noi credevamo

E’ stato parecchio difficile trovare gente che venisse con me a vedere Noi credevamo: appena scoperto che durava tre ore, tiravano tutti pacco, il che già di per sè mi pare significativo…
Comunque. Si tratta di un film sicuramente impegnativo, che difficilmente emoziona, per lo meno nel senso epico-hollywoodiano, e che richiede una preparazione storica che penso pochi abbiano, soprattutto su eventi confusi, veloci, contraddittori come quelli qui presentati e soprattutto dati per scontati o sommariamente descritti.
Dal punto di vista della regia, recitazione, e fotografia, il film ha momenti ottimi e altri che lasciano perplessi – noto inoltre, non sapendo che pensarne, la curiosa idea di inserire all’improvviso, nel film, elementi del presente (un edificio in cemento, scale anti incendio, forse anche la giacca arancione che viene sfilata ad un ragazzo, scambiandola con una giubba rossa garibaldina…). L’idea di suggerire un paragone, e/o un senso di continuità, con il presente, è interessante, ma poteva essere eseguita meglio.
L’aspetto più interessante e coraggioso dell’intera opera, ad ogni modo, è la scelta di non mostrare le vittorie, l’Italia che piano piano si forma, i grandi leader nei loro momenti trionfanti, insomma di evitare tutta la retorica risorgimentale che in un momento come questo, dove l’Italia si sta in vari sensi disfando, potrebbe rappresentare sia una provocazione, sia un tentativo di tenere insieme il paese ricordando il sacrificio di coloro che nell’unità ci credevano veramente, e per essa hanno perso tutto, compresa la vita.
La storia del film è la storia dei perdenti, tutto sommato, è la storia di imprese fallite, tradimenti e prigionie, cospiratori che non si fidano gli uni degli altri, terroristi, rivoluzionari morti inutilmente per errore o sfortuna, leader delegittimati, impazienti e vili, voltagabbana e opportunisti, nuovi oppressori che sostituiscono i vecchi oppressori (l’ultima parte del film ne richiama la prima scena…), fino alla scena conclusiva in cui il parlamento è presentato come la negazione di tutto ciò per cui i protagonisti avevano combattuto, anziché il suo coronamento… e viene da pensare che la vittoria e l’eroismo non siano che una piccola parte rispetto a tutte queste cose, che raccontano molto meglio la storia e la realtà del nostro paese rispetto ai suoi pochissimi momenti di gloria, rispetto all’idealismo, regolarmente frustrato, sprecato o confuso, che sembra appartenere qui più ai perdenti che ai vincitori, anche se i vincitori poi se ne ammantano.
Fanno riflettere anche i riferimenti all’incapacità di sollevare il popolo, all’unità d’Italia fatta dall’alto anziché dal basso, al dilemma del terrorismo, dell’azione armata o della resistenza a oltranza, alle incomprensioni infinite tra elite e contadini, tra nord e sud, tra, alla fine, aderenti alla stessa causa.
Noi credevamo è stato paragonato a La meglio gioventù, ma per fortuna evita allo spettatore il supplizio dell’invecchiamento accellerato dei personaggi (come anche in Baarìa), soffermandoci invece su singoli episodi delle loro vite giovani e adulte, lasciando intendere quel che c’è stato in mezzo, e magari riprendendo le fila di episodi lontani nel tempo, ma le cui conseguenze si fanno ancora sentire (altro importante messaggio, perché non si può capire quello che accade oggi se non conoscendo quello che accadde prima, e ancora prima, e ancora prima…)
Visto che comunque le recensioni non sono il mio forte, link a quella di Ondarock, o un’altra, qui, che offre anche spiegazione e contesto.

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