivare qui, dove credono di avere molte più chance. Per cui, facendo il parallelo con tanti nostri connazionali che, pur non avendo gli stessi loro problemi, emigrano comunque all’estero per migliorare la loro aspettativa di vita, il loro comportamento mi pare abbastanza comprensibile dal loro punto di vista.

    Vorrei tanto che se ne parlasse in modo pacato, ma questo non succede mai, perché – come hai avuto anche tu modo di sperimentare su questo blog – ogni volta che qualcuno cerca anche solo di capire, viene subito etichettato come pro-immigrati o contro-immigrati, e insultato di conseguenza dalla parte opposta. Per me il problema resta lo stesso: fino a quando le pessime condizioni in cui vivono qui da noi restano sempre migliori di quelle che hanno in patria, non ci sarà verso di convincerli a non migrare. E non parlarmi di loro incapacità di autodeterminazione/autogoverno, perché ogni volta che si scelgono un governo che non piace a noi occidente (vedi Afghanistan, Libia, Egitto, Palestina, Siria, Iraq), c’è sempre qualcuno che va a portare loro un po’ di democrazia a base di esplosivo, e si ricomincia daccapo. Da programmatore, ti dico che se non crei una soluzione che sia tale anche per l’altro, e non vada bene solo a te, il problema non lo risolvi mica. Ti si ripresenta dopo un po’ più complesso e più urgente.

    Se qualcuno ti dice che siamo sottopopolati e abbiamo bisogno di più migranti, beh spediscimelo qui a Napoli che gli faccio fare un giretto dove incontrare un napoletano è veramente improbabile, e poi un altro giretto in periferia per mostrargli quanto siamo pochi. Da qualche anno scelgo le mie mete di vacanza in misura inversamente proporzionale alla densità abitativa, perché non ce la faccio più a stare immerso nel rumore, nella confusione e nella folla. Ma queste persone dove campano, nelle baite di Heidi? Beate loro.

  21. Sì, appunto. Me l’ha detto una ragazza che non è italiana e vive (morigeratamente) in un minuscolo paesino alpino. Mi ha offeso anche perché nega un dramma del mio paese, probabilmente non conoscendolo, generalizzando un’esperienza estremamente minoritaria che è quella di un luogo depopolato (rispetto a una condizione di sovrappopolamento precedente).
    Riguardo a Colonia, la maggior parte pare fossero arrivati negli ultimi due anni, quindi io direi da poco. Il fatto poi che abbiano partecipato (se non erro) anche uomini presenti da molto tempo dimostra quando sia difficile la cosiddetta “integrazione” (che sicuramente in alcuni casi funziona). Ma qui si apre un’altra questione: se il problema è solo scappare dalla guerra, perché dobbiamo integrare queste persone, insegnargli la lingua, trovare un lavoro… non sarebbe più logico tenerle al sicuro finché la guerra non finisce, e poi farli tornare in patria (così, se uno crede in questa logica, da lasciare posto a futuri eventuali bisognosi)?
    Per me la fuga dalla guerra è solo una scusa. Comunque, i siriani qui proprio non ci sono: purtroppo non ho sottomano la fonte, ma la quasi totalità sono afghani e pakistani, lo dicono anche i dati.
    Riguardo al complotto, l’articolo dice che una parte dei giovani “si sarebbe organizzata in bande con l’intento di intimidire e derubare i passanti”, e che lo dimostrano i messaggi che si sono scambiati. Quindi una qualche forma di complotto c’era – e direi che l’organizzazione in bande per rubare e intimidire non mi sembra molto rassicurante. L’articolo che ho linkato riporta avvertimenti sia di associazioni hindu e sikh britanniche sia di misteriose intelligence riguardo alla probabilità che qualcosa del genere si verificasse; il fatto che queste azioni siano avvenute in contemporanea anche in altre città è quantomeno sospetto.
    Che ci siano molestie anche all’Oktoberfest non migliora la situazione: se già hai da affrontare un problema del genere, perché aggravarlo ulteriormente? Qui non è questione di stabilire quali siano gli uomini più molesti del mondo, ma di decidere se sia il caso di esporre le donne tedesche ed europee ad un pericolo ulteriore.
    Riguardo al partire o restare, non ripeto cose già dette perché mi pare siano chiare le nostre differenze di posizione. Ribadisco solo una cosa: se l’andarsene fosse così inevitabile come dici tu, com’è mai stato possibile che così tante persone e così tanti popoli in passato e tutt’ora preferiscono resistere e rischiare la morte che scappare? La risposta per me è semplice: si può sempre scegliere.

  22. Gaia, non ci capiamo.

    La “realtà”, cioè le quantità fisiche, le cose tangibili, consiste nel fatto che un terzo degli abitanti di Colonia non è tedesco. Quindi la SOSTITUZIONE è già avvenuta, Colonia non è più Germania.

    Possiamo smettere con le panzane sulla “accoglienza” dei poveri profughi e l’ascolto e il dialogo. Un terzo non è più una “minoranza” che implica “integrazione. Non c’è integrazione, c’è sovrapposizione di usi e costumi allogeni sopra quelli autoctoni. Ci siamo, a forza di balle hanno tenuti tutti buoni e tranquilli fino ad arrivare al fatto compiuto e irreversibile.

    Adesso conviene cominciare a discutere di che vita ci aspetta domani e dopodomani. Non so, potremo smettere con l’inglese e attaccare con l’arabo.

  23. Sicuro che “si può sempre scegliere”?
    Io non lo sono: If I close my eyes.
    Io, a queste persone, di guardarle negli occhi e dire loro che avrebbero dovuto restare in patria, non ci riuscirei proprio. Così come non ci riesco con i miei amici immigrati, la cui unica colpa è essere nati nel posto sbagliato nel momento sbagliato.

  24. Certo che si può scegliere: se uno ti punta una pistola alla testa e ti dice di fare qualcosa (la classica definizione di “costretto”) puoi sempre scegliere di farti sparare. È una scelta, per quanto estrema.
    (Non posso vedere video da questa connessione)
    Ci sono persone che alla nascita sono più fortunate di altre. L’unico modo per evitare che sia così (geni a parte) è lottare per un mondo più equo, tutti assieme. Non si tratta di fare la predica ai singoli immigrati, ma di cambiare tutta la retorica imperante. L’immigrazione individuale è un’espressione dello stesso individualismo e familismo che lamentiamo nelle nostre culture, il si salvi chi può, il penso a me e ai miei e della società chi se ne frega (come ho sentito dire da molte persone, e non parlo di stranieri!). E non sto dicendo che ogni singola migrazione sia sbagliata (lungi da me), solo che finché accettiamo l’idea che il valore unico sia la soddisfazione individuale, il mondo non potrà migliorare. Ti ricordo che se noi stiamo meglio non è solo per fortuna, ma anche perché qualcuno è morto e ha sofferto perché fosse così, e coloro che sono venuti dopo hanno cercato di mantenere le sue conquiste. Se noi abbassiamo la guardia le perdiamo, e allora la nostra colpa non sarà di essere nati nel posto sbagliato nel momento sbagliato ma di non aver fatto abbastanza per salvare quello che avevamo.
    I paesi cambiano, anche molto rapidamente, in meglio e in peggio e in meglio per alcuni e in peggio per altri. Io cerco di fare la mia parte per il mio paese, e di sostenere, per quello che posso, chi fa altrettanto per il suo. Ribaltando la questione che tu poni: non è colpa mia se sono nata in Italia, e non posso dimostrare sacrifici grandi tanto quanto quelli che chiederei ad altri. Per ora, per lo meno.

  25. Lorenzo: può darsi che agli abitanti di Colonia questo vada bene. Io non sono contro l’immigrazione a priori, sono per la libertà delle comunità di scegliere se e quanta riceverne.

  26. A me degli abitanti di Colonia e sopratutto delle donne di Colonia che piangono perché sono molestate ma non sono “contrarie a priori”, NON IMPORTA NULLA. Dubito che gli vada bene ma come scrivevo sopra, trovano quello che cercano.

    Osservo i fatti.
    I fatti sono che quando importi un numero abbastanza grande di stranieri, che non sono Polacchi o Francesi, quindi relativamente assimilabili ai Tedeschi ma sono Africani o Asiatici e non hanno niente in comune con la popolazione indigena, il risultato non è la manfrina ossessiva e ridicola della “integrazione” ma in una prima fase la separazione e nella seconda fase, quando i nuovi venuti diventano la maggioranza in virtù della demografia, la sovrapposizione a forza degli usi e costumi importati su quelli nativi.

    Questi fatti sono importanti perché a casa mia succede lo stesso. Io non vivo in un casolare in mezzo ai monti, vivo in una megalopoli (per quanto può esistere in Italia) dove il cognome più comune non è “Rossi” ma “Hu”, quello che dichiarano i Cinesi all’anagrafe. Quando esco di casa io vedo qualcosa di simile a questo:
    Capolinea di San Donato
    Tutti i giorno che Dio mette in terra, non cosi, una tantum.

    Se dei Tedeschi di Colonia alla fine mi importa sega, comincia invece ad importarmi se succede a casa mia e IO NON POSSO FARCI NIENTE, non solo perché non posso nemmeno votare, se potessi votare non cambierebbe nulla ma sopratutto perché se provo a esprimere un qualsiasi dissenso rispetto ai “luoghi comuni” del cosiddetto “mainstream” vengo immediatamente etichettato come troglodita o pazzo criminale dai miei stessi concittadini.

    Non ho il diritto di reclamare la mia terra perché è di tutti. Pago le tasse ad uno Stato che non ha più senso di esistere. Parlo una lingua che nella piazza principale del mio Comune alla sera non parla nessuno.

    Cosa caspita significa “non sono contro l’immigrazione a priori”?
    Vuoi essere contro a posteriori? Mi sembra un’ottima idea, davvero.

    Vogliamo giocare con le parole? La “immigrazione” dovrebbe in teoria essere soggetta da una parte alle leggi dello Stato (quindi deve esistere uno Stato) e dall’altra alla domanda di mano d’opera. La prima condizione prevede che per entrare in Italia e per soggiornarvi tu debba chiedere i relativi permessi.La seconda condizione significa che per ottenere questi permessi deve esistere una domanda del tuo lavoro.

    La “immigrazione” REALE invece significa che chiunque può decidere di andare e venire senza rendere conto ad uno Stato che non deve più esistere perché gli stati nazionali devono essere smantellati e qualsiasi essere umano ha esattamente gli stessi “diritti” della popolazione nativa.

    Tutte le scuse, da quella “cinica” del “sono risorse – pagheranno – lavoreranno” a quella melodrammatica de “profughi che fuggono”, vengono immediatamente smascherate come menzogne appena ti imbatti nel fatto che le “autorità” spostano gli immigrati di notte per non farceli vedere e un bel momento scopri che ce ne sono centinaia che vivono a spese tue alloggiati in qualche edificio ecclesiastico, una caserma eccetera. E te li trovi sotto casa a fare capannelli ascoltando la musica con l’iPad e le biciclette rubate. Ti tocca pure leggere che il tale capoccione propone di dargli dei “lavoretti” da fare perché senno si annoiano, oppure di assumere decine di migliaia di “mediatori culturali” che gli insegnino la lingua (storpiata, semplificata, il gergo dei porti di mare) e un mestiere (tanto per dire, visto che il Bomba dice nella stessa frase che l’Italia è ripartita ma sta diventando un deserto).

    Gaia, sto sprecando tasti. Un bel momento ti renderai conto che gli immigrati non sono qui per caso e nemmeno per eventi epocali, sono qui perché sono un’arma. Lo scopo di sostituire la popolazione di Colonia o di Milano con gli immigrati è quello di smantellare, cancellare, la Germania e l’Italia, ridurle alle proverbiali “mere espressioni geografiche”.

    Continuo a chiedertelo, a chi giova?
    Chi può volere la cancellazione dei Tedeschi e degli italiani (o dei Francesi o degli Svedesi, ecc)?

    Io non ho “amici immigrati”.
    Ma sopratutto non ho amici che hanno amici immigrati.

  27. “Ti ricordo che se noi stiamo meglio non è solo per fortuna, ma anche perché qualcuno è morto e ha sofferto perché fosse così, e coloro che sono venuti dopo hanno cercato di mantenere le sue conquiste. Se noi abbassiamo la guardia le perdiamo, e allora la nostra colpa non sarà di essere nati nel posto sbagliato nel momento sbagliato ma di non aver fatto abbastanza per salvare quello che avevamo.”
    Assolutamente d’accordo con Gaia! Devo preoccuparmi? Forse non sto bene…..chiamo il medico!! 🙂
    Scemenze a parte vi propongo un punto vi vista abbastanza qualificato sui fatti di Colonia e l’integrazione in Germania. Certo è un punto di vista di un singolo, un sociologo siriano-tedesco, e non si adatta a tutte le situazioni, ma almeno ci fa riflettere su come le nostre categorie analitiche di europei non ci aiutino a interpretare sempre correttamente la situazione, specialmente se deformiamo le realtà a causa di sensi di colpa derivanti dal nostro passato (per i tedeschi, ovvio, il nazismo) e con il principio di non responsabilità.
    L’articolo originale, molto ricco di spunti, è solo in crucco:
    http://bazonline.ch/ausland/europa/diese-maenner-denken-deutsche-frauen-sind-schlampen/story/22916308
    ma se ne trova una sintesi anche in inglese:
    http://www.breitbart.com/london/2016/08/05/professor-arabs-migrate-women/

  28. @Gaia: mi dispiace che tu non sia nelle condizioni di vedere i documentari, che ti avevo segnalato proprio perché mostrano persone che condividono in parte le tue opinioni. Quello sui profughi siriani in Libano (il secondo) mostra persone il cui unico desiderio è quello di ritornare in Siria nelle proprie case, e iniziare la ricostruzione del proprio paese. Persone che sono dovute scappare dalla guerra non per timore dei bombardamenti (molti hanno perso figli uccisi mentre andavano a scuola o al mercato proprio perché non volevano separarsi dal loro paese), ma perché sono state sfollate, e l’unico modo di provvedere a tutta la famiglia (la solidarietà di cui parli) è quello di tentare una sistemazione precaria in un altro stato (in Libano molti bambini siriani non hanno accesso all’istruzione e sono sfruttati dai datori di lavoro locali che li fanno lavorare, ma non li pagano, pur dovendo loro sostenere intere famiglie, avendo perso in molti casi uno o entrambi i genitori). Che scelta ha un uomo con moglie e figli in una situazione del genere? Abbandonarli al loro destino di stenti per morire eroicamente di nuovo in Siria, o cercare di provvedere ai sopravvissuti della sua famiglia in Libano? Quelle non sono appunto società individualiste (e benestanti), in cui ci si può concedere il lusso di lasciare i propri familiari alle spalle per andare a combattere guerre per un proprio convincimento individuale; ma posti dove il primo dovere di ogni membro della famiglia è quello di provvedere agli altri, e la cui sopravvivenza si rimette in discussione settimana dopo settimana.
    Nessun padre/madre dotato di uno scampolo di senso di genitorialità biologica lascia trucidare i propri figli pur di non lasciare il posto in cui vive, se ha la possibilità di fuggire. Per questo, che ci piaccia o meno, profughi e migranti esisteranno sempre, fino a quando ci saranno guerre e sopraffazioni. E certo loro non sono contenti di diventarlo.

  29. mk: “la cui unica colpa è essere nati nel posto sbagliato nel momento sbagliato”
    Attenzione a questo ragionamento, perché ha un corollario del quale per qualche strana ragione ci si dimentica sempre: quando uno nasce in un certo luogo e in un certo tempo, è in quello stesso luogo e in quello stesso tempo che c’è sempre una coppia di responsabili. Io non ho responsabilità alcuna per le scelte riproduttive altrui, e nulla conta che quell’altrui sia Italiano o di chissà dove.

  30. Durante le ricerche per un mio libro ho letto molte lettere di partigiani, spesso rivolte agli stessi figli che avevano abbandonato per combattere. La lotta partigiana era anche per loro. Non direi che gli mancasse genitorialità biologica, anzi: direi che è offensivo suggerire che fosse così. Ogni caso è diverso, ma se pensi a mettere solo in salvo i tuoi figli senza preoccuparti di creare un mondo migliore per loro e per i figli degli altri, io, Gaia Baracetti, espressione di una cultura ma anche di un’esperienza personale, non ti voglio aiutare. Questo perché i miei valori sono così e perché la libertà che tu ora vuoi (quella europea) è stata creata proprio perché uomini e donne che avevano figli hanno preferito sacrificarsi per loro che scappare. Non puoi volere i frutti di quella lotta senza accettarne i principi. Troppo facile. Noi abbiamo fatto la nostra resistenza (no, non è bastata da sola a vincere, ma l’abbiamo fatta): che gli altri facciano la loro.
    Senza contare che molti profughi di figli continuano a farne prima di aver stabilizzato la loro posizione. Se il valore massimo fosse proteggerli, perché farli nascere in transito o nei campi?

  31. Mauro: ho letto l’articolo e poi controllato le credenziali del professore, che mi sembrano a posto. Tanto nessuno gli darà retta.
    Io penso che stiamo facendo un errore simile a quello che fecero gli indigeni delle Americhe quando incontrarono gli europei: non capire la loro visione del mondo, le loro intenzioni e il loro contesto; presumere che fossero gli stessi delle società riceventi (quelle indigene). Davano quindi un significato diverso a ogni accordo, a ogni atto, a ogni nuovo sviluppo. Questo gli è costata la sopravvivenza come culture e come persone. Forse noi non rischiamo così tanto, ma dati i meri numeri temo sia così.

  32. Ugo: secondo il tuo ragionamento, quindi, non esiste società ma solo famiglia nucleare?

  33. Comunque, la storia dei profughi che aggrediscono persone o cose perché non soddisfatti delle condizioni che trovano l’ho già sentita, anche da gente che ci lavora. Ma è colpa nostra: dovevamo integrarli ancora di più!

  34. Sono usciti gli ultimi dati dell’Istat: il saldo naturale è negativo, il saldo migratorio è positivo, come sempre ormai. In questo senso sì, c’è una lenta sostituzione della popolazione italiana. Ovviamente essere “italiani” (o romani, friulani, valsusini, ecc) non è solo una questione genetica, anzi: alle volte chi non è nato in Italia ne conosce meglio la cultura (le culture) di chi è nato qui. Inoltre, le culture evolvono naturalmente. Io penso che sia una questione di velocità del cambiamento: quando è molto rapido, è più difficile mantenere una cultura.
    Mi rattrista soprattutto che il fortunato fatto della bassa natalità italiana viene completamente annullato. In un certo senso, ci stiamo sacrificando per peggiorare la situazione anziché migliorarla.

  35. Io non mi sto sacrificando, non ho scelta, tutto quello che capita mi viene imposto con la forza.

  36. Come dicevo, si può sempre fare qualcosa, o almeno provarci. Anche tu hai delle possibilità di azione; se ti unisci ad altri, ancor di più.

  37. @gaia: Non puoi comparare situazioni così diverse. Di libri e lettere di partigiani ne ho lette anche io, e solitamente sono persone che decidono di lasciare i familiari – che comunque hanno una casa e spesso anche un minimo di sostentamento – e darsi alla montagna. C’è chi è perseguitato dai fascisti, chi è già stato in carcere, chi decide di farlo spontaneamente, ma lasciano i familiari più o meno al sicuro, oppure li affidano a parenti lontani o ai vicini.
    Il dottore siriano che apre il documentario – giusto per intenderci – racconta di aver svegliato i figli in piena notte (proprio perché non erano voluti andare via prima) sotto un bombardamento e di essere fuggito con loro senza aver portato con sé nulla eccetto la sua laurea (i figli escono addirittura in pigiama, uno l’aveva perso qualche settimana prima di ritorno dall’università).
    Noi continuiamo a leggere quelle realtà, come faceva ottimamente notare Mauro, filtrandole attraverso la nostra storia e la nostra cultura, mentre quello che sta avvenendo oggi è – a mio avviso – completamente diverso. Non credo di sbagliare, quando dico che il 98% delle persone fugge, quando attorno crollano le case sotto un bombardamento. L’abbiamo fatto anche noi, mi sembra una cosa così naturale da non mettere neppure in discussione. Non ci troviamo di fronte a persone sedute comodamente a tavolino che ponderano: «mi unisco o no ai ribelli? Scelgo le brigate di Ba’ath o il Fronte Islamico?», ma persone che da un giorno all’altro si ritrovano il quartiere in cui vivono preso di mira dall’aviazione e raso al suolo senza preavviso. Che fai, dici alla tua famiglia: moriamo tutti per dimostrare che amiamo la Siria e perché in fondo negli altri paesi non siamo tanto graditi, oppure prendi l’essenziale per garantirti il minimo di sopravvivenza e fuggi via? A mio avviso, un qualunque essere umano dotato di un minimo senso di genitorialità agguanta i figli e si porta al più sicuro possibile. Spero tanto che nessuno di noi si trovi mai nelle loro condizioni; sinceramente mi fa un po’ di tristezza assistere a come dimentichiamo in fretta episodi che pure ci sono capitati abbastanza recentemente (Napoli è stata la città italiana più bombardata durante l’ultimo conflitto mondiale; decine di migliaia di civili uccisi e quello che ora avviene in Siria o in Palestina qui sembra che accada soltanto ‘nel televisore’)

  38. Se escludiamo il Diluvio Universale, esiste una sola azione possibile: fare in modo che la gente si scolleghi da Matrix.
    E’ quello che provo a fare qui.
    Io ti leggo e, nonostante tu sia un caso fortunato di persona che ragiona con la sua testa o almeno ci prova, vedo che ci sono ancora mille mila riflessi condizionati per cui se si preme “X” tu fai “Y” e io posso anticiparlo perché è uno stereotipo.
    Tutto attorno a te ci sono persone, la stragrandissima maggioranza, che esistono solo tramite riflessi condizionati, automatici. Sopra queste persone robotiche c’è l’apparato, con i suoi strati di scagnozzi, caporali, marescialli, generali, eccetera, che investe risorse inimmaginabili per condizionare le persone dalla nascita e per tutta l’esistenza, in modo che diventino degli automatismi.

    Quindi il problema è trovare “altri”, le incredibili eccezioni sfuggite all’apparato. Mi guardo attorno e non ne vedo. Magari esistono, come gli alieni ma siamo separati da distanze siderali. Oppure esistono ma si nascondono per non essere vivisezionate.

  39. Gaia, la “famiglia nucleare” è una associazione di individui, alcuni dei quali hanno scelto di crearla mentre altri se la sono ritrovata nel momento in cui sono stati costretti a nascere da persone nel pieno delle proprie capacità mentali e dunque uniche responsabili della generazione (che non capita “per caso” e segue meccanismi ben noti anche al meno informato, fatti salvi certi portatori d’handicap grave che non sono in grado di controllare le proprie gonadi e in una società sana dovrebbero essere posti sotto tutela stretta).
    La società, a sua volta, è una aggregazione di famiglie tanto più compatta, omogenea e gestibile quanto meno numerose sono le famiglie che fanno parte del “corpo sociale”. Le responsabilità di generazione delle quali sono portatrici le singole “famiglie nucleari” non scompaiono ma si sommano e si rafforzano al crescere del corpo sociale, epperò restano fermamente nelle mani della coppia di individui che si unisce scientemente sapendo esattamente a cosa va incontro.
    Ergo, ribadisco, non mi si possono accollare le conseguenze delle scelte riproduttive altrui (fatti salvi interventi violenti come quelli che stiamo vivendo) perché non mi viene riconosciuta una simmetrica possibilità di inibire quelle scelte o anche solo di pronunciarmi in merito ad esse.
    Gli interventi violenti possono venire direttamente da chi ha generato, con l’irruzione nel mio ambito territoriale, oppure per via mediata tramite il favoreggiamento messo in atto a mio danno da quelle “istituzioni” che dovrebbero tutelarmi (e che sfruttano pesantemente il mio lavoro nominalmente anche a quel fine, tradendo regolarmente il mandato o ignorandolo a pie’ pari).
    Questo al netto degli sproloqui della propaganda. Per mia sfortuna (vivrei più sereno nell’inconsapevolezza) con gli anni ho colto il trucco e non riesco più a rientrare nel Matrix. Il canto suadente delle sirene suona alle mie orecchie come una tremenda cacofonia.
    Vedi tu.

    Se ti è possibile (e lo dico senza alcuna intenzione di irriderti) ricorda che in passato trovasti eccessive altre mie posizioni che ora stai abbracciando convintamente.

  40. Michele: va bene, ma cosa vuol dire “fuggi”? 1. vai nel posto più vicino che sia sicuro, metti al riparo i tuoi cari, ti chiedi se c’è qualcosa che puoi fare perché le bombe smettano di cadere (se non vuoi combattere, curare, o testimoniare, magari formi un’associazione con i tuoi conterranei, cerchi di fare pressione sui governi stranieri perché pongano fine alla guerra in Siria, ti dai alla macchia e combatti contro il governo o l’ISIS o i fondamentalisti da dove sei, eccetera – tutte cose già fatte in casi simili in passato e anche da siriani adesso)
    2. paghi qualcuno perché ti porti in un paese ricco, se non riesci ad arrivarci subito nascondi la tua identità, non ti fai identificare, protesti, ti lasci la tua vita e il tuo paese alle spalle e cerchi di ottenere economicamente il più possibile
    (quando gli italiani migravano, lo facevano per motivi economici, tranne rari dissidenti che restavano in contatto con l’antifascismo ed erano disponibili a combattere il fascismo ovunque si manifestasse. Durante i bombardamenti, che io sappia, napoletani, romagnoli, romani, friulani e chi più ne ha più ne metta non andavano né in Siria né in Iraq ne da nessun’altra parte, ma restavano, volenti o nolenti, nei paraggi)
    1 lo capisco, 2 mi fa pensare che ci sia dell’altro
    Lorenzo: non ti viene il sospetto che essere tu l’unico depositario della verità su mezzo miliardo di europei sia quantomeno statisticamente improbabile?
    Ugo: può darsi. Queste vicende mettono in crisi molti miei principi e assunti e so benissimo di aver cambiato idea, anche se più che sui principi sull’interpretazione
    Comunque, è possibile incoraggiare o scoraggiare la riproduzione altrui tramite il dialogo, l’assistenza sociale e gli incentivi o disincentivi fiscali

  41. “Lorenzo: non ti viene il sospetto che essere tu l’unico depositario della verità su mezzo miliardo di europei sia quantomeno statisticamente improbabile?”

    Per quanto mi riguarda, assolutamente NO.
    Infatti qui non si parla di “verità” come concetto filosofico, si parla di “verità” come quantità fisiche misurabili. Puoi andare a verificare, non devi assumere niente per vero a priori, visto che non sei “contraria a priori”.

    Non so più come dirlo, si parla di quante persone ci sono su un certo riquadro di terra, distanze da un punto ad un altro che devi percorrere, si parla di giorni in cui devi bere, mangiare e cacare un certo quantitativo di risorse, notti in cui devi dormire, piogge e raggi solari da cui devi ripararti, eccetera. SI parla del fatto che la Siria è in Asia e non in Africa, si parla del fatto che solo in Nigeria ci sono tre o quattro volte gli abitanti dell’Italia. Si parla di infilare un oggetto quadrato dentro un buco tondo.

    Proprio “statisticamente” è impossibile quello che “mezzo miliardo di Europei” ingoiano come “vero”, che poi non sono ideine concepite da loro perché nessuno va a verificare le quantità fisiche di cui sopra ma mera propaganda e lavaggio del cervello contro ogni evidenza e logica.

    A parte che qui stiamo dando per assodato che TUTTI gli Europei ingoino la propaganda come burattini, cosa che non è tanto vera. Diciamo che lo fa la maggior parte. Per adesso, che non tutti vivono come me con il piede straniero sul collo. Molti vivono in campagna o negli attici in centro e queste cose le conoscono per sentito dire. Aspettiamo che lo tsunami arrivi anche negli angoli e poi ne riparliamo.

    La ragione per cui le masse ingoiano tutto è di una semplicità assoluta: gli Europei sono cretini. Non per difetto di nascita ma perché sono educati dall’apparato per sottomettersi entusiasticamente al loro asservimento.

    Vai su Youtube e fai una ricerchina di cose come questa, ne trovi decine:
    Dal centro dell’Africa, dei bambini ci ricordano che l’uomo, in sostanza, nasce libero, anche se, purtroppo, deve lottare per riprendersi quello che gli spetta per diritto.
    Vedi, come “spontaneamente” i bambini del Centro Africa ci ricordano che l’uomo nasce LIBERO. Ahahah, certe persone sono bestemmie viventi.

    Gaia, prova a farti venire dei dubbi tuoi, invece di preoccuparti dei miei. Questo è il mio problema. I dubbi tuoi che non ci sono.

  42. Gaia: “Comunque, è possibile incoraggiare o scoraggiare la riproduzione altrui tramite il dialogo, l’assistenza sociale e gli incentivi o disincentivi fiscali”

    Certo. Al momento la si sta incoraggiando o scoraggiando? Chi lo sta facendo e con che mezzi? Con quali finalità? Nel tuo (mio) interesse, contro di esso o non prendendolo neppure in considerazione? Tu (io) sei responsabile di quell’incoraggiamento/scoraggiamento? Ne sei (siamo) parte anche solo minimamente attiva e decisionale?

    Evito di darti le risposte, tanto sono lì, così ovvie quanto univoche. Forza (è un vero incoraggiamento, non c’è sarcasmo), che ce ne vuole tanta.

  43. #FertilityDay !!!

    La tua fertilità è un bene comune !!!

    P.S.
    Questo governo è fantastico. Sgomitano da matti per superare le migliori performance berlusconiane, e devo dire che ci stanno riuscendo. Non sentivo proclami di questo tipo dai tempi del fascismo!

    Donne! Figliate per il Duce giovani balilla contro l’africo invasor!
    Eia Eia Alalà

  44. No comment.

  45. Quando i clandestini eravamo noi.

    Anche le condizioni di miseria in cui versavano le famiglie italiane povere, anche al nord, oramai le abbiamo rimosse.

    Interessanti anche le condizioni di viaggio.

    P.S.

    Con questo non voglio scatenare la solita (prevedibile) guerra di religione sull’immigrazione, ma spero solo di accendere una microscopica scintilla di riflessione/immedesimazione sulle motivazioni che spingono la maggior parte dei migranti a tentare la sorte altove; motivazioni di cui a mio avviso si dovrebbe in qualche modo tenere conto, per studiare una reale soluzione del problema.

  46. Anche secondo me ricordare l’emigrazione italiana è utile per capire quella attuale, anche se c’è la fondamentale differenza che gli italiani ebbero la fortuna storica di trovare continenti interi forzatamente depopolati della loro componente umana (e non “vuoti” come si sente spesso dire) con economie in forte espansione, mentre gli immigrati di questi ultimissimi anni non hanno questa fortuna.
    Molte cose sono simili, nonostante tutte le scuse che si sentono. Una volta ho sentito due anziani parlare della loro emigrazione, molto simile all’immigrazione di oggi (venivano trattati male, i francesi pensavano che gli rubassero il lavoro però non avevano voglia di lavorare, ecc), concludendo ugualmente che adesso è diverso. Certo che è diverso, ma solo perché sei dall’altra parte.
    Detto ciò, io non mi sento obbligata a nulla in virtù di quello che fecero persone che vennero prima di me e che non sono io. L’Italia era gravemente sovrappopolata*, e aveva bisogno di una valvola di sfogo, spesso violenta (come in Africa), se imparassimo questo, potremmo aiutare altri paesi a non aver bisogno di valvole di sfogo.

    * Cioè aveva meno persone di adesso, ma tecnologie meno produttive e soprattutto non aveva la possibilità di rubare risorse ad altri paesi, come ora fa e non potrà fare ancora a lungo.

  47. Gaia: “…e non potrà fare ancora a lungo”

    Punto semplicemente fondamentale al quale non senti mai fare cenno. Un complimento per essertelo fatto balenare alla mente: non sei in numerosa compagnia (è un pensiero troppo scomodo nel suo implacabile realismo, dal che la rimozione colpevole da parte di chi sa e quella incolpevole, ma non meno grave, da parte di chi non ci arriva).

  48. Buongiorno Gaia,
    grazie ad un mio lettore ho scoperto il tuo blog, che metterò subito tra i preferiti in modo da non perderti più.
    Ti ringrazio per l’apprezzamento che hai dimostrato per il mio articolo su Puntozero ma soprattutto perché dimostri il coraggio di andare controcorrente, una cosa che mi fa immediatamente amare chi leggo.
    Capisco e condivido il tuo sentimento nei confronti di chi ti toglie l’amicizia solo perché non condivide le tue idee. Non so dirti quante volte mi sia successo ultimamente. Da gente che mi ha platealmente tolto l’amicizia su Facebook il giorno dopo essere stata a cena in compagnia con me ed amici comuni, all’ostracismo di interi plotoni di conoscenti che “mi dispiace Barbara ma non ti riconosco più.” Penso che perfino la separazione dal mio compagno sia potuta dipendere da questo clima che, da psicologa, individuo come tipico delle dittature, seppur soft come questa.
    Io sono stata per cinquant’anni di sinistra ma ora, sinceramente, mi sento come se fossi stata presa in giro per tutto quel tempo. Sono sempre stata in fondo di destra in incognito? E’ possibile. In fondo mi hanno sempre annusata come estranea al gruppo. Si dice destra e sinistra per comodità ma sono ormai termini fuorvianti. Sono categorizzazioni che servono solo a creare discordia. Oggi conta solo la dicotomia tra internazionalismo guidato dall’élite con scopi genocidari e il nazionalismo, inteso come salvaguardia della tradizione e della cultura, nonché di un modello economico che, potrà dispiacere a qualcuno, è l’unico che ci ha dato il benessere e ha permesso a chi era oppresso fino a quel momento di reclamare dei diritti.
    Le migrazioni attuali sono un’arma di ricatto, né più né meno. Sono utilizzate dall’élite come strumento di demolizione del benessere dell’Occidente, sul falso presupposto che, se noi abbiamo qualcosa, è perché l’abbiamo rubato agli africani. Una cosa altrettanto irrazionale ed assurda del peccato originale di Eva.
    Non voglio dilungarmi ma mi piace sapere che la pensiamo in maniera simile e ci accettiamo. Continuerò a leggerti. Grazie.

  49. Nessuno vuole che l’emigrazione abbia luogo: non la vorrebbe chi parte (ed è costretto dalla sua personale situazione contingente a farlo), non la vorrebbe chi si vede il proprio spazio urbano/sociale/lavorativo improvvisamente ristretto da arrivi di massa. Nessuno pensa che potrà durare ancora a lungo: non lo pensa chi accoglie (fino a quanto riusciremo ad assorbirli?), né lo pensa chi parte (io per adesso metto in salvo me; per chi verrà dopo di me, sono problemi suoi). Le persone che partono ora per tentare la fortuna all’estero, fanno più o meno gli stessi ragionamenti che facevano i nostri nonni (ovviamente questo non li giustifica), e tali ragionamenti escludono, a mio avviso, qualsiasi forma di proiezione futura di potenziali scenari migratori (con questo non voglio dire che non bisogna guardare al futuro, ma semplicemente che chi parte è così pressato dai suoi problemi, da mettere in secondo piano praticamente tutto, figuriamoci il futuro dei flussi migratori).

    Tutti sanno che non durerà a lungo – come del resto la storia insegna -, ma nessuno sa come fare per moderare/arrestare i fenomeni migratori ora.

    Io credo che come i nostri genitori, a differenza dei nostri bisnonni, abbiano smesso di migrare perché le condizioni sociali in Italia siano sensibilmente migliorate nel secolo scorso (anche se sono peggiorate quelle ecologiche/ambientali), così forse se si riuscisse con uno sforzo comune (europeo o mondiale) a cercare di migliorare le condizioni di vita laddove la gente fugge, forse si riuscirebbe in una certa misura a mitigare il fenomeno. Questo sforzo, a mio avviso, non è affatto visto di buon occhio dagli attuali governi, in primo luogo perché non arricchisce nessuna delle attuali componenti dell’establishment, e in secondo luogo per interessi vari di carattere geopolitico (pensiamo un attimo a quello che è successo in Grecia, dove la situazione era molto meno grave che in Siria, in Nigeria o in Afghanistan: le banche private sono rientrate dall’esposizione, il debito è stato nazionalizzato, e i problemi sono rimasti ai greci). Quale leader politico italiano o europeo avrebbe la forza o la statura per varare un nuovo «piano Marshall» a spese dei contribuenti italiani o europei per stabilizzare le condizioni dei paesi in via di sviluppo? Nessuno. Molto meglio spendere in F-35, finanziare monocolture, land-grabbing, sfruttamento di risorse e manodopera, e sperperare tanto in progetti di cooperazione il cui scopo principale sembra essere quello di mantenere in vita le stesse organizzazioni che vi sono preposte. Poi, se la nazione si riempe di migranti, quello è un problema locale di Lampedusa, Milano, Roma, Napoli, Udine, e così via – ognuno risolva come può -, così come restare senza lavoro e assistenza medica è diventato un problema dei greci. L’importante è aprire mercati e fare in modo che la gente spenda; Renzi ha ricevuto sul tappeto rosso Zuckerberg, non uno dei leader dei paesi terzomondisti.
    Le priorità a me paiono abbastanza chiare.

  50. La mia laurea è in cooperazione allo sviluppo (o meglio “studi dello sviluppo”). Questo non mi rende un’esperta, ma mi permette di dire con certezza una cosa: non c’è *nessun* accordo su cosa faccia migliorare le condizioni di vita nei paesi cosiddetti in via di sviluppo. Ho chiuso i miei studi con più dubbi di quanti ne avevo quando ho cominciato, il che potrebbe anche essere una buona cosa, se non fosse che questi studi dovrebbero prepararti a fare qualcosa, e non a filosofeggiare. Per questo ed altri motivi, ho deciso di pensare al mio di paese, del quale almeno sapevo davvero qualcosa, e nel quale nessuno poteva accusarmi di imperialismo. Lentamente, sono arrivata anche a capire l’importanza del fattore demografico: non è l’unico, ma nei casi di cui stiamo parlando ora è fondamentale. Africa, Medio Oriente e Asia meridionale, da cui provengono la stragrande maggioranza del flussi attuali, in nessun caso e con nessun aiuto da parte nostra sono in grado di sostenere la crescita demografica che stanno vivendo. Ci sono un sacco di cose da sistemare in quei paesi, ma niente basterà se non si riduce la natalità, perché i paesi sono già sovrappopolati rispetto alle risorse, e perché per far fronte ai bisogni di una popolazione in così rapida crescita si sottraggono le risorse che servirebbero per, come dici tu, migliorare le condizioni di vita di tutti. Molti dei paesi da cui provengono i migranti hanno tassi di crescita economica più alti dei nostri, ma questo non basta a compensare la crescita demografica. Ovviamente non c’è solo la crescita economica, anzi, ma siccome moltissimi migranti sono economici, questo è un dato fondamentale. Anche dove il problema non è apparentemente economico, come in Siria o in Afghanistan, il fattore demografico mi sembra preponderante. Per questo, e non per altri miei preconcetti, sto iniziando a pensare che l’unico aiuto con cui si andrebbe davvero sul sicuro sia un’offerta di contraccettivi e una sensibilizzazione sul problema. Le donne vedrebbero migliorare la loro condizione e le loro possibilità di emancipazione, studio e lavoro o altro contributo alla società; potrebbe far bene all’ambiente se i consumi non crescono in contemporanea, ci sarebbe meno mortalità infantile, i bambini crescerebbero più sani e seguiti, ci sarebbero meno conflitti in molti casi (purtroppo non sempre, credo). Si dice che per ridurre la natalità serve prima migliorare le condizioni economiche, ma questo non sempre è vero, anzi alle volte è il contrario: quando la gente inizia a fare meno figli il paese si sviluppa. E tralasciamo i lati negativi dello sviluppo, per ora per lo meno.
    Da sola come azione non basterebbe, e avrebbe anche degli effetti negativi, ma mi sembra la più sicura se non altro perché si lega agli unici due obiettivi che possiamo legittimamente avere, cioè se non fermare i flussi almeno ridurli significativamente (meno gente significa meno partenze), e condividere con tutti lo sforzo di salvare questo pianeta dall’impatto umano.
    Al tempo stesso, dovremmo ritirarci dai paesi in cui interveniamo militarmente e spesso rivedere molti anche nostri progetti economici, anche se qui la questione si complica. E alla fine di tutto, però, dire: se non riuscite a risolvere i vostri problemi, chiedeteci aiuto ma non accoglienza, perché siamo pieni. Penso che già questo farebbe venir voglia a molti governi di limitare la loro crescita demografica.

  51. Nessuno sa come fermare i flussi migratori? mettete un blocco commerciale alla Turchia come è stato messo alla Russia e in due mesi Erdogan è in banca rotta. Oppure paghiamogli 3 mld e aspettiamo che fra 15 gg riapra liberamente i flussi della rotta balcanica….
    Purtroppo con le buone maniere non sempre si ottengono risultati.

  52. Si potrebbe anche agire con più forza sui trafficanti, oppure cambiare le leggi sul diritto d’asilo così da non rendere possibile richiederlo o creare altri tipi di disincentivi economici… ma è troppo drastico, forse.
    Nel bar in cui sono in questo momento c’è un uomo che dice: io sono a casa disoccupato, perché devono far fare i lavori utili a loro anziché a me? Non posso dire che abbia torto.

  53. Questo è il genere di cose che temo: http://www.aljazeera.com/news/2016/09/uk-arrest-hate-crime-attack-pregnant-woman-160914133526680.html
    Sono indecisa tra due interpretazioni: chi è contrario all’immigrazione si sente rafforzato dal voto sulla Brexit e ha preso coraggio, oppure, al contrario, la sua frustrazione aumenta perché ancora non è cambiato nulla nonostante il voto democratico, e quindi diventa violento.
    La violenza di solito è l’arma di chi sente di non averne altre (oltre che dei sadici). Io ho paura che, impedendo alla gente di decidere, o peggio ignorando le decisioni popolari, la frustrazione popolare si esprimerà così. Dove vivo tutti brontolano contro i nuovi arrivati richiedenti asilo, ma nessuno fa niente. Temo che, quando faranno qualcosa, non sarà un’educata petizione al sindaco perché si interessi del problema, ma un atto violento contro magari le vittime più vulnerabili, come descritto nell’articolo. E la colpa sarà anche di chi non ha fatto niente prima, è ovvio. Tutti sono liberi di organizzare una petizione o una manifestazione su questi argomenti, ma hanno paura o sono troppo pigri per farlo. Meglio inveire, meno faticoso.

  54. Ho un quesito per te che non necessita di una risposta pubblica (mi basta che te lo ponga tra te e te): com’è che quando la vittima è foresta l’episodio è immediatamente classificato come “odio razziale” mentre quando la vittima è del posto sistematicamente e quindi intenzionalmente non lo è? Con tutto quel che ne consegue anche in termini legali.

    P.S. L’episodio del collegamento è solo uno dei tanti, scelto come esempio tra i più appariscenti. Che so, ricordiamo Kabobo e il suo piccone? Oppure la “signora” Rose?. Oppure questo anonimo? Cerca, cerca… Ormai l’Italia è piena di razzisti: sono arrivati da fuori e le nostre dirigenze continuano ad iniettarne altri nel nostro tessuto sociale. Hanno i loro progetti, quelli.

  55. Naturalmente il razzismo esiste da entrambe le parti; è anche vero che con questioni di “razza” (i polacchi sono anche più bianchi degli inglesi, se è per quello) si mischiano questioni di classe, di ideologia, e frustrazioni o rancori personali. Il “razzismo” europeo sembra essere più organizzato, per ora. In futuro si vedrà.

  56. Avevo lasciato un commento l’altro giorno ma non lo vedo. Volevo solo ringraziare per la citazione del mio pezzo su Puntozero.

  57. Per qualche strano motivo era finito nello spam. L’ho approvato e ti ringrazio. Chi lo vuole leggere lo trova più in su tra i commenti. Ho fatto fatica a trovare Puntozero nelle più fornite edicole di Udine, il che è un peccato perché volevo comprarlo.

  58. Grazie Gaia, succede anche a me di perdere qualche commento.
    Anch’io ho fatto fatica a trovare Puntozero nella mia città. E’ il problema delle pubblicazioni non mainstream, che magari vengono aiutate più dal passaparola che dalla pubblicità.

    Per mk.
    Secondo me non si possono mettere sullo stesso piano le molestie che le donne possono ricevere ogni anno all’Oktoberfest (alla quale le donne partecipano, mi dicono, con un certo gioioso spirito libertino) e il taharrush gamea organizzato (ancora non si sa da chi) a Colonia a Capodanno su donne non consenzienti. Invito chi non sapesse di cosa si sta parlando, a leggere la testimonianza della giornalista Lara Logan sull’aggressione che subì in piazza Tahrir al Cairo nel 2011 in quanto donna occidentale e, per completezza, il racconto di come sia pratica purtroppo comune e punitiva nei confronti delle donne nel mondo islamico.
    Ovvero mi pare sbagliato citare il mantra giustificazionista femminista “è sempre colpa degli uomini e del loro maschilismo”. Sfido chiunque a citare un caso precedente a quello di Colonia e non solo e su tale scala che sia stato commesso da uomini europei, a parte gli stupri in tempo di guerra. Ecco, gli uomini europei per fare ciò che hanno fatto gli stranieri a Colonia hanno bisogno di una guerra. Che quegli stranieri si sentano in guerra contro di noi, effettivamente? Non ci sarebbe da preoccuparsene?

  59. Gaia: “è anche vero che con questioni di “razza” […] si mischiano [altre] questioni”
    Assolutamente sì, è da quel dì che lo denuncio. Eppure anche questa cosa viene ammessa solo ed esclusivamente in modo unidirezionale, a danno dei locali e in favore dei forestieri. Insomma, è chiaramente all’opera una ben oliata macchina propagandista messa in piedi dalle nostre dirigenze (quelli che dovrebbero essere, ma non sono, i nostri rappresentanti) allo scopo di portare avanti i loro luridi progetti. Sottolineo luridi.

  60. Non credo si tratti propriamente di un complotto; piuttosto di un misto del perseguimento di ideologie e di interessi che non sono quelle delle classi medie e basse delle società riceventi. Sicuramente, come dice Barbara, l’immigrazione nella sua forma attuale è uno strumento di ricatto. Oggi leggevo sul quotidiano locale che la prossima sfida, per il partito democratico, è far lavorare i rifugiati. Ho pensato: si tratta di una forza lavoro numerosa, priva di status definito e quindi ricattabile, che verrebe pagata solo con vitto e alloggio. Senza contare che queste persone, in teoria per lo meno, non sono libere di muoversi. Sapete a cosa somiglia molto tutto questo? Alla schiavitù.
    Già ce n’è, nei campi del Sud, ad esempio, nei cantieri del Nord… temo che fra poco ne vedremo una forma legale: i rifugiati che fanno “lavori di pubblica utilità” (sì, esistono lavori di pubblica inutilità, e di solito sono quelli pagati meglio) che costerebbe troppo far fare ai disoccupati locali, e viene spacciato come favore a loro e a noi.

  61. Gaia, sei una scrittrice, attenta alle parole: io non ho parlato di complotto, bensì di luridi progetti. Quel che hai riportato in merito all’attribuzione di lavori di pubblica utilità alle masse iniettate a forza in un corpo sociale che quelle iniezioni non le vorrebbe proprio ricevere (farle comunque chiamasi violenza e tradimento) è, appunto uno di quei luridi progetti. Attenta al plurale, anche quello non è casuale.
    Occorrerebbe poi verificare in che misura le persone interessate siano disposte a lavorare, almeno nelle condizioni che si prospettano, e cosa sappiano effettivamente fare. Secondo me la storia dei lavori di pubblica utilità non è altro che l’ennesima tecnica usata nel tentativo di manipolare il pubblico sentire.

  62. Rispondevo a Barbara sul complotto.
    Io penso che ci sia una buona parte di europei che, per motivi altruistici o egoistici, desidera accogliere i migranti. Non penso ci sia affatto unanimità su questo punto, anche se più passa il tempo, più preoccupazione percepisco.

  63. L’unanimità, quando si parla di corpi sociali mostruosi, costituiti da centinaia di migliaia di individui, è un’utopia (già un’entità sociale come l’Italia è numericamente una mostruosità che proprio per la sua numerosità non può che negare nei fatti i princìpi teorici sui quali si dice dovrebbe basarsi). Per questo ritengo non sia proprio il caso di soffermarsi più di tanto su quello che desiderano “gli Europei”. Più opportuno sarebbe interessarsi di quel che desiderano i nativi plurigenerazionali di Gambarana (giusto per fare un esempio a caso).

  64. In Svizzera infatti avevo sentito di un referendum a livello comunale sull’accoglienza. In Italia purtroppo non abbiamo questa tradizione, che sarebbe utile, pur con tutti i limiti dello strumento, per molti temi importanti.

  65. Sono scesa a Udine e ho preso una corriera per paesini di poche centinaia di abitanti ciascuno. I richiedenti asilo sono ovunque; fa veramente impressione. Sono tutti uomini, tutti giovani, tutti sud-asiatici, tutti educati e tutti con lo smartphone. Se avessero le armi somiglierebbero a un esercito, ma le loro armi sono le nostre leggi.
    Non mi sono mai sentita così impotente. Sono state passate tante leggi contro la mia volontà di cittadina, ma le leggi sono reversibili. Una presenza umana, un corpo, non si può cancellare con un voto in parlamento, non si può ignorare.
    Ovunque io vada ci sono; paradossalmente, questa presenza sta temporaneamente annullando le diversità locali. Ogni zona e paese del Friuli ha i suoi tipi umani, ma questo nuovo tipo è imposto a tutti senza alcuna distinzione. Cosa faranno? Che lavori faranno, se non c’è lavoro? Dovranno delinquere? Dovranno accettare di farsi schiavizzare? Che donne avranno, se non portano donne con sè? Verranno le loro, raddoppiando all’istante i loro numeri? Competeranno per avere le nostre?
    Io non ho nulla contro di loro, anzi, voglio che stiano bene come voglio che stiamo bene noi. Ma questa, sempre di più, è un’invasione su cui non ci è stato chiesto alcun parere. Anzi, continuiamo a sentirci dire che l’accoglienza è un dovere. I nativi americani avevano forse il “dovere” di accogliere gli europei che l’Europa non riusciva più a contenere?

  66. Barbara: partecipare con spirito libertino non significa invitare molestie. Detto ciò, è vero che nelle occasioni di festa alcolica il confine è molto labile, lo vedo anche quassù. Comunque, se ci sono denunce significa che qualcuno si è spinto troppo oltre.

  67. @Barbara
    Buongiorno Barbara, mi dispiace se abbia dato l’idea di mettere sullo stesso piano i fatti di Colonia con quelli dell’Oktoberfest; volevo solo sottolineare che a mio avviso c’è una parte politica che costruisce una narrazione di guerra e terrorismo (nell’articolo si parla di “Swarm attack di terrorismo sessuale”), mentre secondo me lì di terrorismo c’era poco. Se fai una ricerca con “stupro di gruppo” col tuo motore di ricerca preferito, troverai purtroppo una miriade di link relativi a questo tipo di delitti, successi (malauguratamente) ad ogni latitudine: dagli stupri sugli autobus in India, a quelli nei college americani, a quelli nelle periferie di varie città della pur civilissima Europa. Nella stragrande maggioranza dei casi, nessuno era islamico e molto spesso i criminali (perché di questo si tratta) erano sotto l’effetto di alcool e/o droghe.
    Io credo di più nel perverso effetto emulativo dei social network: il gruppetto di adolescenti ubriachi che – non sapendo come smaltire la sbornia – riceve sul cellulare i video di amici in strada nell’altro quartiere che vantano i successi delle loro molestie/aggressioni, e provvede subito ad emularli. Tra il 2011 e il 2012 anche qui in Italia si diffuse il fenomeno del «Knockout game», in cui giovani (uno filma con lo smartphone, l’altro agisce) si divertivano a stendere ignari passanti con un solo pugno in faccia oppure colpendoli con un calcio da dietro mentre erano in attesa in piedi alla fermata dell’autobus; allora però nessuno tirò in ballo il terrorismo.
    Poiché per eradicare un male bisogna conoscerlo bene – e io sono dell’idea che questi crimini non debbano essere commessi *mai più* -, non vorrei che si derubricasse l’intera faccenda a: «erano solo terroristi islamici», per poi vederla riproposte in altre salse e in altri contesti. Non nego che l’accaduto sia un’ennesima dimostrazione dei problemi connessi all’accoglienza/integrazione dell’enorme numero di migranti che in questi ultimi anni si sta riversando in Europa, però cerchiamo di tenere separate almeno questioni quali il terrorismo, l’integralismo religioso e gli stupri, altrimenti non risolveremo mai nessuna di esse (già a mio avviso complessissime singolarmente).

    P.S.
    Grazie per avere mostrato disaccordo con le mie opinioni in modo così gentile e non aggressivo su temi che smuovono tanto l’emotività degli interlocutori: era da tempo che non vedevo un comportamento tanto esemplare in rete. Buona domenica!

  68. Michele, quello che tu dici mi sembra vero, ma secondo me c’è un elemento ulteriore nella questione. Lo stupro (ahimè) ha sempre accompagnato la storia umana; spesso, però, non si tratta di mera violenza da parte di un uomo contro una donna in qualche modo desiderata, ma anche di un atto contenente un significato ulteriore. Uno stupro può servire a punire una donna reticente o troppo disponibile, a umiliare l’avversario, a terrorizzare una popolazione o a mandare un messaggio. Lo stupro fu usato come arma di guerra nella ex-Jugoslavia, ad esempio. Non ne so moltissimo, ma mi pare che gli stupri di massa di donne tedesche da parte dei soldati russi fossero una forma di vendetta e punizione collettiva per le sofferenze inflitte dal popolo tedesco a quello russo.
    Secondo me non è tanto eccessivo, anche perché sembrano esserci indizi di questo, ipotizzare che dietro all’aggressione delle donne europee da parte di non europei di alcune provenienze (quando mai si sente di cinesi che molestano tedesche o svedesi?) ci sia anche un’intenzione o di attaccare donne considerate troppo libere rispetto ai propri canoni, o di punire una società non sufficientemente accogliente, o di creare panico e disordine o di intimorire l’avversario sperando di avere poi più potere contrattuale (guardate di cosa siamo capaci, dovete integrarci/darci di più). C’è una storia di ingiustizie reciproche tra Europa e paesi di provenienza dei migranti accusati di queste aggressioni, con conseguente corredo di rancori; inoltre, essendo molti di essi insoddisfatti di una condizione in cui avevano riposto così tante speranze, non è impensabile che vogliano vendicarsi sulla società che ritengono colpevole del loro malessere.
    Il fatto che esistano ANCHE stupri che sono “solo” stupri, individuali o di gruppo, non significa che lo stupro non possa avere anche un senso ulteriore. È sempre stato così.

  69. Aggiungo che mi aspetterei addirittura che un dichiarato nemico che ha come pilastro fondante della propria ideologia la limitazione della libertà della donna (l’ISIS) e che ha ripetutamente promesso di attaccare utilizzi l’aggressione a donne modello di libertà come arma di guerra, tanto più che si tratta di una guerra asimmetrica ed è molto più facile istigare molestie in piazza che affrontare un esercito europeo.

  70. Io sinceramente non credo che un immigrato in Germania da più di un anno, dopo avercela finalmente fatta ad aver ottenuto il tanto sospirato permesso di soggiorno, butti tutto alle ortiche perché sullo smartphone gli arriva l’ordine dall’ISIS: stuprate, stuprate, stuprate. Se avessero voluto, avrebbero potuto fare davvero un macello, vista la concentrazione di persone presenti in piazza, dal semplice lancio di una bomba a mano, allo zainetto imbottito di esplosivo o utilizzando un camion come a Nizza. Un vero affiliato dell’ISIS non credo si bruci la copertura solo con uno stupro, altrimenti ne avremmo sentite delle belle già da qualche anno.

    Quanto ai cinesi, io non avrei la tua stessa sicurezza: Violenza sulle donne: ragazza stuprata da 5 cinesi. Lo stupro è uno dei fenomeni davvero transculturali e transnazionali. Ovviamente concordo con te sulle valenze additive degli stupri etnici, di guerra, etc., però ciò su cui non concordo è proprio il voler leggere l’evento di Colonia fondamentalmente sotto la luce dell’atto terroristico, vedendo dietro ogni immigrato musulmano un potenziale membro dell’ISIS. A mio avviso è una lettura troppo semplicistica, che liquida in tutta fretta il fenomeno, e contribuisce alla facile esemplificazione dello «scontro di civiltà» (forse è proprio questa sua banalità a renderla così attraente). Quello che io noto, è che (purtroppo) la percezione del corpo femminile come di un’utilità di cui un uomo possa servirsene a suo piacimento, non solo non è mai scomparsa, ma ha ulteriormente attecchito nell’immaginario dell’uomo comune, grazie alla pubblicità nei media main-stream di uomini facoltosi che senza alcun pudore esibiscono vistose ragazze opportunamente remunerate. Un tempo era un fenomeno disdicevole (è un puttaniere), oggi fa molto fico (quello è un grande, non sai quante escort si porta a casa). La differenza la vedo nelle modalità della fruizione: nei ricchi paesi occidentali, gli uomini organizzano i propri festini sfruttando il turismo sessuale o organizzando i propri incontri in casa o nelle suite degli hotel di lusso; nei paesi del terzo mondo, o nelle enclave di immigrati, ci si arrabbatta come si può, sequestrando la povera ragazza sola di turno, e abusando di lei nei giardini pubblici. Ma sono sicuro che se anche i ragazzi di Colonia avessero avuto il portafogli pieno, avrebbero anche loro fatto un molto più proficuo (e appagante) giretto in un sexy bar del posto, come hanno fatto tanti loro coetanei tedeschi dai redditi molto più cospicui. Voglio essere come te, con la bottiglia di birra come te, la coca come te, con il SUV come te, con l’iphone come te, con la figa come te.
    Per me non è terrorismo, sono modelli sbagliati che passiamo a queste persone; modelli che paradossalmente diventano anche una delle cause principali per cui loro vengono da noi. Ciò ovviamente non diminuisce in alcun modo la gravità dei fatti, e le responsabilità di tutti i soggetti coinvolti; però di questa storia dei modelli sbagliati non gliene frega niente a nessuno: è molto più eccitante – e compatta immediatamente l’elettorato – la «guerra di religione» o lo «scontro di civiltà». Anche più facile da comunicare con una foto o in 140 caratteri.

  71. E quindi, la logica conclusione del nostro mk, è che questi personaggi non sono in fondo in fondo colpevoli. Se lo stupro è transculturale, se stuprano anche i cinesi, se ci sono modelli culturali che noi imponiamo (ma non ti sembra strano che su tante altre questioni la nostra cultura non abbia così rapido successo?), se in fin dei conti sono stati indotti dal portafoglio vuoto…beh allora il libero arbitrio non esiste, la cultura madre di queste persone non esiste e loro hanno ben poca colpa, no? Anzi, sono quasi vittime di sfortunate circostanze!
    Dove ci porta questo relativismo, che si è manifestato nella maniera più eclatante nelle figure dei numerosi terroristi “depressi” che hanno messo a soqquadro l’europa qualche tempo fa, lo indica bene a mio avviso questo episodio grottesco, che si badi bene non è un unicum!
    http://www.dailymail.co.uk/news/article-3528236/Male-Norwegian-politician-raped-asylum-seeker-says-feels-GUILTY-attacker-deported-man-suffer-Somalia.html
    N.B: “He adds: I see him mostly like a product of an unfair world, a product of an upbringing marked by war and despair.”

  72. Il fatto che siano stati “non ricchi” invasori arabi e islamici (e non filippini o lettoni o vietnamiti, etc. non è certo un caso) invece di “non ricchi” autoctoni non è un caso.
    Prego ricordare che esiste persino un termine in lingua araba, taharrush jamai che indica moralmente “giuste” molestie e stupro di gruppo punitivi per donne tro… ohps, scusate, scostumate.
    Non è un fatto che sia la stessa lingua a celebrare un processo (peraltro ritenuto “morale”): la lingua, la morale, la cultura sono così intimamente allacciati, reciprocamente intessuti che non è possibile definire cosa sia causa e cosa sia effetto.
    Sento odore di terzomondismo, di razzismo positivista (i nostri modelli sono cattivi, i loro sono quindi migliori) di ugualismo (i “modelli” uguali, i “migranti” uguali come se tutti fossero uguali quando è noto che esistono comunità – quella islamica e quella araba in quella islamica – che sono estremamente aggressive e con mire dichiarate egemoniche, v. hijra), di negazionismo che tutto giustifica invece che prendere atto, ancora una volta, della catastrofiche conseguenze di questo tsunami migratorio progettato, sostenuto e apologizzato da vari segmenti della società europea, variamente caratterizzati da hybris moralisticheggianti, da pulsioni sadiche e distruttive (i kompagni) e masochiste (cattolici, protestanti,, terzomondisti), da interessi economici (crescitisti, cooperanti, collaborazionisti socialmente nefasti, capitalisti transnazionali) da dabbeanggine giuliva volemosebene. etc. .

    I proletari magnacrauti, anche se non c’hanno gli euri per andare a cortigiane (prostitute di altro bordo, escort) non si sognano di andare in gruppo ad assalire delle tro… ohps delle scostumate in piazza. Non è nella loro cultura.
    Mi vien da ridere, perché l’altro giorno hanno pizzicato dei frichettoni nordici in treno senza biglietto e questi, timidamente, sono scesi alla prima fermata, quando i controllori, su quella linea sono stati più volte pestati da “doni,gioiose ricchezze e fratelli” alloctoni (nei casi verificatisi, africani settentrionali e central).
    Non tiriamo in ballo gli stupri eseguiti da autoctoni, primo perché a maggior ragione non c’è alcun bisogno di innestare nei territori problemi stupratori esterni quando c’abbiamo già i nostri, secondo perché il crimine dello stupro qui è considerato crimine, quindi nel novero statistico della devianza criminale e non nella prassi popolare considerata moralmente giusta come avviene in culture ancora estremamente misogine e attuata dalle armate di moltitudini di “doni, ricchezze, opportunità, gioiosi fratelli, culturalità e pagatori di pensioni” che vegono catapultate a milioni sull’Europa.

  73. Il fatto che non sia terrorismo pianificato (nel momento in cui si si trova a costituire un branco a scopo di molestia e stupro la pianificazione, per quanto minima, esiste) ma comune,”ordinaria” nocenza (per usare il termine di Renaud Camus) è un aggravante e non un attenuante.

  74. Uomo in cammino, ho approvato il commento però ti chiedo di non ripetere più volte le stesse espressioni, se puoi, sia perché allunga sia perché certe questioni sono già state affrontate ed è meglio essere più specifici (per esempio adesso stiamo discutendo non sulla bontà o meno dell’immigrazione in generale ma su alcuni aspetti esaminati nel post o negli altri commenti).

  75. Lecita la tua reprimenda, Gaia (siamo “a casa tua”), però considera che UUIC sta applicando la stessa tecnica impiegata in senso opposto dalla propaganda di regime allo scopo di costruire il sentire comune. Il motivo per il quale la sua versione infastidisce è che contrasta con quella che è stata fatta filtrare nel nostro modello linguistico allo scopo di plasmare il pensiero di chi lo impiega. E’ un modo di procedere magari fastidioso ma innocuo quando a usarlo è l’UUIC di turno, sicuramente criminale e mortifero quando a usarlo è chi ha in mano il manico del coltello essendosi appropriato dei “poteri istituzionali” — i rappresentanti che applicano tecniche subdole e culturalmente violente per indurre i rappresentati a pensare secondo i modelli che coincidono con gli interessi dei rappresentanti e con il danno dei rappresentati… dovrebbe far squillare più d’un campanello d’allarme, invece il meccanismo è così “ben” studiato da inibire anche quello.

  76. Io volevo solo evitare espressioni formulaiche ripetute, anche se in parte, secondo me, veritiere. Non vedo la questione come una guerra di propagande ma come un bel groviglio che anche qui, nel mio piccolo, provo a districare.

  77. > volevo solo evitare espressioni formulaiche ripetute

    Gaia, è sufficiente aprire la Rebubblica, Internazionale, etc. ad esempio e osservare una nevrotica, ripetitiva, ossessionante litania che utilizza, ad arte, il falso “profughi”.
    Solo dei dementi, dei lobotomizzati, possono chiamare cassette di pere, cassette nei quali ci cono 70 mele e 2 pere: ci sono profughi e poi furbi invasori economici.
    A quella ripetizione ossessiva NON si può non contrapporre un rimedio omeopatico, iniziare a ripetere la realtà delle cose e non le menzogne che vengono inserite a forza nella testa di centinaia di milioni di persone da mane a sera.

  78. L’intenzione è ottima. Liberarsi delle pastoie linguistiche infiltrate nei nostri pensieri è il primo, difficilissimo passo, perché la verbalizzazione (anche interiore) guida la concettualizzazione, per cui è difficile dar vita a pensieri non conformi a ciò che i modelli linguistici rendono più agevole e spontaneo. Proprio quei modelli linguistici e i contenuti che essi inducono e rafforzano costituiscono la cultura, non il conoscere a memoria La divina commedia. Andare contro la cultura che permea i nostri neuroni, e poco importa che sia lì per formazione spontanea o per formazione indotta, è una manovra tutt’altro che semplice — ci vogliono consapevolezza, determinazione, forza di volontà. Son certo che non ti manca nessuna di queste qualità.

  79. @mauro
    Ma perché mi attribuite sempre pensieri e «conclusioni logiche» che non sono le mie? Già prevedendo, l’avevo pure scritto chiaro e tondo:

    …Ciò ovviamente non diminuisce in alcun modo la gravità dei fatti, e le responsabilità di tutti i soggetti coinvolti…

    (La prossima volta magari lo scrivo tutto in maiuscolo o cambio font, così si evidenzia meglio). Ma è davvero così difficile leggere una frase attenendosi soltanto al suo significato letterale? Se dico che statisticamente più o meno in tutti i paesi avvengono reati commessi da migranti, non sto giustificando il reato (lo fanno ovunque, allora rassegnamoci), ma sto solamente dicendo che, avvenendo questi fenomeni anche in zone dove non compaiono le caratteristiche che qui fanno gridare al terrorismo, a mio avviso non c’è una correlazione diretta tra terrorismo e questi reati. Con questo non nego neppure che ci possa effettivamente essere una correlazione, perché non ne ho le prove scientifiche; dico solo che a mio avviso i media e i politici fanno male a gridare al «terrorismo sessuale» o allo «scontro di civiltà» senza analizzare bene il problema. E’ un mio pensiero soggettivo: forse per altri è un’emerita stupidaggine; ma non fatemi passare per uno che giustifica gli stupri di gruppo perché avvengono in altre parti del mondo o perché esistono i ceti poveri: anche la mia stupidità ha un limite.

    L’impossibilità di condurre una discussione pacata e serena su questi temi è invece a mio avviso prova evidente che non se ne conduce quasi mai una discussione razionale, ma spesso quasi totalmente sotto la spinta ciascuno della propria pressione emotiva.

  80. Capisco la tua frustrazione (mi sa che siamo tutti un po’ frustrati su questo argomento, chi di qua, chi di là, chi in mezzo). L’articolo che ho linkato, comunque, secondo me fornisce degli ottimi argomenti a sostegno della tesi della deliberatezza: l’esistenza di una pratica simile e diffusa nei paesi di provenienza o culturalmente affini, l’uso dei petardi, la contemporaneità degli attacchi in città diverse (troppo strana per essere casuale)… Finora non pare siano emerse prove di un coordinamento; si parla di appuntamenti presi sui cosiddetti social, ma non ho capito cosa esattamente si siano detti.

  81. Ho trovato questo molto interessante e pertinente rispetto all’argomento del post: The totalitarian doctrine of social justice warriors

  82. Non vorrei aver frainteso il testo in inglese, ma direi che descrive semplicemente un gruppo di esaltati, tracotanti e frustrati fuori di testa. In genere ormai tendo a ridere apertamente in faccia a chi assume atteggiamenti simili. Chi esaspera il prossimo ottiene risultati così e, se devo dirla tutta, direi che è l’obiettivo voluto. Salvo poi correre da mamma piangendo istericamente quando in una giornata storta invece d’una risata arriva un ceffone.

  83. Credo che invece descriva un movimento molto influente, capace di condizionare l’istruzione universitaria e rovinare carriere (e vite) a personaggi pubblici. Si parla di America, non Europa, ma non siamo così lontani.

  84. P.S. Sono molto triste per il voto in Colombia e moderatamente triste per quello in Ungheria (se non altro perché un popolo che non si esprime su una questione così importante, o boicotta un referendum, mi rattrista)

  85. Che la corrente di pensiero, o meglio la psicopatologia, descritta nell’articolo sia influente e sostenuta penso sia certo, e penso vada anche oltre all’ambito prettamente accademico/culturale, dove ovviamente esercita la sua influenza più subdola e nefasta (a nessuno vengono in mente gli insegnanti nostrani, sessantottini che entrano con il manifesto sottobraccio?). Ma penso che le conseguenze siano anche peggiori, e mi riferisco alla “caccia al bianco” o ai numerosi recenti episodi di razzismo e violenza a danno dei bianchi, sempre e in ogni caso maggioranza oppressiva e razzista, che passano sotto silenzio proprio grazie a questo filone ideologico.
    il sorgere di queste pazzie è ben delineato in un libro di vent’anni fa, che io consiglio vivamente:
    http://www.adelphi.it/libro/9788845917851
    In un passo Huges descrive come in alcuni ambiti scolastici americani si preferisse studiare le danze polinesiane anziché la rivoluzione francese, considerata un episodio storico troppo eurocentrico, legato all”uomo bianco e al passato per essere “politically correct”. Huges ribatteva che le danze polinesiane erano certamente bellissime, ma non aiutavano a capire il mondo contemporaneo come la rivoluzione del 1789…a meno che uno non viva su un atollo!
    In Europa non siamo ancora a queste perversioni, ma la paranoia post-Brexit (con l’incriminazione di chi aveva votato NO) e altri episodi anche a casa nostra (ho scritto forse una volta delle violenze nei confronti delle così dette sentinelle in piedi) ci ha già mostrato l’aspetto totalitario di questo pensiero liberal che, essendo essenzialmente un prodotto ultracapitalista, è geneticamente autoritario.

  86. Considerare l’America una mera estensione dell’Europa è ancora più problematico, perché porta alla rimozione di tutta la storia americana pre-colonizzazione, come se non esistesse.
    Per quanto riguarda gli insegnanti, non credo si possa fare una colpa a chi legge Il manifesto! Ti andrebbe bene se entrassero con Libero sottobraccio? O devono essere neutri? Il problema non è che abbiano un punto di vista; il problema è la rimozione degli altri.
    L’oppressione sistemica esiste e il problema dell’intolleranza arriva da tutte le parti; io volevo sottolineare il paradosso dell’intolleranza dei sedicenti tolleranti.

  87. Gaia, trovami un prof che va a scuola con Libero, Il Giornale o La Verità sotto braccio e ti regalo la terza pecora! 🙂

  88. Vale corromperne uno? 🙂
    Comunque, sembra che sia vero che il corpo docenti tenda a sinistra (un certo tipo di sinistra), ma questo non è un problema, anche perché nessuno impedisce a un uomo o una donna di destra di diventare insegnanti. Il problema che io indicavo è un altro, e personalmente non l’ho mai riscontrato nelle università italiane, che ne hanno ben altri.

  89. Qui si parlava dei fatti di Colonia, anni fa. Ora è successo, con scarsissima attenzione mediatica nonostante l’estrema gravità, anche in Italia: https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/01/11/aggressioni-sessuali-in-piazza-duomo-in-corso-18-perquisizioni-tra-milano-e-torino-gli-indagati-hanno-tra-i-15-e-i-21-anni/6451842/

  90. firmato winston

    Ti ricordi quando poco tempo fa in un articolo dicevi che il lupo e’ un predatore a rischio zero, e io precisavo che tutti i predatori sono a rischio zero, perche’ non possono permettersi di perdere un occhio, o una zampa, ogni volta che si procurano un pasto? Perlomeno quelli apicali, che di solito in natura sono presenti in numero esiguo e autocontrollato, altrimenti distruggono il loro stesso sostentamento.

    Bene, ier l’altro un mio amico mi raccontava di quando, moltissimi anni fa, con i suoi compagni di lavoro adolescenti (allora era normale fare lavoretti d’estate, in “nero” se il concetto di “nero” fosse gia’ esistito), ne bullizzavano un altro, che piu’ lo bullizzavano, nella sua fragilita’ emotiva, piu’ si attaccava al gruppo che lo bullizzava.

    In un flash mi e’ venuto da mettere insieme le due cose: quel tipo di fenomeni che descrivi sopra sono un residuo atavico della predazione del branco, che si svolge sempre sul piu’ debole, in modo da andare sul sicuro, sul “rischio zero”. L’uomo ha piu’ o meno la stessa struttura sociale istintiva del lupo, vivrebbe in piccole tribu’ di cacciatori, e quella struttura sociale emerge continuamente anche all’interno di quella piu’ grande degli immensi Stati moderni nei quali viviamo oggi, e a tutte le scale di grandezza dei gruppi tribali che in esso si costituiscono. Gli Stati sono diventati immensi anche predando i piu’ piccoli e i piu’ deboli (e non solo per difendersi dalla predazione…).

    Forse portare ad emersione e consapevolezza tutto questo, aiuterebbe a vergognarsi un po’ di essere fatti cosi’, e magari porrebbe un po’ di argine a questa che per altri versi, nei momenti di lucidita’, vediamo come una meschinita’.

    Il bello e’ che tutto questo e’ frutto della grande socialita’ dell’essere umano, visto che la socialita’ pare si sia evoluta anche per cacciare in modo piu’ efficace. Per dire che non e’ sempre colpa dell’individualismo: anzi di solito gli individualisti, e per esteso gli individui che vorrebbero essere indipendenti e autonomi, sono i primi ad essere riconosciuti nella loro debolezza e bullizzati dal branco.

    C’e’ un libro che avevo trovato citato sul blog di luca pardi (sparito anche lui?), “La conquista sociale della terra” di E. O. Wilson (morto qualche giorno fa, peraltro) che dovrebbe trattare di qualcosa di simile, non del bullismo in particolare, ma in generale della socialita’ di una specie come strumento di potenza e conquista. Ma non l’ho letto, non ancora. L’autore, noto un tempo per i suoi studi sulle formiche, oggi per il suo “la meta’ della terra” e altri testi di ecologia, e’ morto ultranovantenne proprio qualche giorno fa.

  91. Ho sentito della sua morte e dei suoi contributi alla scienza, magari un giorno leggerò le sue opere.

    Riguardo ai meccanismi del branco, può essere che tu abbia ragione, ma qui, anche se non si può dire, deve esserci anche un elemento culturale, dato che gli aggressori appartenevano tutti alla stessa area culturale. L’uomo è sempre lo stesso, ma il modo in cui si manifesta la sua natura può variare.

  92. E comunque un conto è predare per mangiare, un conto bullizzare un membro della tua stessa specie.

  93. firmato winston

    “anche se non si può dire, deve esserci anche un elemento culturale”

    Senza dubbio, e questo credo non sia un mistero per nessuno.
    Tieni conto comunque che l’atteggiamento che avevano i maschi italiani verso le donne fino a meno di un secolo fa in molte regioni d’italia un po’ meno a nord della tua, non era molto diverso, anche senza l’elemento del branco… il “maschio alfa” si vantava che quando voleva una donna, se la prendeva e basta. L’unico ostacolo erano i maschi della parte della donna (familiari, amici, conoscenti – da cui uno dei piu’ frequenti motivi di faida, che peraltro sembra cominciare a riprendere piede nelle nostre banlieu di stranieri e/o italiani rinselvatichiti).

    “un altro conto bullizzare un membro della tua stessa specie”

    Non credo, se e’ quello piu’ debole e se, come e’ normale in natura, c’e’ troppa gente per le risorse disponibili, per cui serve “sfoltire”.

    Circa il rinselvatichimento tribale dei maschi, ci sono dei video su youtube di Luigi Zoja interessanti, uno mi pare sia questo ma lo vidi tempo fa, non ricordo bene. Mi colpi’ l’affermazione secondo la quale la maternita’ e’ un fatto biologico, la paternita’ no, e’ culturale, con tutto cio’ che ne puo’ conseguire. Non so se sia qui dentro ne’ se possa interessare, comunque:

    Nel contesto, mi viene in mente un librettino di poche pagine che lessi qualche anno fa, “Tutto mi e’ piaciuto” di Manlio Cancogni, dal quale questo, che e’ un pezzettino che parla da solo, sono suoi ricordi di gioventu’ fra le due guerre… italia, liceo classico virgilio:

    Intervistatore:
    “La tua generazione si è riconosciuta in alcune cose, come la letteratura o la politica, per esempio. Ora in cosa si può riconoscere secondo te un ragazzo adolescente?”

    Cancogni:
    “Il mondo, perlomeno questo è quello che spero possa avvenire, si ridimensionerà un po’, vivrà in termini più stretti, e più puliti anche. Cos’è poi questa smania di progresso continuo, a questo punto non è più nemmeno progresso. Verso dove? Cosa significa? Che stupidaggine è?
    È un’idea illuministica-ottocentesca. Gli illuministi almeno ponevano un limite nella natura, con l’industrializzazione invece non è più così. L’unico fine inevitabile di ciò è la guerra, perché la concorrenza e il battersi per scoperte sempre nuove porta a quello.
    Due spaventose guerre mondiali avrebbero dovuto togliere ogni grillo dalla testa della gente, invece non è stato così. Anche se forse in parte gliel’hanno tolto, e io tutto sommato continuo a pensare che oggi la gente sia migliore di quello che era quando sono nato io, soprattutto i ragazzi. C’era una tale aggressività… la mattina, quando eravamo in attesa di entrare a scuola in via Sicilia, al Virgilio, ci si cazzottava, così. Io ero un cazzottatore, capisci? Avevo paura in realtà, ma per questo mi precipitavo addosso all’avversario. C’era un gusto della violenza e della prevaricazione, della sfida, che fortunatamente non vedo nei ragazzi di oggi. C’era molta competizione. Si viveva avendo come sfondo e contemporaneamente come avvenire la guerra.
    Oggi in Europa, in Occidente, c’è piuttosto una koinè indistinta dove tutti si è vestiti allo stesso modo e si parla un inglese di base. Forse è un bene. Il mondo ormai è uguale dappertutto. È un mondo devitalizzato e un po’ più stupido, certo, ma almeno più pacifico.
    La gioventù è migliore, non c’è dubbio. Tu pensa al rapporto con le ragazze: prima l’ideale di un ragazzo di diciotto-venti anni era sverginare una vergine, lasciarla incinta e abbandonarla. Ma ti rendi conto?
    Certo, oggi è un mondo fatto di consumi e di obiettivi molto limitati. Ma allo stesso tempo, in un certo senso infiniti, perché non c’è limite alla ricerca del benessere.”

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