cellulare

Ieri mi sono accorta di aver perso il cellulare. L’ho cercato, prima in casa, poi per la strada, il sentiero, il prato con l’erba alta. Non l’ho trovato. La mia principale preoccupazione era avvertire le persone che avrebbero potuto essere in pensiero. Ho pensato di chiedere un piacere a qualcuno, ma mi scocciava; il telefono portatile sembra una cosa tanto più intima di quello fisso. Fortunatamente, il bar del paese ha un telefono a scatti, di quelli che nessuno usa più. Ho recuperato i numeri da un vecchio cellulare (c’è ancora qualcuno che sa i numeri a memoria?) e ho chiamato. “Richiamami a questo numero…” – mi sembrava un vecchio film.

Stamattina il mio telefono ancora non era saltatato fuori. Questo significava che avrei dovuto prendere la corriera, andare a Udine o a Tolmezzo, annullare la scheda sim, farmene dare un’altra, comprare un nuovo cellulare… una scocciatura. Oppure, non fare niente di tutto questo e stare senza. Appena mi è balenata quest’idea nella testa mi sono subito sentita meglio.

Vista la rapidità del progresso tecnologico persino io, considerata tutt’ora giovane nella nostra società, sono in grado di ricordarmi un tempo senza computer, senza internet, e senza cellulare. Ho ricevuto il mio primo cellulare quando avevo diciassette anni, e ricordo che c’era ancora gente della mia età di allora che resisteva e faceva mostra di voler continuare a stare senza (tra tutte le persone che conosco ora, nonni comprese, solo una non ha il cellulare). Era un affare ingombrante con lo schermo bicolore che serviva solo a fare chiamate e mandare messaggi (che bisognava scorrere a lungo per leggere). Per anni l’ho usato solo per comunicare con italiani. Quando ero all’università (all’estero), non so perché, i cellulari non li usavamo molto. Avevamo un telefono in camera, solitamente con segreteria telefonica, e gran parte di noi viveva nel campus. Per vedere qualcuno bastava andare in camera sua, in classe o in qualche altro spazio comune, oppure chiamare a casa. Si usavano molto anche le chat, alcune delle quali (icq, msn) o non ci sono più o sono passate di moda. Probabilmente chattare con il tuo vicino di stanza (si sentiva l’avviso sul suo computer appena mandato il messaggio) non era molto sensato o ecologico, ma chi ci pensava? Anche quando presi un appartamento fuori continuai a non usare il cellulare. C’erano ancora le cabine telefoniche (pensate!), e la segreteria telefonica come oggetto fisico e non spazio impalpabile. Aveva qualche inconveniente (io ad esempio avevo dato il mio numero a una specie di stalker e quindi ero costretta a filtrare le telefonate con la segreteria; lo stesso numero, prima, era quello di un fax, quindi la segreteria faceva sempre piiiiiiiiiii), ma non ricordo di aver mai avuto problemi, nel senso di appuntamenti saltati o gente che non mi trovava più. Di solito sapevo dov’erano le persone che dovevo vedere, spesso si trovavano nella prossimità di un numero fisso, e se succedeva qualcosa andavo alla cabina e le chiamavo.

Vi racconto questi particolari della mia vita, cosa che non mi piace molto fare, solo per descrivere fino a quanto recentemente fosse possibile una vita normale senza cellulare. Il problema, dovessi decidere di tornare a questa vita, è che adesso non ho né un fisso in casa né internet, anche se potrei facilmente e abbastanza frequentemente farmeli prestare o andare al bar o in biblioteca.

In uno di questi bar tra l’altro, mentre ero al computer su internet, un giorno è passato il sindaco (saluti al sindaco, nel caso avesse incaricato qualcuno di leggere il mio blog). Si è messo a “scherzare”: tu non sei una vera ambientalista, tu dovresti usare solo piccioni viaggiatori! Ho provato a replicare, ma non ce l’ho fatta: “Eh, siete furbi voi, solo quello che vi comoda”, o qualcosa del genere. Non riuscivo a spiegarmi.

Scrivo qui cosa avrei voluto dirgli, nel caso qualcuno leggesse e volesse riassumerglielo, o anche a beneficio di tutti. Io non sono contro la tecnologia a priori, anche perché se lo fossi non potrei distinguere tra nessuna tecnologia e morirei di freddo o di fame nel giro di pochi giorni da adesso. Gli esseri umani più di qualsiasi altro animale hanno bisogno di manipolare la materia attorno a loro per creare oggetti che gli permettano di sopravvivere. Essere contro la tecnologia per me vorrebbe dire essere contro i vestiti, i coltelli, il sapone, gli occhiali, la carta, i fiammiferi… tutte cose che mi servono. Detto questo, mi ritengo libera di scegliere tra tutte le tecnologie disponibili quelle che mi sembrano migliori, almeno per me, e scartare le altre. Questo fa automaticamente arrabbiare le persone. Un motivo è che una rinuncia riuscita dimostra che è possibile vivere senza qualcosa, ma tanta gente non ha voglia di farlo, e l’essere messi davanti a una possibilità sgradita porta le persone ad attaccare per prime (guardate ad esempio quante persone odiano i vegani). In molti faticano a gestire la diversità; davanti a un diverso, per scelta o per nascita, si trovano a pensare: o ha ragione lui, o ho ragione io. Se ho ragione io, lui sbaglia, se ha ragione lui, devo neutralizzarlo così da aver ragione per default.

Invece, non solo la diversità rende la vita possibile (immaginatevi un mondo in cui tutti fanno la stessa cosa), ma offre anche molti spunti e rassicura su quante cose sono fattibili, volendo o dovendo. Ho un amico che vive con il bagno fuori dalla casa e un altro che non mette le scarpe ma solo i sandali, anche d’inverno; una volta ho letto che Jared Diamond, uno degli uomini più enciclopedici (tra quelli famosi) del nostro tempo, non sa neanche accendere un computer (ne dubito, ma l’ho letto davvero). In ogni rinuncia c’è la creazione di un’alternativa. Pensate a quante ricette hanno inventato i vegani, a quante poesie i casti, a quante bevande gli astemi…

Un altro motivo per cui i sobri per scelta sono attaccati, però, è che le proprie scelte tecnologiche condizionano anche gli altri, in due modi. Uno è l’essere costretti ad adattarvisi; il mio non andare in macchina lascia gli altri liberi di muoversi come vogliono, ma chiaramente se rinuncio al cellulare chi vuole comunicare con me deve trovare altri modi che gli sarebbero molto meno comodi.

Ah, dimenticavo: l’idea dei piccioni viaggiatori, lo dico sul serio, è fantastica. Riuscite a immaginare qualcosa di più bello di una lettera che arriva dal cielo?

Ringrazio il sindaco per lo spunto.

L’altro motivo è che ogni tecnologia richiede un’infrastruttura: strade o binari per i vari mezzi di spostamento, antenne e cavi per la televisione, la radio e internet, una rete postale, e così via. Oltretutto, una buona parte se non la maggior parte dei costi legati a ogni tecnologia non sono individuali ma infrastrutturali. Questo significa che chi non usa una qualsiasi tecnologia è costretto a finanziarla lo stesso: se ci sono abbastanza persone che non lo fanno, potrebbero fare massa critica e chiedere che i fondi vengano spesi altrove. Inizio a pensare, ad esempio, che spendere soldi per far arrivare internet velocissimo a poche persone in piccoli paesi come il mio potrebbe non essere il modo migliore di impiegare i fondi pubblici. In fondo, non sta scritto da nessuna parte che chi vive in zone remote debba avere tutte le comodità allo stesso livello della città. Non ho purtroppo le competenze tecniche per discutere di questo nei dettagli. Comunque, quello che conta è che una scelta individuale raramente riguarda solo l’individuo, quindi io in parte capisco chi si sente minacciato dalla sobrietà altrui, o da qualsiasi altro comportamento che non solo lo mette in discussione, e passi, ma anche gli palesa la prospettiva di dover un giorno rinunciare a qualcosa o essere obbligato ad adottare qualcos’altro. Lo dico per essere onesta.

Inoltre, perché una tecnologia sia effettivamente conveniente serve che abbastanza persone la adottino, e più persone ce l’hanno più è vantaggiosa per chi ne usufruisce – con alcune eccezioni, ovviamente: pensate alle automobili e al traffico. Anni fa tutti si accontentavano di mandarti un messaggio, adesso si lamentano se non hai whatsapp (e per punirti ti mandano dieci messaggi di una parola ciascuno). In questo senso, non è in singolo-originale a minacciare i singoli-massa, ma il contrario: se non avevi il cellulare nel 1999 eri una persona normale, se decidi di stare senza adesso probabilmente vieni come minimo ricattato emotivamente da tutta la famiglia, amici e fidanzati: e adesso come ti troviamo? Le scelte degli altri condizionano le tue.

Io sono arrivata a questo punto della mia vita avendo adottato le seguenti rinunce: niente televisione a casa, niente automobili neanche da passeggera, e ora forse anche niente cellulare. Si tratta di scelte personali, ma fino a un certo punto, perché sono convinta che l’automobile faccia danni a livello collettivo e il suo uso vada scoraggiato, o per lo meno non più incentivato con la continua costruzione di parcheggi e nuove strade, la benzina agevolata, i bonus per l’acquisto, e così via. La tv non mi interessa: che gli altri ce l’abbiano se la vogliono, io non la sopporto. Per internet mi arrangio, anche perché ho comunque, come avrete visto, la possibilità di usarlo molto spesso. Ho già ricominciato a scrivere lettere agli amici disponibili a rispondere, che ne sembrano entusiasti: la lettera coinvolge i sensi, è una bella sorpresa nella cassetta, e ha meno possibilità di andare persa di quella marea di mail che sono ovunque ma in realtà in nessun posto, e che probabilmente nessuno riuscirà o si ricorderà di salvare alla nostra morte. Io penso spesso a quanti messaggi e quante mail ho perso per sempre, messaggi e mail importantissimi nella mia vita e che tutt’ora rimpiango, mentre ho ancora tutte le lettere che ho ricevuto. Certo, la mia casa non ha mai preso fuoco, ma se tutti tenessero anche una brutta copia di quello che spediscono, anche un incendio non sarebbe un problema. Le mail, invece, tendono a scomparire definitivamente quando non controlli un account, o i messaggi quando un cellulare si rompe; magari qualcuno li ha ancora, ma sembra non avere mai voglia di tirarli fuori, e dopo un po’ li lascia andare anche lui.

È possibile, secondo qualcuno quasi certo, che le tecnologie che oggi diamo per scontate prima o poi non saranno più disponibili: l’impalpabile internet, ad esempio, richiede una rete di infrastrutture così enorme e così energivora che difficilmente sarà sostenuta a lungo. L’ideale sarebbe ridimensionarla e tenerla solo per cose effettivamente preziose – wikipedia, ad esempio, o le mail – togliendo tutte le cazzate, ma la direzione corrente sembra essere quella opposta. Sembra che i cellulari siano sempre più potenti, internet sia sempre più diffuso e pieno di pubblicità, le auto sempre più vendute, e che quello che dico io indichi una direzione opposta rispetto a quella in cui va il mondo. Io noto però che adesso il telefono lo paghi ogni ventotto giorni, e non ogni trenta, che le biciclette sono sempre più di moda, che i giovani americani non considerano più imprescindibile l’automobile… è difficile districarsi tra segnali contrastanti, ma dopo il picco del petrolio non potremo più sostenere così tanti consumi energetici in così tanti ambiti. Dovremo scegliere se costruire reti per muoverci fiscamente, per muovere merci o per muovere dati (o per fare guerre).

E a proposito di cose che vanno sia avanti che indietro, avete notato che adesso la batteria dei cellulari non dura più niente? Mi fa ridere che una cosa che è nata al solo scopo di avere autonomia, così che le persone la possano portare in giro, è diventata talmente sofisticata da non avere più autonomia, così che chi possiede uno smartphone vive nel terrore costante che si scarichi e deve trovare sempre un appoggio per ricaricarlo. Per non parlare del fatto che i cellulari sono diventati sempre più piccoli, poi sempre più grandi, che sono nati per essere portatili, e adesso devi sempre avere il caricatore… ma divago.

Devo ancora parlare con le persone più vicine di questa possibile decisione di vivere senza cellulare – anche se, non avendo io per l’appunto il cellulare, passerà molto tempo prima che riescano a raggiungermi per farmi una predica, e questo è già da solo un buon motivo per procedere. Finora la mia decisione di non salire in macchina ha migliorato la mia vita, così come quella di non mettere più scarpe coi tacchi, e sto pensando a nuovi tipi di rinunce piacevoli: non comprare più stoffe ma usare solo stoffe recuperate, ad esempio. Il cellulare effettivamente è utile se uno va via da solo e si trova in pericolo, per scattare foto, e poi mi piace come oggetto (ma forse mi piace di più la rubrica). Al tempo stesso, nelle ultime ore, in cui ho pensato di stare senza, mi sono sentita molto bene. È difficile trovare un equilibro pratico tra due desideri contrastanti, tipo quello di poter comunicare agevolmente e quello di essere lasciati in pace: a un certo punto bisogna scegliere cosa è più importante per noi, e non è detto che lo stesso valga per tutti.

Forse sembra che siano tante le cose a cui rinuncio, ma è solo perché rinuncio deliberatamente a cose che tutti meno deliberatamente fanno, non tanto per scelta consapevole quanto perché è così che si fa, mentre faccio deliberatamente cose che tante persone non deliberatamente non fanno. In fondo, per quanto uno possa privarsi di questo o di quello, il mondo è strapieno di cose di cui si può godere. Io sto solo scegliendo, secondo i miei gusti e i miei principi, tra infinite possibilità. E non è nemmeno detto che il meno non sia un più! Libero semplicemente tempo e attenzione preziosi per occuparli con qualcosa che secondo me ha più valore. C’è tanta gente che non ha ufficialmente rinunciato a leggere, ad esempio, ma non legge mai, o che non ha ufficilamente rinunciato a fare i dolci in casa ma non ha tempo perché deve lavorare per pagare cose di cui altri fanno a meno.

E comunque, quando una rinuncia è autoimposta, si può sempre tornare indietro. Spesso mi viene chiesto se io “posso” accettare un passaggio se la persona che lo offre viaggia comunque, o altre possibili deroghe. Ma questa non è una religione, né una legge. Ho deciso di dire di no all’auto per evitare infiniti distinguo: no e basta è molto più semplice. Ma sono io che decido, e nessun altro, e se io decidessi di salire su una macchina non ci sarebbe nessuno a impedirmelo – se non le solite infinite persone che, incapaci di fare rinunce nella propria vita, si ergono a giudici delle rinunce altrui, e stanno lì a controllare quanto sei coerente e a esultare appena ti colgono in fallo.

(Lo facciamo tutti, comunque. È meno faticoso delle alternative, tipo seguire un buon esempio)

Chi volesse comunicare con me, intanto che decido, può mandarmi una mail, che controllerò abbastanza spesso. Molti di voi sanno dove vivo, e potrei addirittura pensare di usare i soldi risparmiati (purtroppo molto pochi: un centinaio di euro all’anno, ho calcolato, più elettricità e apparecchio) per spostarmi più spesso.

Annuncio anche che questo è l’ultimo post, stavolta davvero. D’ora in poi tutti i post saranno comunicazioni relative ai miei libri o notifiche. Ringrazio di cuore chi mi ha sostenuta finora, ma mi sono ampiamente stufata sia di lavorare gratis che di chiedere un sostegno economico ai lettori. Mi sono anche stufata di vedere che sono quasi sempre gli stessi a fare offerte, con il risultato che quando sollecito un piccolo contributo mi sembra di pesare su chi è già stato generoso e non scalfire minimamente gli altri. Il mio modello economico di contributo volontario non ha funzionato, ed è un peccato, non solo perché bastava davvero poco (credo di avere almeno qualche decina di lettori regolari, che avrebbero potuto dare uno o due euro al mese ciascuno, e sarebbe stato sufficiente), ma anche perché sarebbe bello dimostrare che le persone sono oneste e non cercano di approfittare degli altri, nel senso sia di me, sia di chi ha fatto donazioni.

Forse, un giorno, trasformerò il blog in foglio da inviare per posta a chi si volesse abbonare. È un’idea allettante, dato che potrei usare una bella grafica, con fiori e uccellini sui bordi e tanti colori. Ovviamente andrebbe perso il grande valore aggiunto del blog, che è quello dei commenti, spesso belli, ironici, ricchi di spunti e suggerimenti. I commenti forse sono stati la cosa più bella di questo blog, e sono triste all’idea di perderli. Però non so cosa farci: mi sento stupida a fare un lavoro gratuitamente, perché di lavoro si tratta. Ho dedicato a questo blog, su cui ho scritto 714 post, migliaia e migliaia di ore per anni; se le avessi passate a vangare la terra queste ore mi avrebbero reso molto più (se non fosse che sto cercando di imparare l’agricoltura sinergica, e quindi ho quasi rinunciato anche a vangare).

32 risposte a “cellulare

  1. Io vivo nella periferia di Milano e non possiedo ne auto ne scemofono. Possiedo un telefono cellulare Nokia di tipo afghano che mi ha regalato mio fratello anni fa giusto perché mi deve telefonare Per spostarmi uso uno scooter oppure vado a piedi (cioè bicicletta, autobus e pedibus calcantibus). Le parola “tecnologia” io la traduco in “le conoscenze che servono per fabbricare le cose”. C’è tecnologia in qualsiasi attività umana. Quindi, cosi come scegliamo quali azioni compiere, scegliamo la tecnologia che serve.Viceversa, chi non sceglie, delega altri. La differenza quindi consiste nell’adoperare consapevolmente una tecnologia o un’altra, contro l’essere passivi, parte di un ingranaggio concepito altrove.

    P.S., lo scemofono è un computer portatile. A me non serve perché è troppo grosso per essere comodo da portare in giro e troppo piccolo per essere comodo da usare. La funzione “social”, cioè la necessità di essere permanentemente collegati ad Internet e tramite questo a qualche servizio che pubblica i cavoli tuoi, non la capisco.

    Se non scriverai altro sul blog, saluti e in bocca al lupo.

  2. Gaia, non so se ci hai fatto caso, ma chi è molto presente nel “virtuale” tende a essere inafferrabile nel reale. Il mese scorso, un mio amico di gioventù mi rinfacciò (senza acredine, ma lo fece) la mia pressoché costante indisponibilità telefonica. La mia risposta venne fuori facile: “Io non ci sono quando mi cerchi al telefono, è vero, ma se mi cerchi di persona sono disponibile in qualsiasi momento a passare il mio tempo con te; tu, al contrario, sei perennemente “connesso” ma, quando si cerca d’incontrarti, hai sempre “altro” da fare e sei letteralmente inafferrabile. Un’amicizia telefonica mi interessa poco. La prossima volta, prova a passare e a suonare il campanello di casa. Mi troverai.”

  3. Mi piace molto questo commento! È proprio vero. Ultimamente, mi sono accorta che mi scoccia stare ore al telefono. Ho cercato di razionalizzare e ho capito perché: vedere una persona è tutta un’altra cosa. È più divertente, coinvolge anche altri sensi (vista, tatto, olfatto, gusto se si mangia o beve qualcosa assieme…), più avventuroso… (È anche più rischioso, ma per fortuna non mi capita spesso di voler mandar via qualcuno)
    È vero, venirmi a trovare è complicato, ma se ci tieni a una persona lo fai. A me sembra che vadano continuamente tutti in giro, ma andare a trovare qualcuno spesso è considerato troppo poco… non so: vacanziero, svagoso, qualcosa del genere.

  4. Gaia, sono troppo importuno se ti chiedo di darmi un’idea della tua età approssimativa? Tranquilla: non intendo “tampinarti”, è che mi aiuterebbe a comprendere meglio il tenore dei tuoi pensieri. Tra l’altro, comincio io, dichiarando la mia età di poco ultra-cinquantenne.

  5. Un amico, forse polemicamente col motto di Zuckerberg, affermava che

    “La tecnologia avvicina chi è lontano e allontana chi è vicino”.

    Io passo quasi tutto il tempo col mio vecchio Nokia da 28 o 29 euro che ha ormai … dovrei fare i conti, otto o dieci anni..
    Ha le funzioni minimali e importanti: telefonia voci, sistema SMS.
    Ha un’autonomia di giorni, è robusto, maneggiabile, posso scrivere messaggi con una mano sola.
    Un eccellente dispositivo, direi.

    Diciamo che stare senza la connessione perenne e alcune sue forme come WhatsApp è – ovvero sembra essere – abbastanza escludente.
    In realtà scopri, poi, che esclude un sacco di rumore relazionale che, tu, Gaia, hai ben descritto.
    Forse una volta avrei fatto come te, ora io sono più moderato: uso il cellulare semplice quando mi serve.

    Continua a scrivere, Gaia!
    Fallo per tuo piacere, non per gli altri.

  6. Conosco persone adulte non anziane e non disadattate che vivono senz’auto, altre senza TV, senza lavoro, o senza cellulare, o senza internet o email. Io stesso ho vissuto 10 anni senza TV e una volta 2 mesi senza frigorifero. Rinunciare a molte di queste cose è possibilissimo. Verissimo che vivere facendo delle rinunce si ndispone e si irrita molte persone. Sull’andare a trovare amici e parenti senza preavviso ti dico che lo faccio ancora come 30 anni fa perchè mi piace anche se questo crea attriti con la mia signora che lo giudica sconveniente. Se questo sarà il tuo ultimo post ti faccio gli auguri di una buona vita. Noi che ti seguiamo ce ne faremo una ragione. Vivremo senza, e se Sara meglio o peggio lo sapremo dopo.

  7. 32

  8. Grazie, o giovanissima Gaia. 🙂
    Non una ragazzina ma neppure una stramba gattara dalla stagionatura conclamata. Dovrebbe essere una garanzia d’equilibrio. Terrò conto.

  9. Uomo in cammino: grazie. Non ho intenzione di smettere di scrivere 🙂

  10. icq … msn … quanti ricordi !
    Pure potendo contattare quant* sconosciut* si voleva e – se ricordo bene – configurare anche le stanze ( conversazioni di gruppo ), la modalità delle chat era cmq. intima;
    poi, sono arrivati i social net che hanno ”ucciso” le chat storiche ed incorporato/acquistato nuovi messenger, oltre che cambiato il modo di interagire tra gli utenti.

    ”l’essere messi davanti a una possibilità sgradita porta le persone ad attaccare per prime (guardate ad esempio quante persone odiano i vegani).”

    Non ci avevo mai pensato … ma è vero.

    ”In ogni rinuncia c’è la creazione di un’alternativa. Pensate a quante ricette hanno inventato i vegani, a quante poesie i casti, a quante bevande gli astemi…”

    Ogni rinuncia ( volontaria, costretta ) porta a una deviazione e a un punto di vista ”altro”, alla definizione di uno spazio-playground per la mente che esce dai binari della routine ed è obbligata a creare.
    Ma …
    nel momento in cui rinunci a scrivere sul tuo blog per dedicarti integralmente al cartaceo, perdi più di un canale di comunicazione, più di un medium :
    perdi una dimensione della tua persona.

    Arrivo tardi, non ti conosco da molto, ho solo spizzicato qualcosa dopo che UUIC ti aveva citata.
    Mi spiace la decisione di smettere di postare qui, hai la capacità di trascrivere i tuoi ragionamenti ( anche quelli complessi ) con una scrittura fluida e piacevole che non è frequente nei bloggatori, e spero che ci ripenserai.

    Ciao.

    ===

  11. Ti ringrazio. Sto valutando se sia possibile ricreare qualcosa di simile a questo blog ma con modalità diverse, ad esempio cartacee. Prima però devo finire il libro che sto scrivendo.

  12. Ok …
    mi hai incuriosito …

    🙂

    ===

  13. Buon lavoro, Gaia.

    🙂

    { anche io sto scrivendo, ho scritto tanto, ed è giunta l’ora di rifinire E consolidare le tante pagine digitali salvate su disco;
    con questo ed altri post che hai scritto, mi hai incuriosito, mi hai fatto venire voglia di leggere un po’ di carta tua }.

    ===

  14. In questo caso, eccoti la mia bibliografia 🙂

  15. Salve; ( O posso dire ciao ?)…Recentemente sono passato da un vecchio samsung ad un cinese tipo “rugged” : il costo è contenuto e prende ovunque, anche in montagna quando vado a funghi; ne sono entusiasta perchè mi fa stare tranquillo di non perdere chiamate di lavoro e poi c’è anche il tasto “SOS”…Non sia mai che faccia un capitombolo!
    Ciao

  16. PS: senza telefonino non potrei andare a funghi con tranquillità ; finchè si può me la godo…

  17. mi trovi molto d’ accordo su quanto hai scritto
    le tecnologie come per l’ appunto il cellulare sono tutte utili
    ma non indispensabili quindi il rinunciarvi non dovrebbe
    incidere negativamente sulla vita quotidiana di ognuno di noi

    i commenti pero’ mi lasciano un po’ perplesso
    la gente sembra quasi farsene un vanto di non avere la tv o il cellulare mah!!..
    ognuno deve sentirsi libero di fare le proprie scelte senza condannare gli altri e senza vantarsi delle proprie scelte

    non vanno odiati i vegani ma i vegani non devono odiare chi beve il latte

    dal punto di vista ecologico se tutti rinunciassimo a qualcosa
    il pianeta ne gioverebbe sicuramente
    come dici tu non dobbiamo per forza fare tutti la stessa cosa
    perchè siamo diversi , ben venga dunque chi rinuncia all’ auto
    chi all’ acqua minerale in bottiglia ecc. ecc.

    io personalmente non riesco a fare a meno del cellulare e del pc
    (li uso per lavoro)
    ma ho rinunciato a guardare la tv leggere giornali , riviste , libri
    la distruzione delle foreste primarie e’ un male che affligge
    il nostro pianeta da diverso tempo e ho deciso di fare qualcosa

    comunque se tutti rinunciassimo a un po’ di tecnologia senza fare grandissimi sacrifici, specialmente quella frivola e dannosa sicuramente ne trarremmo tutti vantaggio.

    non serve che pochi rinuncino a tutto ma che tutti rinuncino a poco

  18. È vero: non serve rinunciare a tutto e basterebbe che ognuno rinunciasse a qualcosa. Ci sono consumi spropositatamente maggiori di altri (un volo intercontinentale non ha lo stesso impatto di un libro), ma non tutti devono fare esattamente lo stesso tipo di rinunce.

  19. Ci si fa tante parole in testa e giustificazioni specificando quanto è vecchio oppure quanto non è moderno il nostro citofono portabile. Sono pretesti, è anche una tecnologia presto obsoleta; è un fenomeno simile alla bomba atomica, visto che esiste se n’é fatto uso. Serviva? Forse a diverso fine da quello dichiarato.

  20. lettore pungente

    leggo solo ora questo post del 2016. hai mai pensato che forse i lettori non ti danno i soldi perchè non è interessante quello che scrivi? o che lo fai con i metodi sbagliati? Conosci Francesco Costa? la sua newsletter ha fatto scuola in proposito. Forse è il caso che tu metta in discussione il tuo modo di scrivere e di comunicare, non le tasche dei tuoi lettori. i lettori è riprovato che pagano, se l’argomento vale la pena 😉

  21. Se i lettori leggono, commentano e tornano, vuol dire che sono interessati a quello che scrivo. Io non ho smesso di tenere il blog (con alcune eccezioni) perché nessuno lo leggeva, ma perché dei tanti che lo leggevano solo alcuni erano disposti a contribuire economicamente per sostenerlo. Di sicuro non pretendo denaro dalle persone che non trovano interessante quello che scrivo!
    Siamo abituati ad avere tutto gratis, e non è un bene.

  22. lettore pungente

    Stai continuando a mettere in discussione i tuoi lettori senza mettere in discussione te stessa, l’hai notato? Probabilmente quello che scrivi è interessante per tornare a leggere le tue opinioni ma non vale 1€. D’altronde esiste la free press ed esiste gente che paga l’abbonamento ai giornali. ERAVAMO abituati ad avere tutto gratis, ma il mercato è cambiato. Ora è normale pagare netflix 9.90€ al mese e evitare la rottura di scatole di scaricare i film da torrent gratis. Il discorso è esattamente lo stesso per Spotify e tanti altri servizi simili. C’è gente che paga regolarmente Francesco (dell’esempio sopra) per una newsletter e un podcast. La domanda che ti devi fare è: perchè Francesco sì e Gaia no? Lui è nato “poveraccio” come te…ha solo avuto fortuna?

  23. A quanto ho visto lui chiede un’iscrizione prima di poter leggere quello che scrive, io lo metto interamente e gratuitamente sul blog. Sono due modelli diversi. Non so se lui è soddisfatto del suo, ma io con il mio ho smesso proprio perché non funzionava, quindi prima di dirmi che non sto mettendo in discussione me stessa per piacere leggi bene quello che ho scritto.
    Sul perché Tizio facendo x abbia più “successo” di Caio che fa z, poi, si potrebbe discutere all’infinito, ma secondo me è un po’ una perdita di tempo, sopratutto in campo culturale, in cui difficilmente trovi due esperienze abbastanza simili perché il paragone abbia senso.

  24. lettore pungente

    è evidente che non capisci il valore dei dati degli utenti. la sua newsletter è gratis, se gli lasci l’indirizzo email (no,non fa pubblicità, chiede solo l’email) e tu cedi un tuo dato personale in cambio di ottima informazione. oh guarda che bastava dire: no non conosco francesco e non so quel che fa. qui nessuno si offendeva 🙂 lui con un blog e una newsletter gratis si è pagato fior di viaggi e ha riportato indietro _ottimi_ reportage. non è una questione di successo ma di centrare il problema: farmi pagare per scrivere. Il mercato là fuori è complesso, deduco che a te non vada di sbatterti. Liberissima eh..ma non dare la colpa ai tuoi lettori

  25. Caro lettore, prima di scrivere ho dato un’occhiata al blog che mi hai indicato e ho visto che Francesco Costa chiede anche delle donazioni ai suoi lettori, come facevo io. I dati evidentemente non bastano a coprire le spese. E non è che io non capisco il valore dei dati degli utenti: mi sembra un modo bruttissimo di guadagnare i soldi. Non credo nel vendere i miei lettori e i loro dati a terzi – preferisco che siano loro a pagare me se quello che faccio è di loro interesse.
    Anziché fare deduzioni, ti consiglio di leggere bene un blog prima di arrivare a conclusioni affrettate e offensive su chi lo cura, altrimenti fai la figura oltre del maleducato anche del superficiale.

  26. lettore pungente

    scusa e chi ha detto che li vende i dati? sei tu che vedi del capitalismo ovunque..forse non percepisci il valore di tenerli TU gli indirizzi email dei tuoi lettori. in ogni caso il punto rimane: tu scrivi gratis e non ti pagano. lui scrive gratis e lo pagano. io leggo sia te che lui. lui lo pago, te no. se lui scrive un libro lo trovo interessante e lo compro (e lui mi manda una mail per dirmelo…dato che ha la mia mail) se tu scrivi un libro non lo vengo a sapere…boh vedi tu eh. qui chi fa deduzioni su come si usino i dati in proprio possesso non sono di certo io 🙂

  27. Lettore pungente, scusa se te lo chiedo, ma cosa vuoi da me? Se quello che scrivo non ti sembra abbastanza interessante da pagare per continuare a leggerlo, va bene, non pagare e io non scrivo. Non serve tormentarmi con consigli non richiesti. Se il problema è che non sai quando escono i miei libri, ti garantisco che lo scrivo sempre sul blog, per cui se uno vuole leggerli non ha problemi a essere informato. In ogni caso te lo dico adesso: ho pubblicato sei libri tra romanzi e poesie, facilmente reperibili od ordinabili.
    Se ti interessano più i reportage sull’America come argomento rispetto ai temi che tratto io, o se preferisci altri autori, anche in questo caso non c’è problema ma non capisco perché sei qui a scrivere che non mi sbatto e altre cose poco utili o gradevoli.

  28. lettore pungente

    il mio punto è che te la prendi con i lettori che non ti pagano. (anzi con frasi che sembrano sbattere la porta “allora dato che non pagate non scrivo più gnegne”) e che dici tra le righe che sono dei poveracci. c’è gente invece che fa esattamente quello che fai tu (la newsletter la menzioni anche tu nel post eh, non è mica un’idea esclusiva di chissà chi) però ha lettori che pagano. forse non è colpa dei lettori. tutto qua.

  29. Non ho dato a nessuno del poveraccio, nemmeno tra le righe. Continuo a pensare che, se uno sa che usufruisce del lavoro altrui senza sostenerlo economicamente, dopo ripetute richieste dovrebbe o decidere di sostenerlo o non usufruirne più. In molti hanno preferito non usufruirne più, e io ne ho preso atto.

  30. lettore pungente

    no ma tranquilla, continua a dare la colpa ai lettori..sìsì continua. senza un minimo di autocritica..tutta e solo colpa loro che non ti pagano.

  31. Mi sa che non ci stiamo capendo. Direi di chiuderla qui.

Lascia un commento