in Carnia

Oggi ho avuto il piacere di partecipare ad una grande manifestazione a Tolmezzo: per l’acqua pubblica, contro il progetto di elettrodotto aereo Wurmach-Somplago, e contro il progetto di potenziamento della centrale elettrica del lago di Cavazzo. Questa volta non è sui dettagli ambientali che vorrei soffermarmi, anche perché, al di là di tutti gli striscioni in difesa della montagna (difenderemo la nostra montagna con i denti, montanari svegliatevi, Cividale solidale con la Carnia, ecc ecc) e contro i politici locali (premio Attila d’Europa per Tondo, i nostri politici i più ignoranti d’Europa…), la verità è che la soluzione a questi problemi, in un ottica comunque di gestione pubblica dei beni comuni, è sempre la solita: redistribuzione dei redditi, così da garantire a tutti un livello minimo di accesso alle risorse, e prevenire grossi sprechi; e riduzione dei consumi, perché è inutile essere contro elettrodotti e mega progetti energetici se poi si pretende di consumare energia e merci a piacimento.

Detto ciò, l’aspetto forse più interessante oggi era quello geografico e identitario. Io sono sostenitrice dell’idea di identità multiple, cioè del poter vivere come membri di diverse comunità umane non esclusive – ad esempio, io posso sentirmi friulana, italiana, europea, posso percepire un legame con gli sloveni e gli austriaci, per non parlare di comunità elettive, per cui il discorso diventa più complesso. Confesso che, quando mi sono trovata sul ponte che collega Caneva a Tolmezzo, sul torrente But, tra le montagne azzurre, parzialmente coperte da lunghe strisce di nuvole basse, e ho sentito i tamburi battere, e ho visto tutte quelle bandiere con l’aquila gialla in campo blu, stagliarsi alte e agitarsi al vento, mi sono emozionata. Non tanto per il patriottismo friulano, ma perché è emozionante l’idea di una comunità che si ribella e si riunisce per difendere qualcosa che ritiene prezioso, in questo caso la bellezza e la salute delle montagne, l’acqua che dev’essere di tutti, insomma la propria terra nel significato più ampio possibile. Era bellissimo anche che ci fossero gli ambientalisti di tutta la regione (ed è stato segnalato almeno un triestino), e un gruppo di carinziani con cartelli in tedesco. Il cominzio in piazza, infatti, è stato praticamente trilingue: italiano, tedesco, e friulano (friulano della bassa, friulano carnico…). Vedere i sindaci carinziani che parlavano nella propria lingua e nella nostra, con un accento forte che denotava la difficoltà e quindi l’impegno che ci hanno messo, anche questo mi ha emozionata. Mi immaginavo di spiegare a, che ne so, un romano, che questo è quello che significa vivere sul confine, significa aver capito che le battaglie si fanno insieme e si impara la lingua gli uni degli altri, e ci si dà una mano e il buon esempio, ognuno se vuole con le sue bandiere. Mi aveva fatto lo stesso effetto quando una scuola bilingue nelle valli del Natisone (non ricordo il paese) era a rischio smantellamento, e a Udine erano venuti a manifestare i ragazzi e i loro genitori con striscioni bilingui, e alcuni avevano portato le fisarmoniche. Ci sono state altre cose che mi sono piaciute della manifestazione di oggi – i soliti appassionati che portavano appoggiati alla mano inguantata tre splendidi uccelli: un enorme gufo reale, un falco sacro con gli occhi coperti da un cappuccetto di cuoio perché mal sopporta di stare a terra in mezzo a tutta quella confusione, e un barbagianni bianco e beige, con le ali spruzzate d’argento; oppure la diversità di partecipanti e di oratori sul palco (da don Di Piazza a un imprenditore del posto, da un consigliere regionale di Sel a, ahimè, un leghista, che ci ha raccontato che i vertici del suo partito hanno provato a impedirgli di andare…); o il discorso di una donna che alleva vacche in montagna, ma fa fatica, si lamenta dei costi esorbitanti dell’acqua privatizzata, e chiede una mano…

Il concetto ricorrente di bellezza, poi, è davvero importante. Difendere la bellezza non è un lusso o un capriccio. A parte che spesso, anche se non sempre, la bellezza corrisponde alla salute, alla cura, alla convivenza armonica, alla creatività, soprattutto quando si parla di paesaggio. E la bellezza ha un valore sia economico che psicologico e sociale. Oltre che friulana, io sono anche romagnola, e la Romagna, mi dispiace dirlo, umanamente mi è sempre piaciuta ma paesaggisticamente è in gran parte un disastro. Per quanto mi piaccia andare là a trovare la mia famiglia, ogni volta che vedo la campagnia disordinata e cementificata, i paesi sciatti, le nuove costruzioni senz’anima, mi viene tristezza, e anche rabbia. Il Friuli non è tanto meglio, in pianura, ma noi abbiamo anche il dono e patrimonio delle montagne. Le montagne sono una delle cose più belle che esistano al mondo. La gente che ci abita non le vuole deturpare. La gente vuole essere fiera delle sue montagne, quando le attraversa da sola o in compagnia, quando vengono dei visitatori (non troppi, aggiungo io, perché anche il turismo abbruttisce); la gente vuole svegliarsi la mattina e vedere le cime nella loro maestosità e purezza, non sfregiate da orrendi piloni. La gente vuole un lago sano in cui fare il bagno. Non è meraviglioso che, per difendere questo, sia disposta anche a rinunciare alla promessa del consumo e del denaro?

Forse non eravamo abbastanza, in piazza, oggi, eravamo qualche migliaio, il resto della Carnia si faceva i fatti suoi. Ma già vedere tutte queste persone che capiscono cosa è importante, che si muovono per difenderlo, è bellissimo.

16 risposte a “in Carnia

  1. Mannaggia, mi ha fatto venire una voglia di fare trekking in Carnia che quasi quasi mi metto in marcia..
    Molto forte anche il richiamo alla «necessità» della bellezza; mi ha ricordato un passo di Baudelaire: “…tutte queste cose pensano attraverso me, o io penso attraverso loro (nella grandiosità della rêverie, sùbito l’io si perde!); pensano, dico, ma in modo musicale e pittoresco, senza argomentazioni, senza sillogismi, senza deduzioni”.
    Quando faccio escursioni – o in generale viaggio – davvero sento il paesaggio pensare attraverso me: è allora importante che il paesaggio sia ‘naturalmente’ bello, perché come ogni uomo cerco inconsapevolemente la bellezza e l’armonia dentro di me. Per questo la busta di plastica lasciata sul sentiero o la lattina vuota sono un vero e proprio pugno nello stomaco… Grazie mille per le vostre battaglie per la salvaguardia della bellezza dei nostri luoghi – ché quella è di tutti, anche di chi (purtroppo) non si schiera.

  2. Effettivamente l’elettrodotto giù per la Carnia serve solo a far fare i soldi a pochi, ma quello da Redipuglia sarebbe necessario, solo che ovviamente non lo vogliono fare interrato.
    Comunque la vecchia linea elettrica italiana è da rifare tutta, perdiamo circa il 10% dell’energia trasportata, un po’ come gli acquedotti…

  3. biel coment.
    se tu ulis lâ a font su ce che in par tu esprimis e sul multiculturalisim, o ti consei la leture di “la pedagogia degli oppressi” di Paulo Freire.
    nol è dal dut condivisibil e al larès inzornât cu la global- e glocalizazion ma e je interessante la distinzion che al fâs jefri adat (aptum) e integrazion (integrum) e lis sôs propuesti pedagogjichis.

  4. dismenteavi: considerant che l’organizadôr al si clame garibaldi e o jeris tor i mîl, mi samee che la manifestazion e sedi stade une biele cuintricelebrazion pai 150 agns de unitât (?) d’italie…

  5. erano più di mille, almeno tremila credo. l’ironia del nome Garibaldi* (e sulle spalle portava un tricolore) non mi è sfuggita. per fortuna ci sono stati applausi sia per l’inno di mameli che per carnorum regio. io non trovo che l’unità d’italia e la sensazione di (molti, non tutti) i friulani di far parte di un popolo a sè, con la sua lingua e la sua storia**, siano necessariamente antitetiche. non si può essere tutto, ma si può essere più di una cosa sola, e io non voglio essere costretta a scegliere

    * di origine longobarda, o sbaglio? (per curiosità – sto leggendo un sacco di cose sui longobardi in questo periodo, tra cui anche il tuo libro…)
    * *ah ma è vero, eravamo in Carnia, i friulani sono sotans…

  6. Ivan: parlavo con Aldevis Tibaldi, del Comitato per la Vita del Friuli Rurale, e lui propone un’alternativa ai megaprogetti come gli elettrodotti in questione, e cioè quella di una rete intelligente, basata su produzioni di energia locali, flessibile e su scala più piccola. sono la nostra economia, gestione del territorio, e urbanistica, in realtà, che andrebbero ripensate. finché continueremo a consumare troppo (energia e beni), sprecare elettricità, e disperderci sul territorio, rimarremo convinti che l’unica soluzione siano gli elettrodotti (posso essere d’accordo che la rete attuale sia da rifare, ma ci sono tanti modi)

  7. Si concordo con te, ma sulla produzione locale c’è una falla e cioè l’intermittenza delle fonti rinnovabili (solare la notte, eolico mancanza di vento). O supplisci mettendoti un cogeneratore in casa, ma costa molto e renderebbe svantaggioso l’adozione di pannelli fotovoltaici o devi far arrivare l’energia da qualche parte quando tu ne sei in carenza (magari dagli impianti eolici offshore della Danimarca). A maggior ragione devi sovradimensionare gli elettrodotti perché non avendo una produzione certa ma stimabile (dovrebbero basarsi sul meteo…) devi prevedere eventuali picchi. Ora il punto è decidere quali elettrodotti è necessario fare per il bene della comunità e sopratutto come farli (interrati).
    Ma dire di no agli elettrodotti a prescindere è una stupidaggine.
    Comunque consumare di meno è sempre una gran cosa!

  8. Bè, nessuno dice no agli elettrodotti a prescindere perché la definizione di elettrodotto è: infrastruttura per la trasmissione di energia elettrica, quindi è evidente che in qualche modo l’energia dev’essere prodotta e trasportata. Tutto il resto è da decidere.
    Non c’è solo il solare o l’eolico, ma anche cose come il biogas, prodotto dalla fermentazione dei materiali organici. Pensiamo all’umido urbano o agli scarti agricoli.
    E poi sarebbe ora di ricominciare a fare certe cose a mano. Tipo aprire le porte.

  9. Bhe il biogas produce veramente poca energia… di certo sarebbe un 1% del totale. Trovo migliore l’eolico, il solare a concentrazione (il fotovoltaico per ora è solo una barzelletta) e l’idroelettrico e minidroelettrico (pensa solo alla roggia di Udine quanta energia potrebbe produrre!).

  10. Sì, poi ovviamente ogni tipo di produzione di energia ha un costo ambientale (e paesaggistico), quindi anche l’eolico e l’idroelettico – non sto dicendo che sono contraria, solo che va valutato caso per caso quando utilizzarli e quando no.
    Oltre al biogas ci sono anche le biomasse. Ad ogni modo, isolando termicamente le case, riducendo gli sprechi nell’uso di elettrodomestici, illuminazione e riscaldamento, si potrebbe risparmiare tantissimo. Non dimentichiamo anche (chiedo scusa se sono ripetitiva) quanta energia consuma la produzione industriale. E’ praticamente possibile vestirsi e arredare case tutta la vita solo con quello che è già stato creato (invito a visitare negozi e mercati dell’usato… c’è quasi tutto)

  11. Mha vestirsi ed arredare casa con quello già creato la vedi un po’ dura… un po’ perché un po’ di estetica tutti la vogliamo un po’ perché la produzione industriale degli ultimi trentanni ha prodotto beni poco durevoli (basta vedere i mobili ikea). Quindi piuttosto direi evitare gli sprechi ed investire sulla qualità. Poi ovviamente è tutto un discorso articolato.

  12. Penso che le due cose vadano insieme – i beni durevoli possono essere passati di generazione in generazione. Comunque è pazzesco che i mobili usati, alcuni dei quali molto belli e anche economici, non li voglia nessuno, e siano tutti a scannarsi da ikea… la mia impressione è che anche elettrodomestici e compagnia siano di qualità piuttosto scadente ormai: si rompono in fretta, non si spengono a meno di staccare la spina, e non funzionano neanche chissà che bene.

  13. Questo problema è andato a formarsi negli anni 60, dove riutilizzare la roba vecchia era sinonimo di precarietà sociale, mentre poter acquistare una cosa nuova era sinonimo di benessere. Solo che questa (che in parte è anche una buona idea, dato che l’Italia usciva dalla miseria ed avviava la sua conversione industriale) negli anni ’80 e ’90 è stata estremizzata nel consumismo più becero. Io per fortuna ho vissuto accanto ai miei nonni che mi hanno insegnato a tenere sempre da parte una cosa funzionante od in buono stato perché non si sa mai, ma i più invece buttano senza considerazione e vedono l’acquisto di merce usata come un disonore sociale (non posso permettermi il nuovo). Che vuoi farci? Io nel mio tento il più possibile di far ragionare la gente, ma è un lavoro lungo e logora molto i nervi!

    P.S: siamo andati fuori topic di un pochino, non trovi?

  14. 🙂 nient’affatto. senza questi discorsi, protestare contro l’elettrodotto e affini non ha nessun senso.

  15. questo articolo spiega un po’ di cose (sul consumo di territorio soprattutto, ma anche sulle energie rinnovabili, sulla bellezza): http://www.repubblica.it/ambiente/2011/01/18/news/cemento_distruttivo-11348928/?ref=HRER1-1

  16. Gaia, hai perfettamente ragione nel sostenere che la bellezza (per come tratti il tema) è un valore proioritario e assoluto, tanto più importante perché non investe una sola comunità o uno spazio di tempo.
    Siamo immeritatamente eredi di un patrimonio ambientale e architettonico senza pari. Nascere, crescere, vivere e… morire in luoghi “belli” (ad alto valore aggiunto estetico e funzionale) costituisce il cardine per costruire un armonioso senso di appartenenza nello sviluppo emotivo come nell’educazione e nell’istruzione di un individuo. In pratica: contribuisce in modo rilevante a farci diventare donne e uomini con una sensibilità estetica armonica utilizzabile in ogni ambito, e ciò sia se siamo inclini alle scienze matematiche o se in noi prevale uno spirito umanistico.
    Se vuoi approfondire, c’è un caso esemplare di quasi 600 anni fa, una delle più antiche istituzioni private del nostro Paese: l’orfanotrofio di Firenze “Spedale degli Innocenti”, sia per le illuminate scelte delle corporazioni che lo vollero (l’intelligente finalità sociale ed economica) sia per il progetto del Brunelleschi (!) che eresse l’attuale struttura, motivando lo scopo del “bello” (documenti dell’epoca disponibili nella loro biblioteca).
    Per partire: http://it.wikipedia.org/wiki/Spedale_degli_Innocenti

    Uno degli infiniti esempi del perché ci ritroviamo quel patrimonio cui anche tu fai cenno e che rischiamo di devastare in questo terribile momento di miseria etica e intellettuale.

Lascia un commento