Il ricatto dei bambini

Adesso dirò una cosa orribile. I pochi amici che ancora leggono questo blog saranno disgustati dalle mie idee reazionarie e mancanza di sensibilità (sbagliando). Ma è quello che penso.

Cominciamo dalle immagini dei profughi che, sguinzagliati dal cinico ricatto del governo turco, premono alle frontiere europee, respinti dalle polizie dei paesi balcanici (ci piace far fare il lavoro sporco ad altri, evidentemente). Sentivo stamattina in radio che il luogo dove questo si sta verificando è vicino all’antica Adrianopoli – da dove, prima come profughi richiedenti asilo e poi come popolo con un suo esercito organizzato, i Goti entrarono nell’Impero Romano e diedero inizio alle invasioni barbariche. Lo storico Alessandro Barbero ha fatto alcune conferenze interessanti su questo particolare episodio. Si dice sempre che la storia si ripete – mai uguale, ma si ripete. Tutti pensano che si stia ripetendo la storia del nazismo e dei nazionalismi cattivi. A me sembra che oggi le condizioni siano completamente diverse e che semmai siamo all’inizio del crollo dell’Impero e delle invasioni barbariche; un momento che ci somiglia molto di più – un’organizzazione vasta, predatoria e militarizzata che diventa economicamente insostenibile ma nessuno lo vuole capire, il progressivo esaurimento di risorse fondamentali e la dipendenza dalle importazioni, un popolo indebolito, privato del potere decisionale e fondamentalmente inetto, élite egoiste e arroganti che mancano completamente di lungimiranza, popoli giovani e affamati che premono alle frontiere, l’illusione di mantenere il controllo di un’immigrazione sempre più pressante…

Vedremo.

Comunque, non era questo che volevo dire. Volevo parlare nello specifico di coloro che cercano di entrare. Parte fondamentale della narrazione sui “disperati” che cercano di entrare in Europa, e sulla crudeltà dei respingimenti, è che si tratta di donne e bambini. Questo viene detto sia quando è vero, che quando non lo è.

Personalmente, non considero le donne più meritevoli di protezione degli uomini. Si tratta di un’idea arcaica e sessista. I bambini, però, sono gli innocenti per eccellenza. Penso che possiamo essere tutti d’accordo sul fatto che i bambini non sono colpevoli né di esistere né della situazione in cui si trovano. Penso che possiamo essere anche d’accordo che, intrinsecamente, un bambino è un bambino qualunque l’etnia o la provenienza; non c’è un bambino che vale più di un altro. Ogni società ha innanzitutto l’obbligo di prendersi cura dei propri, ma non perché la loro vita abbia un maggior valore di quella degli altri bambini.

Detto questo, io mi unisco al coro di coloro che si scandalizzano nel vedere bambini sotto le bombe, bambini in condizioni disumane nei campi profughi, bambini che piangono, che hanno traumi, che non trovano pace. Solo che io, a differenza di quasi tutti, mi sembra, dirigo la mia rabbia in primis non alle potenze occidentali indifferenti, che tra l’altro hanno già enormi problemi di loro, ma a chi queste creature sfortunate le ha messe al mondo.

La guerra in Siria, una guerra orrenda, infuria da nove anni. La maggior parte dei bambini che vediamo è nata durante questa guerra. Ecco la cosa orribile che voglio dire: questi bambini non sarebbero dovuti nascere. Chiunque metta al mondo dei bambini in tempo di guerra, o in un campo profughi, è il primo responsabile delle loro sofferenze. Non voglio appesantirvi con i numeri, ma ci sono dati su quanti bambini sono nati dall’inizio della guerra, e sono tanti. Centinaia e centinaia di migliaia di creature che non hanno mai conosciuto la pace e chissà quando e dove la conosceranno. Quando vedo le foto di masse in moto con i bambini al seguito vengo presa dalla rabbia: con che coraggio li avete messi al mondo?

Quando faccio queste obiezioni mi viene risposto: ma riprodursi è un istinto insopprimibile, ma vuoi togliergli anche il sesso, ma fare bambini in quelle condizioni è un segno di speranza…

No, no e no.

Siamo uomini, non solo animali.

Innanzitutto, se proprio vogliamo buttarla su questo piano, ci sono modi per avere rapporti sessuali con una bassissima probabilità di procreare, anche senza disponibilità di contraccettivi. Se non ci si riesce, mi sembra che, durante una guerra o una lunga fuga senza certezze, rivendicare il proprio diritto al sesso senza pensare alle conseguenze sia moralmente peggio del decidere che non si possono accogliere illimitati profughi. È peggio chi crea un problema di chi viene chiamato a risolverlo e non ci riesce.

(Mi chiedo anche, mentre la guerra imperversa, come mai ci siano così tanti uomini non combattenti che hanno tempo di mettere incinta le donne. Durante le guerre mondiali europee, gli uomini erano al fronte, per quello nascevano pochi bambini. Possibile che in Siria stiano combattendo solo turchi e russi?)

Questa situazione si ripete nei campi profughi di tutto il mondo arabo, e in Africa, e ovunque. Vediamo zone dell’Africa continuamente piagate dalla fame e dalle carestie che implorano aiuti umanitari, li ricevono e qualche anno dopo li chiedono ancora, sempre in nome dei bambini che muoiono di fame, solo che questa volta sono di più, perché nessuno si è posto il problema di approfittare degli aiuti per ridurre il numero di bocche da sfamare in zone così difficili. Non è diverso in America Latina, dove uno degli elementi centrali del dibattito sul se fare o meno entrare i migranti negli Stati Uniti è la questione di come vengono o non vengono respinti i bambini. Anziché parlare delle conseguenze dell’ingresso di numeri così consistenti di richiedenti asilo e migranti economici, si parla della detenzione di minori, che mette a disagio tutti. Nessuno però critica chi quei minori li porta con sé in un viaggio così pericoloso, o li fa nascere in paesi poveri e violenti.

Se pensate che sia razzismo, ammetterò senza problemi che gli europei hanno fatto altrettanto per secoli, scaricando i propri eccessi demografici sui popoli sconfitti di Americhe e Australia. Solo che adesso, curiosamente, questi stessi popoli occidentali, in pace e con le pance tutto sommato piene, fanno pochi figli perché si preoccupano del futuro che daranno loro – mentre popoli che si vorrebbero senza speranza, in condizioni oggettivamente tremende, ne fanno molti di più. Chi ha speranza, e chi no? Fare figli è un atto di speranza, ma fare sesso di disperazione?

L’unica obiezione che accetto è che le donne siano costrette a fare figli da una cultura maschilista alla quale non riescono a sfuggire. Ma allora mi appello a queste donne, sapendo che vivono in condizioni tremende mentre io scrivo al caldo a casa mia, ma mi appello lo stesso: ribellatevi. Organizzatevi. Non mettete al mondo creature destinate a soffrire. Unitevi tra di voi e fate la cosa giusta tutte assieme.

Mi viene in mente Lisistrata. È una commedia, ma con profonde verità.

Mi disgusta pensare che siano gli uomini libidinosi a costringere donne già provate dalla guerra a continue gravidanze e poi a vedere i propri figli torturati dalla paura, dalla fame, dalle malattie, in lacrime nel fango, sporchi e con la pancia vuota, o in marcia verso chissà dove o respinti alla frontiera. Ma mi disgusta anche un’altra ipotesi, e cioè che ci sia qualcosa di deliberato in questa riproduzione, quasi un ricatto, non so se progettato o di fatto compiuto: non volete farci entrare? Mostri! Guardate come soffrono i nostri bambini! Vorrete mica sparare a donne e bambini?

Fare figli per impietosire, per costringere qualcun altro a farsene carico, per conquistare un’altra società, addirittura… sappiamo per certo che esiste chi lo fa – ma a questi livelli?

Per fortuna, una soluzione compassionevole ci sarebbe. Ci sono i contraccettivi, una delle più grandi invenzioni dell’umanità. Spesso le donne li vogliono, perché sono loro che portano il peso della gravidanza, loro che soffrono di più nel non saper cosa dar da mangiare alle proprie creature, a vederle piangere, crescere senza gioia. Parliamo dei profughi come di sub-umani che non si rendono conto delle conseguenze di quello che fanno, ma questo sì che è razzismo: considerare altre persone prive delle capacità morali e intellettuali che noi invece abbiamo.

Propongo, e in molti posti già si fa, di abbinare gli aiuti ai profughi a una sensibilizzazione sui contraccettivi e sulla necessità di limitare le nascite, assieme all’assistenza medica gratuita. Questa sarebbe una spesa migliore, più costruttiva, più etica, di quella militare e persino di quella per l’accoglienza. Nessuno dovrà rinunciare al sesso, neanche in guerra. Nasceranno meno bambini, e con più speranze. E, quando saranno grandi, forse non saranno così tanti da essere costretti dalla disperazione ad imbracciare un fucile e continuare le guerre da cui fuggivano le loro famiglie.

56 risposte a “Il ricatto dei bambini

  1. sono d’accordo con te Gaia!

  2. Pingback: Il ricatto dei bambini — gaia baracetti – ᖴᖇIᙀᒪIᙏᙀᒪTIᙓTᑎIᙅO

  3. gaiabaracetti

    Grazie.

  4. Hai scritto un grande post, Gaia, con una capacità di analisi davvero notevole.
    Non scopro niente di nuovo, visto che ti seguo da anni, ma devo dire – una volta di più – che sei una persona di grande coraggio intellettuale.
    Continua così.

  5. gaiabaracetti

    Ti ringrazio.

  6. Cara Gaia, io ammiro sia la tua indipendenza di pensiero che la tua capacità critica. Però credo che in questo caso specifico qualcosa sfugga alla tua analisi. In situazioni disperate o anche solo molto povere come quelle di tante nazioni, fare molti figli è piuttosto razionale, come scelta. Non è un errore. Se si vive in un luogo dove si è esposti a malattie, carestie, eccetera, è meglio fare tanti figli che farne pochi o uno solo. Perché si mette in conto che qualcuno di questi potrebbe ammalarsi, morire in guerra, di fame, eccetera.
    E’ meglio fare tanti figli perché dove mangiano 1-2 figli, possono mangiare anche 4-5, nel senso banale del fare la spesa e cucinare. Se si fanno tanti figli, magari si avrà la botta di fortuna che uno di loro troverà un lavoro (al limite anche un lavoro di fatica, oppure un modo più o meno legale di portare soldi in casa) e potrà supportare i genitori nella vecchiaia e nella malattia. Se si fanno tanti figli, magari si riuscirà a mandarne uno come migrante in Europa, e lì magari potrà avere un futuro, non importa se di elemosine, di lavoro genuino o di attività illegali. L’importante (dal punto di vista della famiglia) è che sopravviva e mandi qualche soldino a casa.
    Io non penso che i super prolifici delle nazioni poverissime sbaglino. Penso che abbiano abbastanza ragione, dal loro punto di vista, e a livello individuale.
    Il problema nasce a livello collettivo (e di politica internazionale). Che mondo viene fuori se ad essere superprolifici sono i poverissimi? Inevitabilmente un mondo di migrazioni, di collasso del welfare e dei sistemi sanitari europei, di invasioni, di conquiste magari oggi pacifiche ma un domani probabilmente militari. Un mondo in ogni caso molto peggiore di quello di prima.
    Non sono i singoli, le singole famiglie a sbagliare.
    Sono invece gli stati (europei) a sbagliare: sbagliano perché non vincolano al contenimento drastico della natalità l’erogazione di aiuti alimentari, finanziari o sanitari verso le nazioni poverissime.

  7. gaiabaracetti

    No, non mi sfugge: so che è così e lo trovo un ragionamento mostruoso. Se tu fai figli sapendo che hanno poche possibilità di sopravvivere, ma hai un interesse egoistico a farne sopravvivere almeno un paio (perché conviene A TE), stai facendo un calcolo cinico e crudele e io sinceramente non voglio né te né la tua cultura né la tua famiglia nel mio paese.
    Io non faccio questo genere di ragionamenti nemmeno per le mie pecore. Anzi: cerco di ridurre i parti in modo che gli agnelli che nascono abbiano maggior possibilità di sopravvivere. Questo non perché sia necessariamente più conveniente, ma perché veder morire un agnello è straziante.
    Gente che non è in grado di fare questo ragionamento per i propri FIGLI per me è meglio se resta dov’è.

  8. gaiabaracetti

    Scusa i toni duri ma sentir giustificare ragionamenti del genere e poi fare la morale a chi deve rimediare al fatto che i bambini muoiono mi fa veramente arrabbiare (non con te, con il modo in cui vanno le cose).

  9. Una disamina tanto impeccabile quanto impietosa: ma cosa c’è di pietoso in situazione simili?
    Sono uno storico prestato al giornalismo e mi pongo diverse domande in tema. Tu mi hai fornito risposte, in parte.
    Tieni conto che io, per motivi di salute, non leggo post così lunghi.

  10. gaiabaracetti

    Grazie. Hai mai pensato di stampare le cose troppo lunghe per leggerle al computer?
    La pietà la possiamo provare facilmente. Il difficile è capire dove la pietà dovrebbe portarci nell’agire.

  11. Mi ricollego alla parte finale dell’intervento di Il siciliano. Secondo me il problema è a livello collettivo (europeo ed internazionale). Dopo secoli di conquiste e sottrazioni indebite da parte degli stati europei ed occidentali, gli stati africani (da cui proviene il grosso dell’immigrazione) andrebbero aiutati a (ri)costruire una loro identità e una civiltà degna di tale nome, in modo da poter vivere adeguatamente lì dove sono, senza la costrizione di dover emigrare con la prospettiva (illusoria) di un futuro migliore.
    Ma fintantoché a tirare i fili del potere mondiale saranno le megamultinazionali che si arricchiscono sempre più con il traffico di armi, le monoculture e l’accaparramento di materie prime e territorio (ultimamente ci si è messa pura la Cina, uno dei tanti articoli: https://it.businessinsider.com/cosi-la-cina-ha-colonizzato-lafrica-in-meno-di-10-anni-senza-violenza/ ) le cose non potranno che peggiorare. Da questo punto di vista non vedo vie d’uscita (pur essendo io un tipo da bicchiere mezzo pieno).

  12. gaiabaracetti

    Ho parlato di questo già varie volte, quindi risponderò più brevemente che posso.
    Io penso che questa mania di dare la colpa all’Occidente di tutte le cose che non vanno nel mondo sia una curiosa deformazione logica tipica del nostro tempo (se ha precedenti, non ne conosco). È anche una forma di pigrizia mentale E di razzismo: “poverini, non è mai colpa loro, non sono capaci di decidere del proprio destino, dev’essere sempre tutto conseguenza di qualcosa che NOI abbiamo fatto, perché solo NOI abbiamo un ruolo nella storia, gli altri sono condannati a subire…”
    Certo, c’è stato il colonialismo e ci sono le depredazioni del continente – tutti e due con ampie complicità da parte di grosse fette della popolazione locale, sia allora che oggi – altrimenti gli europei non ce l’avrebbero mai fatta da soli.
    Molti paesi che sono stati colonie sono poi riusciti a “svilupparsi” in un modo o nell’altro; altri non ci sono riusciti: il fatto di essere stati colonizzati o altrimenti sfruttati non è determinante. Persino l’Italia è stata colonia straniera molto a lungo. Siamo qui a chiedere riparazioni all’Austria, all’Ungheria, alla Francia o alla Spagna?
    L’Occidente, oltre ad aver sfruttato i paesi da cui provengono i migranti, li ha anche aiutati con le rimesse degli emigranti, con aiuti allo sviluppo che in buona parte finiscono sui conti in Svizzera di politici corrotti, e con progetti vari che continuano tutt’ora.
    Secondo me sarebbe ora di considerare ognuno responsabile della propria situazione: se ci sono corruzione, miseria, alta natalità, guerre e conflitti in certi paesi non è che è colpa di chi in quei paesi ci abita?
    Prova tu a far diventare povera la Svizzera o a sobillare una guerra civile: vedrai se gli svizzeri te lo lasciano fare.

  13. gaiabaracetti

    Comunque, per rispondere ancora al tuo commento, l’Africa Sub-Sahariana ha un’economia in crescita, a differenza della nostra, così come altri paesi da cui provengono i migranti (non dimentichiamoci che vengono anche dalla Cina!). Solo che la popolazione cresce ancora di più, per cui questi paesi sono sempre più ricchi, ma la gente è sempre più povera, con alcune eccezioni. Se vogliamo aiutare, ribadisco che l’aiuto migliore sarebbe quello per abbassare la natalità. E questo lo sanno anche loro e fa parte del loro dibattito interno.

  14. Non intendevo dire che la colpa è solo dell’Occidente, è logico che dipende molto anche da chi governa quegli stati (e in qualche misura anche da chi ha permesso loro di farlo). Ma cerchiamo di essere oggettivi. Dove si trovano le fabbriche di armi? Chi fa uso della maggior parte del petrolio? In quali prodotti si utilizzano le terre rare (che oltre in Cina si trovano per lo più in Africa http://www.metallirari.com/terre-rare-in-africa/)?
    E quindi come fai a dire che noi occidentali, con il nostro stile di vita (copiato ormai anche dal resto del mondo in via di sviluppo), non abbiamo il grosso della colpa …

  15. gaiabaracetti

    È il ragionamento che tu fai a non essere “oggettivo.”
    Noi vendiamo le armi, quindi è colpa nostra (non di chi le compra). Noi compriamo petrolio, quindi è colpa nostra (non di chi lo vende). Noi usiamo le terre rare, quindi è colpa nostra (non di chi le estrae). Noi abbiamo uno stile di vita che gli altri vogliono copiare, quindi è colpa nostra (non di chi lo vuole copiare).
    Non è una colpa vendere o comprare, estrarre o usare, fare o emulare… è una colpa essere. Se sei occidentale, automaticamente sei colpevole, qualunque cosa tu faccia.
    Insomma, tu hai deciso che c’è una parte del mondo che ha colpa a prescindere, e una che è innocente, o quasi, a prescindere. Non è l’azione che determina la colpa, ma chi sei.
    Non mi sembra un modo di ragionare costruttivo – anzi, mi sembra il modo di ragionare tipico dei nostri politici, per cui le cose sono sbagliate se le fanno gli altri, e giuste se le fanno i nostri – solo che nel caso della colpa dell’Occidente il modo di ragionare è ribaltato, ma sempre di “colpa a priori” si tratta.

  16. La mia voleva essere un’autocritica, una critica costruttiva al mondo occidentale per migliorare.
    Se sono qui a seguire il tuo blog e a scrivere quello che scrivo è perché la penso come te (ed immagino che anche quelli che ti seguono condividono per la maggior parte il tuo pensiero). Noi che siamo per uno stile di vita “più sobrio”, per la cosiddetta “decrescita felice” (non mi piace questo termine, ma arriva al cuore della questione senza giri di parole), siamo una minoranza, non facciamo massa critica.
    Tu stessa porti avanti una battaglia per far capire che c’è qualcosa di sbagliato nel nostro stile di vita occidentale. Se noi occidentali cambiassimo prospettiva, saremo poi in grado di aiutare anche i paesi in via di sviluppo a compiere una crescita più consapevole e questo si tradurrebbe in migliori condizioni di vita per tutti e di conseguenza anche in minore crescita demografica: è risaputo che dove si sta meglio si fanno meno figli (poi magari ci possono essere popolazioni che sono più predisposte a fare figli, ma penso siano una minoranza).

  17. Una cosa: ti sei mai chiesta se i musulmani pensano ai rapporti sessuali per “il proprio piacere”? Se vogliono i “contraccettivi”?
    Loro hanno bene in mente che, da sposati, devono fare figli.
    Inoltre, sappiamo tutti che anche in Italia si facevano figli anche se si era poveri, semplicemente, c’era da lavorare, servivano braccia. Sono nati bambini anche in tempo di guerra, anche in Italia.
    Sì, i bambini sono innocenti, è l’unica cosa che hai scritto.
    Comunque sono lì al mondo, non è che adesso si possano sopprimere.
    Semplicemente, come i profughi etc, sono strumentalizzati o da una parte o dall’altra.

    Comunque, sappiamo già che in Europa saremo sostituiti, se non facciamo figli, è ovvio che gli immigrati poi avranno sempre più peso.
    Noi Europei pensiamo agli anticoncezionali e ai rapporti sessuali buoni solo per il piacere personale,siamo eterni bambini mai cresciuti.
    Siamo davvero una civiltà alla fine.

    È triste.

  18. gaiabaracetti

    Tulkas, è vero, però per me decrescita economica e demografica vanno di pari passo. Non si può chiedere alle popolazioni occidentali di rinunciare al loro tenore di vita solo per far spazio a popoli che non fanno altro che mettere al mondo bambini, con il risultato che l’ambiente soffre come prima, abbiamo di meno pro-capite, e per giunta stiamo ancora più stretti.
    La decrescita dei consumi non è decrescita dello spazio libero disponibile per ciascuno, semmai il contrario, per come la vedo io almeno.
    È anche ingiusto chiedere ai popoli poveri di auto-limitarsi se non riduciamo per primi i nostri consumi, ma io ritengo di avere più “potere” su quello che succede qui, ed è quindi qui in primis che bisogna agire. Ritengo l’offerta di aiuto con i contraccettivi una mano tesa, non un’imposizione.

  19. gaiabaracetti

    BN, non tutti i profughi sono musulmani, e non tutti i musulmani hanno alti tassi di natalità. Guarda ad esempio l’Iran, la Tunisia o l’Indonesia, il più popoloso paese musulmano al mondo. Questi paesi hanno tassi di fertilità vicini o inferiori al tasso di sostituzione.
    Se vogliono o non vogliono i contraccettivi è una loro libera scelta – di solito le donne li vogliono più degli uomini, comprensibilmente. Se non li vogliono, però, non possono pretendere aiuto da noi con le inevitabili conseguenze del non averli voluti.
    Non capisco bene il senso del tuo commento, comunque per non essere sostituiti, anziché ridurci a una guerra demografica che può solo portare al collasso noi e il pianeta, si può anche ridurre l’immigrazione.

  20. Come tu stessa scrivi “è anche ingiusto chiedere ai popoli poveri di auto-limitarsi se non riduciamo per primi i nostri consumi”.

    Te la metto giù in forma matematica:
    più benessere per i popoli in via di sviluppo => più cultura in generale e per le donne in particolare => più consapevolezza femminile (e mi auguro maggiore rispetto nei loro confronti) => meno figli.
    Io la vedo così … o secondo te sono troppo ottimista (o utopista)?

  21. gaiabaracetti

    Si dice sempre che sia così, ma, a ben guardare, l’equazione funziona al contrario: se si riduce la natalità, le donne vanno a lavorare, ci sono meno bambini da mantenere, c’è forza lavoro in abbondanza e l’economia cresce. Inoltre, il rallentamento della crescita demografica fa sì che il nuovo benessere sia distribuito tra meno persone, e quindi più alto pro capite. Questo porta problemi ambientali, ma, tralasciando quelli, è ciò che è successo nell’Est asiatico, ad esempio. Come vedi, l’aumento del Pil in Nigeria non sta facendo calare la natalità abbastanza velocemente.
    Quindi la mia proposta è di cominciare con i contraccettivi.

  22. Mille Ottantanove

    Buonasera a tutti,

    volevo fare soltanto 2 osservazioni: prima però voglio sottolineare che – a mio avviso – stante il problema della sovrappopolazione, non reputo molto razionale avere alti indici di natalità, sia in guerra che in pace, sia in benessere che in povertà, etc. etc. L’abbiamo declinato in tutti i modi possibili in questo blog: siamo troppi, in un pianeta limitato.

    Fatta questa debita premessa, la prima osservazione è la seguente: io scinderei il fenomeno portato all’attenzione da Gaia in 2 differenti problematiche: la prima è l’uso dei bambini (ma più generalmente di immagini o contesti di particolare forza emotiva) nella comunicazione delle notizie su oramai quasi tutti i mezzi di informazione; la seconda – peraltro già affrontata in un post precedente – è l’opportunità o meno di procreare in particolari situazioni (in questo caso un evento bellico, nel post precedente si parlava di soggiorno in un campo profughi).

    Relativamente al (bieco) uso di immagini forti nei mezzi di comunicazione, a mio avviso – che piaccia o meno – si tratta di una diretta conseguenza della click-economy: se parte considerevole dei guadagni dell’editoria si è spostata in rete, dove il profitto avviene in maniera considerevole in base al numero dei click effettuati dagli utenti, verrà da sé che per massimizzare i profitti gli editori (purtroppo _non eticamente_ consigliati dagli esperti di web marketing), cercheranno di proporre immagini o video sempre più forti per dare una botta di adrenalina o dopamina ad utenti sempre più assuefatti a tutto ciò che circola in rete. Nell’oceano sconfinato delle informazioni che girano in rete, se vuoi avere visibilità, se vuoi essere virale, devi proporre un piatto forte: immagini di piedini di bambini morti, corpi riversi di annegati sulla spiaggia, citofonate a presunti spacciatori marocchini. Peraltro la colpa di tale trend, a mio avviso, è equamente distribuita tra i fornitori di servizio e gli utenti, che potrebbero benissimo NON CLICCARE per orientare il consulente di marketing verso “altre soluzioni” meno eticamente riprovevoli. Ma siamo umani, siamo fatti così: rallentiamo in autostrada a guardare gli incidenti per vedere se c’è scappato il morto; ci sporgiamo dal finestrino quando passa una minigonna mozzafiato; ci viene l’acquolina alla vista di un manicaretto ben impiattato. Questi meccanismi sono l’A-B-C del marketing di rete, per cui invece di chiedere al web di cambiare, a mio avviso dovremmo cominciare a cambiare noi stessi, e a non cliccare più su immagini e contenuti che superano quella sottile linea etica che ognuno di noi riconosce dentro di sé (n.d.r. anche nella vita reale, sarebbe bello se non rallentassimo agli incidenti, niente foto rubate alle strafighe, etc. etc.)

    Qualcuno obietterà: che esagerazione! il solito bacchettone di sinistra! Ma chi è che fa così? Controprova: l’autrice di questo blog, che – tanto per dirne una – con la competenza che ha anche in tema di moda potrebbe benissimo dare un taglio più frivolo al suo blog, con tanto di foto e layout da influencer, vedendo crescere di parecchi ordini di grandezza l’utenza, con tutto ciò che ne deriva. Invece, all’alternativa del denaro facile, preferisce rendere migliore il cyberspazio proponendo/dibattendo una filosofia di vita, pur guadagnando di meno (questo è uno dei motivi per cui a mio avviso è importante contribuire ogni tanto al suo blog, ognuno secondo le proprie possibilità).

    Relativamente al secondo fenomeno, il perché in tutte le foto degli sfollati che io ricordi, c’è sempre la madre cenciosa che trascina per mano un bambino sporco e spettinato, propongo una chiave di lettura differente. Inizialmente avevo pensato a considerazioni di carattere scientifico con tanto di dati, riferimenti e statistiche; ma poi ho realizzato che questo è l’approccio probabilmente erroneo. L’errore che forse facciamo nella mancata comprensione del fenomeno, è partire dall’assunto che le persone si comportino in modo razionale, e cerchiamo di decifrarne le intenzioni principalmente sotto quest’unico aspetto: ebbene, non è sempre così. Lasciando da parte la «razionalità limitata» di Herbert Simon o «la teoria del prospetto» di Kahneman e Tversky – che però dimostrano bene come il comportamento degli individui non sia di fatto improntato alla pura razionalità – io credo che gli individui continuino a procreare anche in contesti avversi per tutta una serie di motivi che si sommano, e che non possono essere riassunti in una unica funzione di utilità, individuale o comune, il cui valore serva a definirli come egoisti, irresponsabili, etc. (attenzione: con ciò non sto affermando che il risultato finale non sia un’azione irresponsabile o egoista, ma semplicemente che questa viene compiuta su impulsi emotivi che sono totalmente al di fuori di un tale contesto valutativo). Innanzitutto lo scenario di questi nuovi conflitti a bassa intensità: la guerra non arriva proclamata e coinvolge l’intera nazione, ma è composta da tanti piccoli campi di battaglia che a volte non arrivano a formare neppure un fronte comune. Se il conflitto avviene nella parte nord del paese e dura anni, la parte sud lo vivrà come qualcosa di incombente ma lontano, e dopo qualche mese la situazione conflittuale farà parte del contesto e sarà metabolizzata. In questi casi, è possibile che ci scappi il figlio, perché mi sembra piuttosto improbabile che in un conflitto che interessa soltanto una porzione residuale del paese per un periodo di tempo significativo, tutta la popolazione della restante parte pratichi l’astinenza sessuale nell’eventualità che possa diventare “profugo con prole”. Una seconda considerazione di carattere generale che si può condurre, secondo me, nasce anche dal raffronto tra la nostra condizione socio-economica e quella dei paesi arretrati e in conflitto: per quello che vedo, da noi l’indice di natalità si è abbassato non tanto (o quanto meno non solo) a causa dell’incertezza finanziaria oppure dei costi economici di un figlio, ma fondamentalmente perché gli individui hanno a disposizione una serie di attività/contesti molto appaganti, all’interno dei quali la nascita di un figlio costituirebbe un elemento perturbante e pertanto non molto desiderato. Un uomo, una donna del mondo occidentale, oggi possono sentirsi appagati e realizzati esistenzialmente anche in un contesto senza figli. Molte di queste persone, che scelgono la propria realizzazione in un contesto che non sia anche parentale, tendono a vedere un figlio come un’improvvisa e non contrattabile perdita di risorse (tempo, energia, denaro). Se ascolti parlare 40/50enni con amici 30enni che manifestano il desiderio di paternità/maternità, sentirai sicuramente almeno qualcuno degli anziani dire: ma sei matto? ma ci hai pensato bene? Guarda che poi mica puoi mandarlo indietro… Nei paesi arretrati – e forse psicologicamente ancora più in quelli in conflitto – la nascita di un figlio è vissuta invece come un evento significante della propria esistenza: quando non hai altri contesti che diano un senso alla tua vita (che si riduce alla lotta quotidiana per la sussistenza), il “lieto evento” sembra davvero “una benedizione di Dio”. Uso volutamente termini religiosi, perché molto spesso nei paesi arretrati socio-economicamente la religione ha un peso considerevole nella cultura della società, e tendenzialmente le religioni promuovono le nascite; molto spesso, poi, in questi paesi la donna ha come ruolo sociale (e quindi principale ambito realizzativo) quello di essere madre. Una famiglia senza figli è considerata monca o imperfetta; un uomo con nessuno o pochi figli poco virile o socialmente debole. Valgono, sempre a mio avviso, poi tutte le considerazioni sociali de @{Il siciliano}: i figli hanno culturalmente un valore quale forza lavoro aggiunta, assicurazione per la vecchiaia, etc. Tutte queste spinte alla natalità sono di carattere socio-culturale e sussistono indipendentemente dall’evento bellico; infatti se si confrontano gli indici di natalità di questi paesi anche prima del conflitto, i valori non sono quasi mai bassi.
    E’ la guerra a deflagrare, con tutta la sua forza devastante, su esistenze già cosi irrimediabilmente precarie: il figlio sarebbe arrivato comunque, indipendentemente o meno dall’arrivo della guerra. Come fare educazione di controllo delle nascite durante un conflitto, quando è difficile anche solo pensarlo prima?
    C’è poi, forse non meno importante, un approccio culturale completamente diverso rispetto alla programmazione degli eventi: un potenziale genitore occidentale, probabilmente un po’ ansioso, tenderà a calcolare le migliori opportunità per il figlio interrogandosi sulle sue effettive capacità di sostegno (penso soprattutto a quei paesi in cui molto del welfare è privatizzato e si pagano sia le scuole che le cure mediche). Nelle popolazioni dei paesi poveri, non essendo già presenti prospettive di miglioramento neppure per il genitore, questo calcolo è totalmente assente, proprio perché le identiche prospettive di miseria sono le stesse per tutti. Tanto per dare un’idea di quanto le differenze culturali possano avere impatto nella quotidianità e viceversa, un amico di ritorno dall’Africa mi ha raccontato che, alla sua domanda su quando partisse l’autobus in cui era entrato dopo più di un’ora di inutile attesa, gli altri passeggeri lo hanno fissato incuriositi e gli hanno risposto: «ma ovviamente quando è pieno!». Se c’è un solo autobus per tutti che parte, chiedere l’orario non ha più senso. Se sei un agricoltore povero che tira a campare tra stenti e privazioni, sai bene che quello è il futuro che si prospetta per tuo figlio (come è stato per te e per tuo padre), per cui non ti poni problemi di tue effettive capacità di sostegno per le sue future opportunità, dal momento che sono già presenti.
    Sicuramente ci saranno tante altre spinte centripete verso la natalità, che mi sfuggono perché non ho alcuna competenza in merito; però a mio avviso i “profughi con figli” sono solo una sfortunata casistica dei “poveri con figli”, del tipo “poveri con figli” + “guerra”, evento che hanno subito e che non sono stati capaci di gestire, così come tanti altri miseri aspetti delle loro (sfortunate) esistenze.
    Concludo ricordando che con queste righe non voglio giustificare gli alti tassi di natalità anche tra i profughi (per me alto tasso è sbagliato ovunque e comunque), ma solo introdurre qualche considerazione che possa aiutare ad inquadrare il fenomeno anche da un punto che non sia quello della lucida logica economica o ambientalista, che difatti non lo spiega.

    Un caro saluto a tutti,

    µĸ

  23. Mentre noi discutiamo la popolazione mondiale continua a crescere. Si dice che il tasso di natalità, in caduta libera in occidente, stia calando anche nel resto del mondo, ad eccezione di Africa e Asia. Si dice che un giorno la popolazione mondiale si stabilizzerà – forse a quota 10-11 miliardi a fine secolo. C’è anche chi nega il problema demografico (Chiesa, politici, economisti, sinistra, persino i Verdi). E così passeremo presto dai 7,7 miliardi attuali a 8,7 miliardi fra una decina d’anni … Un miliardo di persone in più, una nuova quasi Cina o India fra circa dieci anni! Che avranno bisogno non solo di un tetto e di cibo, di assistenza sanitaria, istruzione ecc. – insomma i bisogni primari – ma anche di lavoro o occupazione.
    La crescita demografica in Africa e Asia avrà – anzi ha già – ripercussioni sull’occidente, sul nostro stile di vita, vedi per es. gli incentivi a cambiare regime alimentare, a rinunciare o ridurre il consumo di carne o a volare di meno, magari anche a rinunciare all’automobile, alle vacanze ecc. Giusto e logico, non possiamo continuare ad abbuffarci di filetto e controfiletto, mentre gli altri devono accontentarsi di ragni, scarafaggi e pipistrelli forse portatori di virus. Poi il consumo di acqua è enorme per la produzione di carne.

    Un miliardo di persone in più fra una decina d’anni, pazzesco. E sarebbe pure colpa nostra, di noi occidentali. Dopo la decolanizzazione sono stati erogati all’Africa miliardi e miliardi di dollari, non è che gli aiuti siano mancati.
    Che fare adesso? Non lo so, io non ho più speranze.
    Forse ci vorrebbe una nuova conferenza internazionale in cui si affrontasse con buon senso il problema demografico. Ma il buon senso latita o è reazionario, da occidentali pasciuti.
    Qualcuno sa perché la “scimmia nuda” – l’uomo – deve fare sesso 365 giorni all’anno? A che cosa è dovuta questa singolarità fra le specie animali? A una mutazione, alla civiltà, a qualche legge biologica?

  24. Un mio interlocutore nel blog di Lumen scrive:

    “Che significa transnazionalismo, concretamente?” (era la mia domanda)

    Ad es. tornare a convocare le Conferenze ONU su Popolazione e Sviluppo, tenutesi dal 1974 al ’94 e poi “insabbiate” a causa (pare) delle pressioni congiunte delle gerarchie cattoliche ed islamiche, ma anche ostacolate dalle destre nazionaliste, snobbate dalle sinistre terzomondialiste e malviste da femministe e turbocapitalisti.
    Quanto ai Radicali, nella diaspora post-pannelliana il “cespuglio” rientrodolcino è ancora esistente, sebbene in condizioni (purtroppo) non particolarmente floride …

  25. gaiabaracetti

    Non è una questione di frequenza dei rapporti sessuali: basta una gravidanza ogni due anni, cominciando a venti, perché una donna a quarant’anni abbia dieci figli (se non nascono gemelli).
    Non è vero che nessuno fa niente: c’è molto attivismo, sia da parte dei governi che delle organizzazioni non governative, per distribuire contraccettivi. Solo che cultura maschilista e povertà sono nemici duri da sconfiggere.

  26. Buongiorno Gaia. La ringrazio per la riflessione. L’istinto supera ogni cosa. Il rapporto sessuale non ha visione del futuro. L’atto in se è in se ancorato nel qui ed ora. È il momento apicale, e originale, nella vita del genere umano, del genere animale, delle piante. È il piacere più intenso a livello fisico. La riproduzione è programmazione profonda, è il senso primo della vita. Quando hai un rapporto non pensi che…., lo vivi nella tua interezza. La cultura, intesa come comportamento, è altro. Per la cultura ci vuole altro. La cultura ha bisogno di tempo e di pace, di amore e di condivisione, di curiosità e libertà. La guerra, perché c’è la guerra, perché si arriva alla guerra nonostante l’insegnamento del passato? Il popolo subisce la guerra. Noi siamo spettatori fortunati perché viviamo in una zona di stabilità, una zona “borghese”. Ma chi è nella guerra cosa sente? Come si comporta? Sono nelle condizioni di pensare al preservativo? Io donna nella situazione nella quale mi trovo posso impedire di rimane incinta? E se si come? E se come, ho gli strumenti per farlo? Chi me lo insegna? Ci sono le strutture adeguate dove possa andare? Ed in quel momento sarò capace di mettere in pratica ciò che ho imparato? Tanti passaggi da effettuare quando la mente è rapita dal pensiero della sopravvivenza. Detto ciò i bambini vanno difesi, tutelati, protetti ed anche le madri ed anche i padri…molti bambini non sono nati nella guerra ma si ritrovano nella guerra senza averne colpe. La disperazione negli occhi delle persone troppo spesso la nostra società la lascia passare come immagine lontana di un posto lontano tra i servizi del telegiornale. Ma è qui vicino a noi e grida, urla…
    Buon lavoro e Buona giornata
    Maurizio

  27. gaiabaracetti

    Grazie per le riflessioni.
    In realtà molti profughi non sono più nella guerra da anni, sono in campi profughi o vivono in condizioni più o meno dignitose (spesso meno) nei paesi che li ospitano. Per di più, a quanto sento, a cercare di entrare in Europa non sono neanche in maggioranza siriani; ci sono iraniani, afghani… non tutti vengono da teatri di guerra e molti hanno avuto mesi o anni per pensare se mettere al mondo figli o no.
    Se non si ragionasse solo perché si hanno rapporti sessuali, la natalità non sarebbe giunta a livelli così bassi in gran parte del mondo. Per fortuna siamo in grado di vivere il rapporto sessuale non solo come cosa totale, istintiva, travolgente, e così via, ma anche come responsabilità. Il suo discorso, senza offesa, mi sembra quello degli uomini che rifiutano di mettersi il preservativo perché troppo presi dal momento o dal piacere. Una scusa, insomma.

  28. Gaia il tuo post dovrebbe essere letto da tutti o almeno da tutti coloro che ancora possono pensare con la propria testa e con il proprio cuore. Corsi e ricorsi di Vico… siamo nell’era del declino. L’ozio che si vede quando i nostri giovani si licenziano alla prima vescica sulla candida manina o quando viene chiesto loro di sacrificare lo ” sballo” del finesettimana, la corruzione ormai capillare in ogni ambiente lavorativo e no, il nuovo politeismo con dio denaro dea fama ed individualimo, l’ignoranza assoluta e VOLUTA dei nostri ragazzi ed i barbari alle porte. Il medioevo più buio e’ iniziato e purtroppo non vedo nessuna uscita. Non c’è la volontà di chi potrebbe fare qualcosa… non c’è la consapevolezza di chi ne subirà le conseguenze.

  29. Grazie Lei Gaia per la risposta. Bisognerebbe essere là per capire, vedere e sentire. Noi facciamo riflessioni, giuste o sbagliate, ma sentire sulla pelle è altra cosa. Personalmente ho visto la povertà e la disperazione ed in questo persone capaci conservare comunque la loro dignità di uomini. Dovremmo riflettere più su noi stessi. Tutelare se stessi e gli altri è molto importante anche attraverso il preservativo…

    Una Buona giornata ed un Buon lavoro.
    Maurizio

  30. gaiabaracetti

    Deborah, consoliamoci: il Medioevo non fu tutto oscuro (e comunque, non c’è giorno senza notte). L’Impero Romano era aggressivo e crudele, e le invasioni barbariche sconvolgenti per chi le visse; ma dall’uno, dalle altre, e da quello che fu dopo nacquero cose che ancora oggi amiamo scoprire e rivivere… non c’è un’età dell’oro nella storia umana ma neanche solo secoli da dimenticare.

  31. gaiabaracetti

    Certo, ci sono persone che dimostrano grande dignità, che forse io non avrei, in condizioni tremende. Purtroppo c’è anche gente che usa la disperazione altrui per i propri scopi, come sta facendo Erdogan.
    Riguardo al preservativo, per fortuna non è l’unico modo. Leggo spesso di donne in paesi poveri costrette a prendere contraccettivi di nascosto perché i loro mariti non volevano e se lo scoprivano le costringevano a tornare in clinica a farseli togliere o sospendere. Non esiste solo la dignità di uomini ma anche quella di donne.

  32. Gaia, non cedere ai ricatti di chi pretende di importi la sua morale. Non devi niente a nessuno. E lo stesso vale per ciascuno di noi.

  33. gaiabaracetti

    È la *mia* morale. E la mia umanità: solo gli psicopatici non soffrono a vedere altri soffrire.
    Senza contare che, essendo l’uomo un animale sociale, e contribuendo ciascuno solo in piccolissima parte a tutto ciò che ha, direi che devo quasi tutto agli altri.

  34. Uh egregia Gaia, quando sento simili affermazioni roboanti
    “essendo l’uomo un animale sociale, e contribuendo ciascuno solo in piccolissima parte a tutto ciò che ha, direi che devo quasi tutto agli altri.”
    mi torna chissà perchè in mente un vecchio detto cinese: Chi è amico di tutti è amico di nessuno.

  35. gaiabaracetti

    Ma non tutti allo stesso modo! Così come se incontri uno sconosciuto cerchi di trattarlo con correttezza e gentilezza, ma non come tratti le persone più intime, così io mi rendo conto di far parte dell’umanità, di una società, di una comunità, e di una cerchia di relazioni.
    Il fatto che non sia vero un estremo non significa che non sia vera una versione intermedia – dipendiamo gli uni dagli altri, ma non allo stesso modo.

  36. Buongiorno Gaietta, io sono una dei tuoi “pochi amici che ancora leggono il tuo blog” e devo dire che hai espresso un pensiero che io, sai, condivido in pieno e che non sarei mai riuscita a spiegare in maniera così lucida ed esauriente. Brava!
    Grazie dell’impegno che ci metti sia nel Blog che nelle azioni che compi ogni giorno!

  37. gaiabaracetti

    Grazie 🙂
    Forse dovrei fare meno la vittima, ho la fortuna di avere amici dotati di grande pensiero critico, che siano d’accordo con me o no!

  38. @Gaia marzo 5, 2020 alle 4:49 pm
    Come vuoi. Ognuno interpreta il dare/avere come crede sia meglio, secondo la propria esperienza e le proprie valutazioni. Io SO di non dover niente a nessuno (anzi…). Se la cosa non vale per te, va bene, agisci di conseguenza.

  39. Certamente le comunità più aggressive sono le più prolifiche.
    La correlazione tra sovrappopolazione e guerre è ovvia: devi prendere risorse altrove e sopprimere i concorrenti.
    L’arma demografica si esprime nelle guerre migratorie. Nulla da inventare nel 2020, basta osservare la storia (peraltro cosa bandita dal cretinismo per futili e utili idioti imposto dal sinistro politicamente corretto).
    La morale di plastica per cui noi saremmo responsabili del fatto che il signor Kyenge abbia consigliato 38 volte e una dei suoi prodotti razzista ci abbia invaso per catechizzarci su quanto saremmo razzisti è il teatrino del terzomondismo di plastica che appare in alcuni commenti qui sopra. Il signor Kyenge peraltro abbiente ma questo dettaglio insignificante viene ricoperto dalla glassa marrone (non è cioccolato) della narrazione per cretini “sonprofughiscapoandalleguerre nopermiseria noperchésonoomosessuali noperchésonpastafariani idiritti iportiaperti noperchélalorononnahafattorisoefagioli”.
    Una catasta di ipocrisie menzogne e falsi che si accumula, con orgoglione apporto da molteplici lati.
    La famiglia responsabile che si limita nel numero di figli deve subire le conseguenze delle pulsioni riproduttive altrui: cornuto e ammazzato! Il pianeta vivente pure.
    Difendersi dalla guerra migratoria, da questo bubbone demografico, per usare i termini di un ricercatore tedesco, Gunnar Heinson, sacrosanto dovere! I problemi si contrastano, si combattono, non si assecondano né sostengono, solo dei folli possono farlo!
    Gaia, avete codesta adamantine intelligenza ed etica che siete sconcertante per i più.
    E’ tutto storto, il medico pietoso fa la piaga puzzolente e il farlo presente non può che scandalizzare le piccole menti scadenti e i razzisti anti con i loro istinti di sacerdoti sadici del plasticame liquido sìglobal.
    No grazie!

  40. gaiabaracetti

    Ugo, ti sei partorito da solo? Ti sei autoallattato? Hai scoperto tu gli antibiotici? Hai inventato e fabbricato tu il computer da cui scrivi che non devi niente a nessuno? Ti produci tutto il cibo che consumi con attrezzi fabbricati da te con metalli che tu stesso hai estratto? Se c’è un ladro che minaccia casa tua (fabbricata tutta da te) lo arresti tu e controlli ventiquattr’ore su ventiquattro che non scappi?
    Se sei anche solo vivo, è perché esisti in una società. Nessuno riesce a sopravvivere da solo, men che meno a dirlo agli altri usando internet.

  41. Gaia, al di là del fatto che alcune cose non le ho richieste e mi sono state imposte, ho abbondantemente ripagato per tutto quel che ho avuto e stra-abbondentemente ripagato per la porzione esplicitamente richiesta di quel che ho avuto. Al momento sono creditore, non debitore. E’ ben vero che in un mondo nel quale onore è solo una parola vuota, tutto ciò non conta niente, ma ciò non riduce la natura e l’entità del mio credito. Che già oggi mi si impedisce di riscuotere e ancor più, con ogni probabilità, mi sarà impedito di riscuotere nel futuro prossimo (non parlo necessariamente di soldi, che sono solo un simbolo e uno strumento). Non mi faccio incantare da chi tenta stratagemmi moralisti, ché conosco piuttosto bene un bel numero dei trucchetti usati.

  42. Mi fa un po’ specie Gaia, leggere tra le tue stilisticamente perfette frasi, di “donne costrette a procreare da una cultura maschilista dominante” (non è quello che esattamente hai scritto ma credo sia la sintesi, correggimi ev.), dato che mi avvicinai alla lettura del tuo blog grazie ad un articolo anti-femminista della blogger Lameduck.

    L’altro punto essenziale che manca (e c’è una ampia bibliografia contemporanea sul tema, a cominciare dall’analista di AD, Gianandrea Gaiani) è che le migrazioni sono state sempre (e da 30 anni in modo scientifico grazie al ventre molle dell’Occidente, il movimento “non”violento, del quale ho fatto parte per 25 anni a livello nazionale) armi di distruzione e occupazione di massa quanto e meglio di armi convenzionali o peggio nucleari. Le armi batteriologiche le stiamo sperimentando in questo periodo lungo la Via della Seta. E non a caso, in concomitanza con l’emergenza sanitaria (reale? amplificata? Gli stessi virologi e biologi sono divisi tra loro) “casualmente” ha ripreso con vigore la spinta “migratoria” composta da poche famiglie ad uso massiccia veicolazione dei media, e #esercitoproxy di varie etnie e razze (quasi nessun siriano, se non jahdisti sanguinari in fuga, anche da Erdogan che non se li vuole ritrovare in Turchia) proveninenti da Paesi con più senso dell’ordine sociale che nel quartiere Scampia di Napoli. Ah, già, in Bangladesh non c’é il reddito di cittadinanza, i corsi gratuiti di inserimento al lavoro e volontari che ti insegnano lingue (oltre a tutto pagato, dai laccetti delle scarpe al barbiere).
    Sulle migrazioni del passato, e cosa hanno da insegnarci, avevo parlato nel dettaglio in questo articolo base:
    https://www.salto.bz/de/node/37722

    Sui bambini nati in tempi difficili, nonostante la pensassi come te 30 anni fa, andare volontario a Sarajevo (e seguire i VERI profughi rifugiati anche in Italia – che sono quelli che non vedono l’ora di tornare a casa propria anche se rasa al suolo) durante la guerra mi fece cambiare opinione radicalmente.

    Fatto: a Sarajevo (dove tra l’altro prima del conflitto era attiva la clinica pediatrica migliore in Europa) nacquero più bambini, percentualmente per anno, durante il lungo assedio (11000 civili uccisi di cui 1500 sotto i 13 anni) che nei decenni precedenti di continua crescita economica.
    Incoscienti? Irresponsabili? Non sapere tenere a bada il proprio “giovanni”? Ho conusciuto la cultura bosgnacca. Sono, anche se del sud, ancora di impronta austro-ungarica imperiale con relativo bagaglio di valori famigliari e comunitari. Se hanno resistito a 5 anni di assedio micidiale (e quello di Sarajevo non fu il peggiore, Mostar Est ad esempio) è merito di quella tempra e valori del passato.
    Non è il caso di certo (cito vari esempi riportati da mia sorella dopo mesi di volontariato in Zambia) di molti Paesi africani dove gli uomini spargono incotrollatamente senza fine il loro seme (spesso infetto di HIV, e malattie di ogni tipo) ovunque per esigenze prettamente carnali. Si parla della maggioranza e non di tutti i Paesi del continente, ma sicuramente dei più popolosi.
    Certo, c’è il caso della bomba demografica palestinese in opposizione allo Stato di Israele. E lo stesso avviene sul fronte Indo-Pakistano per certi versi.
    Ma il caso della Siria non credo rientri in questi da manuale. Come quello di Sarajevo che ho conosciuto da vicino per 6 anni sopratutto dai profughi in Italia (mi pagavo tutto per andare a fare volontariato in zone di guerra, anche la benzina e ogni volta lasciavo centinaia di Marchi Tedeschi, quindi non potevo esagerare nei viaggi).
    C’é la naturale predisposizione (una garanzia per la perpetuazione della specie in ogni condizione avversa) a procreare seppure in periodi ritenuti impossibili (ma al peggio non c’è mai fine, nascevano bambini anche dentro Auschwitz) e c’é infine l’Amore in una coppia che prevale sulla bufera! Il quale va ben oltre la razionalità (se l’Uomo fosse razionale come vogliono i transumanisti staremmo freschi!). Chiamamola anche Speranza, Provvidenza, Fede.

    Sull’uso dei bambini di guerra da parte dei media.
    E non è una robaccia mediatica nata ieri. A Sarajevo già da estate 1992 (v, film “Welcome to Sarajevo”) le troupe tv UK USA si muovevano dall’Holiday Inn solo se un cecchino aveva ammazzato un bambino o se proprio c’era stata una delle stragi in fila per il pane o l’acqua (alcune determinanti per successivo intervento NATO a suon di bombardamenti tossici DU, create dagli stessi assediati legati agli jahdisti del partito musulmano). Sta cosa del povero bimbo ammazzato faceva imbestialire giustamente anche i miei amici profughi da Mostar riparati a Cervia. “Perché, se ammazzano un vecchio o un adulto, non meritava di vivere anche lui? Anzi, un vecchio che se ne va anzitempo è come se bruciassero una biblioteca di esperienze, di saggezza e pratiche quotidiane da tramandare”.
    Addirittura i “reporter” (leggi, pezzi di merda) nei tratti non protetti dalla montagna dei cecchini sopra la città assediata, se per caso una corsa per evitare le pallottole non era venuta ripresa bene, allora con 200 DM (marchi tedeschi o dollari) si comprava la comparsata ad effetto media a rischio della vita del sarajevese affamato di turno (con cecchino avvisato dal primo passaggio, e non finiva quasi mai bene il replay). E la maggior parte dei reporter di guerra sono di questa pasta, quando non stanno a Tel Aviv o Ankara e commentano i “fatti” in Siria!

    Sempre un piacere leggere su questo blog quando riesco. Un sorso dalla migliore fonte delle Alpi (che naturalmente sta dalle mie parti 🙂 )

  43. > consigliato
    -> conigliato
    Il correttore-distorsore del furbofono ci ha messo lo zampino, quasi certamente mi sarà scappato qualcosa anche qui sotto.

    Sopra c’è un’osservazione precisa: se fai molti figli aumentano le possibilità che uno di essi riesca ad arrivare in un paese “ricco” e farti arrivare dei “soldini” (non sono affetto da demenza come i kompagni antiquesto antiquello razzisti anti che si dimenticano dei riccastri afgani, nigeriani, marocchini, etc. del resto non si può pretendere che i manipolati-foraggiati dai “padroni” – nel linguaggio marxista – si rivolgano contro di essi e quindi ‘sta roba dei noi presunti ricchi sì ma i loro reali concreti ricchi sfondati no per me è solo uno stupidino giochetto retorico per fagiani).
    Con la panza piena non do giudizi morali su questi artifici, l’uso furbo della cicogna. Pure io ho il diritto di non averla vuota e pure di non diventare nel mio paese un cretino con la testa piena di segatura e oppio islamici.
    Come scrissi in passato bisognerebbe agire nel mondo della realtå: l’osservazione contiene la soluzione: quando c’è necessità di manodopera o di “intellettopera” possono arrivare lavoratori ospiti per il tempo necessario (come l’idraulico che non si installa in casa tua dopo averti riparato la caldaia, mentre che meno non ci fa arrivare le tre mogli i due genitori e due zii per donarti quattro marmocchi dopo un paio d’anni e men che meno che meno ti impedisce il cotechino perchè col divin maiale ha qualche problema) solo dai paesi che adottino la politica del figlio unico. Questa DEVE essere la Politica comunitaria, una Politica con una VISIONE, con un senso, una ecologia politica comune. Ancora: irrealistico pensare che le castalie eurocratiche vadano contro i loro interessi.
    Sul resto ogni reazione è lecita ed etica visto che non c’è alcun dovere etico di subire invasioni e guerre migratorie se non nelle teste degli psicopatici razzisti anti, xenofili, autoctofobi e nella loro hybris autodistruttiva.
    Non servono certo orde di giovani virgulti per difendere i confini nel 2020. Purtroppo c’è un uso storto della tecnologia, lo stesso per cui web e antibiotici sì pillola e diaframma no.
    Anche questo fa parte della realtà che la narrazione politicamente corretta imposta da castalie cosmopolite ultracapitalistiche (e.g Open Society Foundation con la Bonino & c. – poveri radicali!!) e fondamentalistiche (ANPI, gli scafisti giuridici di ASGI, l’organizzazione Thunberg, i pesciottiazzurri da frittura, i cocomeri verdi fuori rossi dentro etc.) con il lavaggio del cervello che ha prodotto le masse omologate di cretini sostituibili evita accuratamente.

  44. gaiabaracetti

    UIC, ti dirò che io non condivido neanche l’idea del “facciamo entrare solo quelli che ci servono”. Questo per due motivi. Uno è che spesso “quelli che ci servono” sono forza lavoro qualificata (vedi medici in Gran Bretagna) sottratta a paesi poveri che hanno impiegato risorse per formarla e ne avrebbero più bisogno di noi, per cui non è etico prenderla. L’altro motivo è che io credo che ogni società debba farsi il suo lavoro, sporco o pulito che sia, senza né rubare talenti ad altri paesi né importare disperati per fare a condizoni inacettabili mansioni che ci fanno schifo. Ci serve manodopera qualificata? Formiamo i nostri disoccupati. Ci serve manodopera per lavori sgradevoli? Facciamoceli noi questi lavori o impariamo a pagare bene chi fa cose che nessuno vuole fare.
    Poi un po’ di scambio tra paesi mi va bene, ma nel rispetto di questi principi.

  45. gaiabaracetti

    µĸ, il tuo commento era finito nello spam, peccato perché è molto interessante. Cercherò di stare più attenta!
    Non ho molto da aggiungere a quanto dici, perché ha senso. Sono tanti i comportamenti umani che hanno completamente senso da un certo punto di vista (contingente, culturale…), ma il cui esito è disastroso. Anche massimizzare il profitto per gli azionisti è un’azione indispensabile quando ci si trova a dirigere un’azienda – ma le conseguenze sono devastanti. Per Assad ha avuto senso sopprimere la rivolta che stava nascendo nel suo paese – nove anni di guerra, e ancora non ne vediamo la fine.
    Tu hai ragione da un certo punto di vista, eppure io continuo a pensare che ci siano anche altri modi di vedere la cosa che sono più giusti e sono anche doverosi. Mi è capitato più volte di leggere di bambini, bambini!, in paesi poveri, che criticavano i loro genitori perché non facevano altro che sfornare figli che la famiglia non poteva più mantenere. E se ci arriva, da solo, un bambino…

  46. gaiabaracetti

    Ländereck Raetica, anche il tuo commento era finito nello spam.
    Va bene: ci sono motivi per cui la gente fa così. Come ho detto a Michele: ha senso, non sono d’accordo ma ha una sua logica. Ma allora, che obbligo abbiamo noi, quando qualcuno ci chiede di farci carico della sua “Speranza” mal riposta, perché quel bambino sta vivendo una vita d’inferno?

  47. Come dicevo sopra l’esperienza diretta e indiretta nel corso della vita mi ha indotto una naturale (e sacrosanta) diffidenza qualora vengano mostrati bambini ad uso dei media (quindi geopolitico, ovvero terroristico). Cosa fa il criminale più bestiale ritrovandosi alle strette inseguito dalla polizia? Scegli la vittima più “spendibile” tra le persone intimorite (e tutte innocenti) attorno a sè: un bambino. Al quale puntare alla tempia la propria pistola.
    Per cui quando sento solo nominare “i bambini, salvate i bambini” (tipo ora i figli di terroristi vigliacchi sanguinari che stanno finalmente per essere scacciati dalla provincia siriana di Idib) metto istintivamente “mano alla pistola” contro il venditore di buoni sentimenti di turno.

    Questo, senza risparmiarmi, quando ho potuto, guidando per 2000Km in due giorni per trasportare via dalla guerra bambini e ragazzi dal nord della Bosnia fino in Romagna (a 100 all’ora tra i campi minati ed evitando le buche delle granate nell’asfalto, accidenti agli stronzi cetnici) per un periodo di sollievo e interscambio culturale. Per la stessa isolata comunità, sei mesi prima, avevamo portato 17 pallet di alimenti, materiale didattico, semi, e ricambi vari per macchinari essenziali (raccolti in appena due settimane). Insomma non facemmo carità unatantum al chilo, ma cercammo di proteggere bambini, donne e anziani, accogliendoli in una ex caserma, durante il periodo della guerra più duro (erano loro stessi a voler tornare a casa appena possibile e contro ogni ragionevole certa protezione), sostenendoli affinché ripartisse la loro economia rurale e commerciale.

    Oggi, se qualcuno confida ad un conoscente prossimo o amico entro 100Km: “non ho da mangiare tra 15gg per motivi di salute per cui ho perduto il lavoro” non troverai una mano tesa per aiutarti a rialzarti in piedi. Ma spesso e volentieri “consigli” scaricabarile (“vai alla Ca..tas”, che fa razzismo al contrario, o “ai servizi sociali”) che ti apriranno più problemi e perdita di dignità di quelli che già hai.
    Da “ama e aiuta il tuo prossimo” a scarica il tuo prossimo.
    L’esperienza poi mi dice, che le persone che si sono più prodigate nella loro vita ad aiutare la comunità e gli altri, magari anche rinunciando a creare una famiglia, sono proprio quelle che fanno la fine di cui sopra, isolate e dimenticate. Avviene particolarmente in Italia dove il concetto di “gratuito” è traslato nel “arraffa e non riconoscere quanto e come puoi, o quando potrai”.
    Nei villaggi retici c’erano una serie di regole millenarie che tornerebbero quanto mai utili oggigiorno
    https://www.facebook.com/notes/3-l%C3%A4ndereck-raetica/la-regola/1398676263513750/

    “Gesù quando spiega cosa vuol dire amare il prossimo fa l’esempio del buon samaritano. Il samaritano va da Gerusalemme a Gerico. Sta facendo i fatti suoi, sta curando i suoi affari, e se Gesù lo prende a esempio evidentemente costruire delle cose nel mondo è una cosa buona, curare i propri affari – onestamente, è chiaro – vuol dire costruire il regno di Dio anche su questa terra. Imprese che funzionano sono un bene per tutti, generano lavoro, sono feconde, fecondano il mondo e permettono all’uomo di riprodursi, che è ciò che Dio ci ha invitati a fare nel giardino dell’Eden (la povertà dunque NON è un valore, i mezzi per fare le cose sono una grazia). Il samaritano incontra un uomo ferito. Lo incontra, non lo va a cercare. Però neanche distoglie gli occhi quando la necessità gli si presenta, e questa è sicuramente l’indicazione fondamentale. Anche noi, quando nelle nostre vite – e non guardando i tg dal divano – ci imbattiamo in una necessità, dobbiamo cercare di affrontarla in qualche modo. Il samaritano si carica il ferito perché in quel momento non c’è altro da fare, è un’emergenza. Poi però lo porta a un albergatore, si occupa delle sue prime necessità e, appena la prima emergenza rientra, paga di tasca sua l’albergatore perché faccia il suo lavoro.”

    Negli anni ’90 “bastavano due telefonate in corso di settimana, magari fatte in cabina a gettoni, per fissare un generico appuntamento e via, si partiva, senza scrivere monografie manzoniane a ritmo di settanta notifiche all’ora su What’s Up, senza necessità di verificare compulsivamente le “spunte” sul “gruppo” “Apericena equo&solidale al Timballo” o “Amici della Polisportiva Don Femore”.
    La nostra smania di essere “buoni”, insomma (e magari pure “belli” agli occhi del mondo), pur comprensibile, ha fatto si che il Dono della Carità venisse progressivamente svuotato dall’interno e riempito di “sano impegno civile”. Che è cosa altra, diversa, sostanzialmente inutile poiché avulsa dalla Realtà e fondamentalmente circoscritta alla gratificazione personale del beneficiante, il quale spesso e volentieri così agisce in risposta a nebulosi sensi di colpa eteroindotti o a spirito di emulazione nei confronti di qualche “grande”, sia esso rockstar, “paladino-dei-diritti-civili”, politico o direttrice di rivista patinata.
    Questa “carità” imbastardita e impregnata di “impegno civile”, che nulla mette a frutto e tutto isterilisce, è forse la peggior forma di narcosi della Coscienza: perché ci rassicura e ci spinge all’autoconvinzione di fare il Bene laddove altro non facciamo.”
    (Francesco Natale)

    Prendo a prestito anche le parole di Salvatore Mancuso
    “le persone più bisognose sono a stretto contatto di gomito, vivono a distanze centimetriche, ci respirano sul collo; con loro stiamo insieme come virtualmente bloccati in un ipotetico ascensore. una carità/solidarietà,una carità brevettata, studiata, ha un suo format, con marchio registrato, non si può contraffare. E’ una carità fotogenica, sceglie macro-argomenti indiscutibilmente forti e irrinunciabili: i poveri, i migranti, l’Africa, i senza tetto, i senza lavoro, le mafie e le antimafie..i “produttori di carità” diventano, non poche volte, protagonisti sociali e assi portanti della parrocchia o della diocesi. Riescono a diventare responsabili di qualcosa, i loro nomi vengono inseriti nella lista di relatori di “convegni”, sono apprezzati, lusingati, fino a quando diventano fisicamente irraggiungibili e si nutrono di virtualità. La carità è giovane, o giovanile o giovanilistica: ha spazi dedicati alle schitarrate, alle mangiate, inoltre, per espletare le proprie funzioni, si sposta, è atletica. Viaggia in aereo, attraversa diversi fusi orari, cambia valuta, o, come minimo, esce dai confini della propria parrocchia e va dall’altra parte della città, o fuori città, o dalla parte opposta della regione. Insomma la carità non riconosce il”self”, ed esplora qualsiasi ambito, basta che non sia familiare. La carità così vissuta, non è proprio all’insegna dell’ecologia. Consuma carburante, ha bisogno di finanziamenti, di progetti, di promotori, di consulenti, di “logistica”, di competenze…insomma, un bell’apparato. Questa carità un po’ “stilosa”, che va in Lacoste (anche se scolorita e deformata), ha un’agenda rigida e inflessibile di impegni, si attacca al calendario con obbedienza maniacale. ”

    E concludo di nuovo, dopo il Buon Samaritano, con Costanza Miriano: “Come si pone un cristiano di fronte alle onde di persone che vengono da lontano nel proprio paese in cerca di fortuna, non profughi dalle guerre vere, non le guerriglie intendo (quelli vanno accolti a qualsiasi costo, come in ogni caso in cui l’alternativa è la morte), ma persone che come è normale cercano solo di elevare la propria condizione di vita trasferendosi in zone in cui oggettivamente il livello medio è migliore? A parte che sarebbe molto interessante capire dove prendano i miei colleghi giornalisti la notizia che queste persone pagherebbero migliaia di dollari per i viaggi della speranza, anche quando provengono da paesi in cui il reddito pro capite è di un dollaro al giorno. A parte che sarebbe interessante capire la questione del racket… come si può fare una carità intelligente, organizzata, ben fatta nei confronti delle persone che vengono da noi in cerca di fortuna (e non è esatto chiamarli profughi, perché nella maggior parte dei casi non stanno scappando da guerre). Diversa la questione di chi va a fare esperienze di lavoro arricchenti, scambi che possono insegnare qualcosa a entrambe le parti, benché non abbia affatto il mito dei cittadini del mondo – come auspicava la ex ministro Giannini, sognando generazioni di senza radici, senza famiglia, precari intellettuali pronti a scommettere tutto sul lavoro e senza alcuna tutela per la costruzione di una famiglia”

    PS
    Mi spiace che il mio commento sia finito nello spam ma sono stato preso di mira un anno fa da vegani per qualche articolo che avevo pubblicato in difesa degli allevatori dagli attacchi di lupi ed orsi. Pagina bloccata quasi un mese prima di sistemare la cosa con facebook (risolta quando ho minacciato denuncia alla Polizia Postale e Agcom), di conseguenza gli algoritmi di molte piattaforme (come WP) poi ne tengono conto dato le aziende web acquistano informazioni tra loro per ottimizzare i loro servizi (e censurare in automatico ciò che viene ritenuto fuori dalla “tendenza” del periodo).

  48. gaiabaracetti

    Un aggiornamento sulle cifre: dall’inizio della guerra sono nati in Siria 4.8 milioni di bambini. SU UNA POPOLAZIONE DI DICIASSETTE MILIONI. Penso che il dato escluda i bambini nati da profughi siriani (o siriani che vivono all’estero da prima, ma quello è un altro discorso).
    Per fare un confronto, è poco meno del numero di bambini nati in Italia nello stesso periodo. L’Italia ha ovviamente una popolazione quasi quattro volte maggiore.

  49. gaiabaracetti

    Dovrei avere il pingback automatico, invece funziona solo ogni tanto…

  50. gaiabaracetti

    Oggi relativamente buone notizie, con un calo significativo del tasso di incremento: https://lab24.ilsole24ore.com/coronavirus/

  51. Il professor Fabrizio Lucherini, responsabile del servizio di diagnostica per immagini al Nomentana Hospital di Roma:
    “I numeri che ci comunicano sul coronavirus sono falsi, ecco perché chiudono tutto”
    lo stesso professore è in isolamento

  52. gaiabaracetti

    Ho visto il video. Mi sembra che abbia ragione. Speriamo che, passata questa, si inizi a capire l’importanza di spendere per la sanità. Sprecare no, ma spendere sì.

  53. gaiabaracetti

    https://www.aljazeera.com/program/start-here/2021/3/14/syria-is-it-a-war-without-end-start
    Un aggiornamento di Al Jazeera su a che punto è la guerra in Siria, di cui ormai si parla poco. Immagini deprimenti di città in macerie, gente disperata, e, come scrivevo sopra, una quantità incredibile di bambini nati durante la guerra.
    Ovviamente è terribile vedere la gente soffrire così. Però una parte di me pensa: questa un tempo era la Mezzaluna Fertile, la culla dell’agricoltura e della civiltà, le sue città meravigliosi giardini… a vedere gente che raccoglie plastica in mezzo alla polvere, tendopoli in paesaggi lunari, nessuna forma di vita ma solo persone, bombe e rovine, ti viene da chiederti se forse una responsabilità nell’aver ridotto così un posto del genere non ce l’abbiano anche i suoi abitanti, e se i crimini non siano solo quelli dei belligeranti, ma anche dei siriani stessi e dei profughi che continuano a moltiplicarsi… che colpa avevano le piante, gli animali, l’acqua?

  54. All’inizio della guerra civile in Siria su Effetto Cassandra venne pubblicata una pagina che analizzava il collasso ecologico che l’aveva fatta deflagrare.
    La popolazione dei paesi islamici, la maggioranza dei quali in aree desertiche o subdesertiche, è decuplicare in poco tempo.
    E’ un’enorme polveriera che non può non esplodere e lo farà , come ogni metastasi, allargandosi ai territori adiacenti. Prossima deflagrazione: Egitto.
    I razzisti anti, con le loro pulsioni sadiche, fanno di tutto per importare più tumore possibile nel minor tempo possibile, si baloccano coi “progressi verso i diritti, le democrazie primaverili” e altre stupidaggini per utili idioti.
    Da emancipazione e contraccezione a scafisti per im/deportazioni di massa.

  55. gaiabaracetti

    Sarebbe da ripescare quell’articolo, probabilmente è ancora online. Con tutto il rispetto per le persone, siamo tutti soggetti anche a questi determinismi ambientali, sociali ed economici.

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